Morta Louise Glück, la poetessa "nata per testimoniare". Vinse il Nobel nel 2020

L'autrice americana è scomparsa a 80 anni per un cancro. Ha avuto due mariti e un figlio, in giovinezza fece guerra al suo corpo e riuscì a salvarsi grazie all'analisi

di MARIANNA GRAZI -
14 ottobre 2023
Louise Glück

Louise Glück

Addio alla poetessa americana Louise Glück. Premio Nobel per la letteratura nel 2020, aveva 80 anni. Folgorata dalla poesia fin da bambina, quando si inventò un concorso per premiare il più bel componimento del mondo, riconoscimento che poi, nel 2020, i giurati dell'accademia svedese del Nobel attribuirono a lei tre anni fa, la statunitense è morta il 13 ottobre di cancro nella sua casa di Cambridge in Massachusetts. Ne ha dato l'annuncio Jonathan Galassi, che aveva curato negli Usa la pubblicazione delle sue opere per la casa editrice Farrar, Straus e Giroux.

Il Nobel per la Letteratura

Poetessa dal carattere schietto e perspicace che ha saputo intrecciare nelle sue opere allusioni classiche, riflessioni filosofiche, memorie agrodolci e battute umoristiche, in ritratti indelebili di un mondo decaduto e straziante. Una carriera lunga più di 60 anni è stata coronata dal Nobel per la letteratura, 16esima donna a vincerlo  e prima dopo T.S. Eliot  nel 1948. Nell'assegnarle il premio nel 2020, i giudici hanno lodato "la sua inconfondibile voce poetica che con austera bellezza rende universale l'esistenza individuale". Come raccontava, la prima cosa che aveva pensato una volta ricevuta la telefonata del premio da Stoccolma - con relativo assegno da dieci milioni di corone svedesi, poco più di un milione di dollari -, era stata: "Potrò comprarmi una casa in Vermont".
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Nel 2020 Glück ha ricevuto il Premio Nobel per la letteratura, 14esima donna ad essere insignita di questo riconoscimento

L'altro pensiero era stato "come preservare la vita quotidiana delle persone che amo". E, sempre a caldo, Louise Glück, che nelle sue creazioni letterarie aveva esplorato i temi del trauma e della perdita, della famiglia e della solitudine, aveva pensato: 2Non avrò più amici. Quasi tutti sono scrittori". A chi le chiedeva cosa suggeriva di leggere a chi non era familiare con la sua opera, consigliava "di non partire dal suo primo libro" (Firstborn del 1968) piuttosto con Averno, la raccolta basata sul rapporto madre-figlia (sullo sfondo il mito di Demetra e Persefone) pubblicata nel 2006 negli Usa e in Italia nel 2019. O magari con Faithful and Virtuous Night del 2014. Dopo il Nobel, i suoi 12 volumi di poesie sono stati acquistati dal Saggiatore e l'anno scorso era stata insignita in Italia del premio Lerici Pea.

La sua poesia

Le poesie dell'autrice statunitense erano spesso brevi, di una pagina o meno, esemplari del suo attaccamento al "non detto, alla suggestione, al silenzio eloquente e deliberato". Influenzata, tra gli altri, da Shakespeare, dalla mitologia greca e da Eliot, metteva in discussione e a volte rifiutava del tutto i legami d'amore e di sesso, ciò che nella sua poesia più famosa, "Finta arancia", definiva la "premessa dell'unione".
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Glück premiata dall'allora presidente degli Stati Uniti Barack Obama

Per certi versi la vita, per Glück, era come una storia d'amore travagliata - "destinata all'infelicità, ma significativa perché il dolore era la nostra condizione naturale" - e preferibile a ciò che presumeva sarebbe seguito. "Il vantaggio della poesia rispetto alla vita è che la poesia, se è abbastanza acuta, può durare", ha scritto una volta.

Chi era Louise Gluck

Louise Elisabeth Gluck è nata il 22 aprile 1943 a New York in una famiglia di immigrati ebrei ungheresi e ha trascorso la sua infanzia a Long Island. Di sua madre ha detto che era la "caposala morale" della famiglia, quella a cui faceva riferimento per la valutazione dei suoi racconti e delle sue poesie. Terza di tre sorelle, una delle quali è morta prima della sua nascita, una tragedia a cui sembra fare riferimento nella sua poesia "Parados". In carriera ha pubblicato più di una dozzina di libri di poesia, oltre a saggi e a una breve favola in prosa, "Marigold and Rose". Nel 1993 ha vinto il Premio Pulitzer per "L'iride selvatica", uno scambio di battute tra un giardiniere assediato e una divinità insensibile. Tra gli altri suoi libri, le raccolte Le sette età, Il trionfo di Achille, Vita Nova e l'acclamata antologia Poesie 1962-2012. Nel 2001 ha ricevuto il Bollingen Prize alla carriera e nel 2014 il National Book Award per "Faithful and Virtuous Night".
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Una giovanissima Louise Glück: nella sua giovinezza fece 'guerra' al proprio corpo, soffrì di anoressia e riuscì a guarire grazie all'aiuto di uno psicanalista

Poetessa laureata degli Stati Uniti nel 2003-2004 (la carica federale che che viene assegnata a insigni letterati con il mandato di promuovere il genere), ha ricevuto la National Humanities Medal nel 2015 per i suoi "decenni di potente poesia lirica che sfida tutti i tentativi di etichettarla in modo definitivo". Il Vermont ha preso, nel corso della vita, un posto speciale nel suo cuore: lì, dopo aver cominciato a insegnare al Goddard College, Louise supera un lungo "blocco dello scrittore" e realizza la sua seconda raccolta di poesie, The House on Marshland, pubblicata nel 1975 e applaudita dalla critica. E qui ha conosciuto il secondo marito, lo scrittore John Dranow, padre dell'unico figlio Noah, da cui però divorzia negli anni Novanta. Ha insegnato in diverse scuole, tra cui l'Università di Stanford e Yale, e considerava le esperienze in classe come una "ricetta contro la spossatezza". Gli studenti la ricordano come esigente e stimolante, particolarmente apprezzata per aver guidato i giovani alla ricerca della propria voce. "Tu consegnavi qualcosa e Louise trovava l'unica riga che funzionava", ha raccontato nel 2020 la poetessa Claudia Rankine, che ha studiato con Glück al Williams College. "Non c'era posto per le sottigliezze della mediocrità, né per le false lodi. Quando Louise parla le si crede perché non si nasconde dentro la civiltà".
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L'80enne è morta di cancro: nella sua vita ha pubblicato una dozzina di libri e ha vinto, nel 1993 anche il premio Pulitzer

L'anoressia, la mortalità e la psicoterapia

Tra le altre opere, il personalissimo Ararat, che traeva le origini dal dolore provato per la morte del padre. Luise Glück divideva il suo tempo tra Yale, dove insegnava, Montpelier nel Vermont, Cambridge e la California: l'anno scorso era stata chiamata da Stanford nel Dipartimento di creative writing. Descrivendo se stessa come nata per "testimoniare", Glück si sentiva a casa con la parola scritta e considerava la lingua inglese come il suo dono, persino la sua "eredità". Da adolescente è stata così intensamente ambiziosa e autocritica da fare guerra al proprio corpo. Ha sofferto di anoressia, è arrivata a pesare appena 34 chili ed è stata profondamente turbata dall'idea della mortalità. È riuscita a salvarsi la vita, creativa e non, quando ha scelto di rivolgersi a uno psicanalista. "L'analisi mi ha insegnato a pensare. Mi ha insegnato a sfruttare la mia tendenza a obiettare alle concezioni articolate sulle mie stesse idee, mi ha insegnato a usare il dubbio, a esaminare i miei discorsi alla ricerca di evasioni ed esclusioni", ha ricordato l'autrice durante una conferenza del 1989 al Guggenheim Museum. "Più a lungo trattenevo le conclusioni, più vedevo. Stavo imparando, credo, anche a scrivere".