In un’epoca in cui tutti hanno un’opinione e pochi (o giù di lì) hanno il tempo di approfondirla, i recentissimi fenomeni ambientali come la proliferazione di mucillagine nel mare Adriatico e l’anossia della laguna di Orbetello diventano immediatamente terreno di scontro tra opposti estremismi. Da una parte, troviamo l’allarmismo sfrenato, dove ogni più piccola segnalazione diventa il preludio di un’apocalisse imminente; dall’altra, il negazionismo più intransigente, dove qualsiasi preoccupazione viene liquidata come l’ennesima notizia fake.
E così, tra chi grida al disastro e chi sminuisce nascondendosi dietro al classico “è sempre stato così”, il dibattito si trasforma in un’arena di certezze assolute, in cui la scienza e il buon senso fanno fatica a trovare spazio.
La mucillagine dell’Adriatico
Prendiamo il caso della mucillagine, la fastidiosa e vischiosa sostanza che periodicamente invade le acque dell’Adriatico. Ebbene, è un fenomeno che gli scienziati studiano da decenni, cercando di comprenderne le cause e gli effetti sull’ecosistema marino. Eppure, nel frastuono delle opinioni contrastanti, gli studi e le analisi dettagliate e rigorose sembrano passare in secondo piano. Sui social, c’è chi è arrivato addirittura a trasformarla in un mostro marino che minaccia le nostre coste, con scenari apocalittici che farebbero impallidire anche il miglior film catastrofico di Hollywood, e chi, con un sorrisetto di sufficienza, bolla la faccenda come una sciocchezza, un evento naturale che non merita più attenzione di una zanzara estiva.
L’anossia nella laguna di Orbetello
Lo stesso vale per la laguna di Orbetello, in cui l’equilibrio delicato dell’ecosistema è costantemente minacciato da cambiamenti climatici e pressione antropica. Anche in questo caso, gli esperti mettono in guardia, suggeriscono misure di prevenzione e cercano di spiegare i processi complessi che stanno alla base degli episodi di anossia. Ma chi ha più il tempo e la voglia di ascoltare gli scienziati? Ormai, sono stati declassati a un ruolo secondario, superati nella scala gerarchica delle opinioni dai cosiddetti “leoni da tastiera”, pronti a sparare sentenze –sempre definitive – da dietro uno schermo.
Come gli esperti del web snobbano la scienza
Gli “esperti del web” non hanno bisogno di studi, dati o prove scientifiche: un meme, un post virale, una battuta sarcastica e il gioco è fatto. La loro opinione, diffusa e replicata, si trasforma rapidamente in nuova verità incontestabile. In questo clima da Far West digitale, l'approfondimento diventa un lusso per pochi, mentre la superficialità regna sovrana. Tutti sanno tutto, tutti hanno ragione, e chi osa proporre un’analisi più articolata viene guardato con sospetto, come un guastafeste che non capisce che la vera partita si gioca sulle emozioni, non sui fatti.
Il risultato? Un cortocircuito informativo in cui l’estremismo e la polarizzazione diventano la norma. Gli allarmisti fanno a gara a chi urla più forte, mentre i negazionisti si compiacciono della loro apparente superiorità intellettuale. Nel frattempo, la realtà si perde, la conoscenza si frammenta e il dibattito costruttivo diventa un ricordo lontano. La scienza, con la sua noiosa complessità e i suoi tempi lunghi, è relegata ai margini, mentre lo spettacolo delle opinioni estreme si prende la scena principale.
L’amara constatazione è che siamo diventati tutti protagonisti di un grande talk show in cui la verità è solo un’opzione tra le tante e la ricerca di consenso conta più di quella della verità. E mentre ci accapigliamo su chi ha ragione, le temperature continuano a salire e la crisi climatica non accenna a fermare la propria corsa. Un tema che, a quanto pare, interessa a pochi. L'importante è avere sempre l’ultima parola, anche quando non si ha nulla da dire.