La famiglia di
Natale è composta da
papà Paolo,
mamma Mina e da lui, il piccolo grande Natale, che non è un ragazzino come tutti gli altri. Occhi neri e profondi come quelli di sua madre, una forza d’animo e di volontà con le quali potrebbe pure spaccare le montagne... e in qualche modo, tutti i giorni, Natale lo fa, visto che su quattordici anni di vita 12 e mezzo li ha trascorsi combattendo contro una patologia genetica rara devastante, che si chiama
Leucodistrofia Metacromatica.
Natale, a 14 anni rischia la vita per l’alluvione a Rimini: il racconto di papà Paolo e mamma Mina
Una malattia che in breve tempo lo ha costretto a letto, paralizzato, cieco, invalido al 100%. Eppure Natale una fortuna ce l’ha, anzi due: si chiamano Mina e Paolo. Genitori innamorati di lui,
pronti a tutto pur di saperlo al sicuro. E proprio in questi giorni, proprio in queste ore, la vita di tutta la famiglia è stata messa a repentaglio perché Natale e i suoi vivono a Rimini, che sappiamo bene essere una delle città
colpite dall’alluvione in Emilia Romagna.
Natale: "L'acqua saliva e nostro figlio era bloccato"
Come molte persone con
disabilità, anche Natale abita ad un piano terra, sicuramente più accessibile a due genitori che per anni hanno dovuto utilizzare un
sedia a rotelle, o più propriamente un sistema posturale, per spostare il proprio bambino. Ormai però Natale è allettato e non può più essere trasportato. È cresciuto, e con lui purtroppo è cresciuta anche la terribile patologia che giorno dopo giorno lo consuma. La sua alimentazione dipende da una sonda che si chiama Peg. La sua respirazione da una
tracheostomia. Tutti apparecchi medicali che funzionano grazie all’
elettricità. Possiamo perciò solo immaginare il terrore che Mina e Paolo hanno provato in questi giorni quando hanno visto salire l’acqua del fiume che scorre vicino a casa, fino ad arrivare ad appena duecento metri dalla porta d’ingresso e dalla camera da letto di Natale.
Il racconto di mamma Mina
Rimini, la famiglia di Natale in una foto recente
“Abitiamo davanti al Parco XXV Aprile - racconta a Luce! Mina, 46 anni, originaria di Canosa di Puglia -, che collega il Ponte degli Scout all’invaso del Ponte di Tiberio. Di fianco scorre il fiume Ausa, che con le piogge dei giorni scorsi ha iniziato ad esondare fino ad invadere tutto il parco. Martedì sera, affacciandoci alla finestra di casa, potevamo vedere l’acqua, separata dalla nostra porta d’ingresso dallo spazio di un attraversamento stradale appena”. Subito
Mina e Paolo pensano a Natale, al fatto che essendo allettato e completamente dipendente dalle macchine, non avrebbero potuto portarlo via in tempo se il livello dell’acqua avesse continuato a salire. Ma Mina e Paolo sono prima di tutto - loro malgrado - genitori abituati a fronteggiare le emergenze più estreme, e non si sono lasciati spaventare. “Non siamo certo rimasti ad aspettare. Abbiamo iniziato chiamando la
polizia, che ci ha chiesto se fossimo stati in pericolo in quel preciso istante. Ho dovuto rispondere di no, puntualizzando però che di lì a breve a nostro avviso il fiume sarebbe arrivato dentro casa, visto che stava continuando a piovere. A quel punto la polizia mi ha dato il numero della protezione civile. Ho porvato a chiamare disperatamente ma era sempre, sempre occupato. I minuti passavano, la preoccupazione ed il pericolo crescevano. Allora abbiamo deciso di chiamare i carabinieri, che sono stati gentilissimi. Ho spiegato loro la situazione di Natale, specificando che si tratta di un ragazzino allettato con la trachestomia e quant’altro, e che quindi per noi è impossibile rifugiarci a casa di amici”.
Dopo cosa è accaduto? “Il centralinista ha chiamato la prima pattuglia disponibile che è venuta a controllare la mia zona, ed ha anche esortato la protezione civile, che comunque già si trovava vicino a casa mia perché dall’altra parte del quartiere l’acqua aveva invaso la strada e aveva cominciato ad allagare alcune cantine. Tutto questo è avvenuto intorno alle 19,30, nel tardo pomeriggio. Stava arrivando la notte e continuava a piovere ininterrottamente. La paura che il
fiume continuasse a riempirsi fino ad entrarci in casa cresceva di ora in ora. Quella notte non abbiamo chiuso occhio un istante. Mio marito ogni mezz’ora usciva di casa e andava a controllare il livello delle acque. La foto che vi ho mandato ritrae la finestra di casa mia, quella che si affaccia proprio sul parco e dalla quale sarebbe potuto entrare il fiume”.
Il parco XXV Aprile allagato
In quelle ore quali sono stati i vostri pensieri? “Il nostro terrore più grande, chiaramente, riguardava Natale. Se l’acqua fosse entrata in casa, lui sarebbe comunque rimasto
bloccato nel letto. Avrei potuto alzare il meccanismo che ne regola l’altezza al massimo, ma se ci fossimo trovati in casa più di mezzo metro di acqua non sarebbe comunque bastato. Gli apparecchi elettrici medicali da cui dipende la vita di Natale sarebbero stati
compromessi. Anche perché, staccandoli dalla corrente, hanno tutti un’autonomia limitata: qualcuno dura 2 ore, qualcun altro un’ora e mezza. Sicuramente non possiedono un’autonomia sufficiente a fronteggiare catastrofi naturali come quella di cui stiamo parlando. Giuro che non so neanche immaginare cosa sarebbe potuto accadere al bambino, né come avremmo potuto salvarlo. Adesso il pericolo sembra scampato, almeno fino all’arrivo di nuove piogge. Certo non eravamo preparati a quello che è successo perché in tanti anni che viviamo qui non era mai capitato niente del genere”.