89 secondi alla fine del mondo: crisi climatica, armi nucleari e AI i pericoli più grandi

L'orologio dell'Apocalisse segna il massimo rischio di autodistruzione dell'umanità. La corsa della crisi climatica, la minaccia nucleare e le nuove tecnologie mettono a dura prova il nostro futuro. Riusciremo a fermare il conto alla rovescia?

di MARGHERITA AMBROGETTI DAMIANI
29 gennaio 2025
Il Doomsday Clock segna per il 2025 89 secondi alla fine del mondo

Il Doomsday Clock segna per il 2025 89 secondi alla fine del mondo

A che ora è la fine del mondo?” si chiedeva Luciano Ligabue in una delle sue canzoni più famose, che, a riascoltarle oggi, fanno – amaramente – sorridere. Rispondere oggi a questa domanda potrebbe sembrare un atto di pessimismo, ma la realtà è che la fine del mondo potrebbe essere più vicina di quanto pensiamo: secondo l’orologio dell'Apocalisse, mancano solo 89 secondi.

Sì, avete letto bene, poco più di un minuto alla fine della vita sulla Terra. Si tratta del massimo rischio mai segnato dal Doomsday Clock, il celebre orologio lanciato dal Bulletin of the Atomic Scientists dell'Università di Chicago, creato per ricordarci che le minacce globali sono sempre più attuali, come il rischio di autodistruzione dell'umanità. Le lancette di quest'orologio dovrebbero rappresentare la nostra coscienza, ma troppo spesso facciamo finta di non vederle né sentirle.

L'orologio dell'Apocalisse è ormai un simbolo di allarme globale, utilizzato per fare in modo che si comprenda, senza fraintendimenti, quanto l'umanità sia a rischio. Non si tratta di predire una catastrofe imminente, ma di fare capire che le sfide che stiamo affrontando sono epocali e complesse. A contribuire al calcolo del tempo che ci rimane sono molti fattori: gli arsenali nucleari, ad esempio, contano oggi 12.500 testate, di cui 9.600 pronte all'uso. Ci sono poi il cambiamento climatico, le pandemie e i rischi legati allo sviluppo dell'intelligenza artificiale. Il progetto dell'orologio dell'Apocalisse è nato nel 1947, in seguito alla creazione delle prime bombe nucleari, poi utilizzate su Hiroshima e Nagasaki. Gli scienziati che le realizzarono lanciarono un appello al mondo, spiegando che quella invenzione avrebbe potuto provocare la fine della vita sulla Terra. Una minaccia dalle dimensioni enormi.

Sia chiaro, in questi decenni la situazione non è sempre stata tragica come oggi. Nel 1991, ad esempio, alla fine della Guerra Fredda, l’orologio segnava addirittura 17 minuti dalla fine del mondo. Purtroppo, negli ultimi decenni il pericolo è cresciuto: nel 2015 l'orologio ha segnato tre minuti, nel 2017 due minuti e mezzo e nel 2020, con l'emergenza globale della pandemia, il tempo si è ridotto a cento secondi. L’anno successivo, nel 2023, si è registrato un peggioramento, con la lancetta a 90 secondi dalla catastrofe, che si è ulteriormente ridotta a 89 secondi nel gennaio del 2025.

Oggi, a preoccupare maggiormente è la crisi climatica, con i suoi impatti devastanti sugli ecosistemi e sulle popolazioni. C’è poi la paura dell’arrivo di una nuova pandemia e l'evoluzione delle tecnologie che potrebbero sfuggire al controllo umano. Insomma, alla fine del mondo manca pochissimo e, pur avendo gli strumenti per fermarlo, stiamo facendo ancora troppo poco per cambiare le cose. La sfida è globale, ma i decisori politici sembrano fare orecchie da mercante. Servono più sensibilizzazione e maggiore consapevolezza, ma ciò che troviamo è sempre meno coinvolgimento. Riusciremo a fermare la corsa del tempo? Difficile dirlo. Di sicuro, non ci stiamo applicando.