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Home » Attualità » “Non è ancora morta l’Ucraina”. Le donne cantano l’inno nazionale nel rifugio antiaereo: video

“Non è ancora morta l’Ucraina”. Le donne cantano l’inno nazionale nel rifugio antiaereo: video

Čerkasy, mentre in strada imperversa la guerra contro la Russia, i civili si fanno coraggio cantando insieme: "L'Ucraina non è ancora morta, né la sua gloria, né la sua libertà"

Remy Morandi
26 Febbraio 2022
Inno donne ucraine

Inno donne ucraine

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Una donna apre una busta, forse con del cibo dentro. Un’altra guarda il cellulare, un’altra ancora cerca di far calmare la piccola figlia, che visibilmente stanca, piange. Tutte insieme, mentre fuori in strada imperversa la guerra, cantano l’inno ucraino nel rifugio antibombe allestito a Čerkasy, una città dell’Ucraina centrale che si affaccia sul fiume Dnepr. Il video è stato diffuso sui social venerdì sera.

https://luce.lanazione.it/wp-content/uploads/2022/02/VID_20220226_180909_941.mp4

“Non è ancora morta l’Ucraina“. Questa la traduzione di Šče ne vmerla Ukraïny, l’inno ucraino. “L’Ucraina non è ancora morta, né la sua gloria né la sua libertà”, cantano le donne e gli uomini seduti gli uni accanto agli altri nel rifugio antibombe.

“A noi, giovani fratelli, il destino sorriderà ancora. I nostri nemici scompariranno come rugiada al sole. E anche noi, fratelli, regneremo nel nostro Paese libero. Daremo anima e corpo per la nostra libertà. E mostreremo che noi, fratelli, siamo di stirpe Cosacca. Non è ancora morta la gloria dell’Ucraina”.

Basterebbe leggere queste parole per capire lo spirito con il quale gli ucraini stanno resistendo all’invasione russa, a Kiev e nelle altre città del Paese. Un inno patriottico, un inno alla libertà. Šče ne vmerla Ukraïny venne scritto nel 1862 da Pavlo Čubynskyj, un poeta ucraino. Negli anni della Prima guerra mondiale il testo fu adottato come inno della Repubblica Popolare Ucraina, ma venne poco dopo bandito, nel 1920, quando l’Ucraina entrò a far parte dell’Unione Sovietica. Settant’anni dopo, nel 1991, ovvero quando l’Urss fu dissolta, l’inno del neonato Stato ucraino venne riutilizzato per la prima volta in occasione dell’insediamento del primo presidente ucraino, Leonid Kravčuk. Solo nel 1996 Šče ne vmerla Ukraïny fu adottato quale inno nazionale.

Non solo nel rifugio antiaereo a Čerkasy. L’inno nazionale ucraino è stato sentito anche in molte altre strade e città del Paese. È un simbolo di resistenza, un motto a non lasciarsi intimidire dall’avanzata delle truppe russe. Qui, in un altro video diffuso su Twitter, sentiamo l’inno nazionale ucraino intonato da una tromba tra le vie e le case a Sumy, nell’est dell’Ucraina. “Non è ancora morta l’Ucraina”, ricordano quelle note.

NEW: Ukrainian national anthem is played as clashes spread throughout Sumy, Ukraine.#Ukraine #Russia #RussiaInvadedUkraine pic.twitter.com/mXx00B0UMA

— 🚩 Nessa (@IntelNessa) February 26, 2022

 

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  • «Era terribile durante il fascismo essere transessuale. Mi picchiavano e mi facevano fare delle cose schifose. Mi imbrattavano con il catrame e mi hanno rasato. Ho preso le botte dai fascisti perché mi ero atteggiato a donna e per loro questo era inconcepibile».

È morta a quasi 99 anni Lucy Salani, attivista nota come l’unica persona trans italiana sopravvissuta ai campi di concentramento nazisti.

#lucenews #lucysalani #dachau
  • È morta a quasi 99 anni Lucy Salani, attivista nota come l
  • Elaheh Tavakolian, l’iraniana diventata uno dei simboli della lotta nel suo Paese, è arrivata in Italia. Nella puntata del 21 marzo de “Le Iene”, tra i servizi del programma di Italia 1, c’è anche la storia della giovane donna, ferita a un occhio dalla polizia durante le proteste in Iran. Nella puntata andata in onda la scorsa settimana, l’inviata de “Le Iene” aveva incontrato la donna in Turchia, durante la sua fuga disperata dall’Iran, dove ormai era troppo pericoloso vivere. 

“Ho molta paura. Vi prego, qui potrebbero uccidermi” raccontava l’attivista a Roberta Rei. Già in quell’occasione, Elaheh Tavakolian era apparsa con una benda sull’occhio, a causa di una grave ferita causatale da un proiettile sparato dalle forze dell’ordine iraniane durante le manifestazioni a cui ha preso parte dopo la morte di Mahsa Amini.

Elaheh Tavakolian fa parte di quelle centinaia di iraniani che hanno subito gravi ferite agli occhi dopo essere stati colpiti da pallottole, lacrimogeni, proiettili di gomma o altri proiettili usati dalle forze di sicurezza durante le dure repressioni che vanno avanti ormai da oltre sei mesi. La ragazza, che ha conseguito un master in commercio internazionale e ora lavora come contabile, ha usato la sua pagina Instagram per rivelare che le forze di sicurezza della Repubblica islamica stavano deliberatamente prendendo di mira gli occhi dei manifestanti. 

✍ Barbara Berti

#lucenews #lucelanazione #ElahehTavakolian #iran #leiene
  • Ha 19 anni e vorrebbe solo sostenere la Maturità. Eppure alla richiesta della ragazza la scuola dice di no. Nina Rosa Sorrentino è nata con la sindrome di Down, e quel diritto che per tutte le altre studentesse e studenti è inviolabile per lei è invece un’utopia.

Il liceo a indirizzo Scienze Umane di Bologna non le darà la possibilità di diplomarsi con i suoi compagni e compagne, svolgendo le prove che inizieranno il prossimo 21 giugno. La giustificazione – o la scusa ridicola, come quelle denunciate da CoorDown nella giornata mondiale sulla sindrome di Down – dell’istituto per negarle questa possibilità è stata che “per lei sarebbe troppo stressante“.

Così Nina si è ritirata da scuola a meno di tre mesi dalla fine della quinta. Malgrado la sua famiglia, fin dall’inizio del triennio, avesse chiesto agli insegnanti di cambiare il Pei (piano educativo individualizzato) della figlia, passando dal programma differenziato per gli alunni certificati a quello personalizzato per obiettivi minimi o equipollenti, che prevede l’ammissione al vero e proprio esame di Maturità. Ma il liceo Sabin non ha assecondato la loro richiesta.

Francesca e Alessandro Sorrentino avevano trovato una sponda di supporto nel Ceps di Bologna (Centro emiliano problemi sociali per la Trisomia 21), in CoorDown e nei docenti di Scienze della Formazione dell’Alma Mater, che si sono detti tutti disponibili per realizzare un progetto-pilota per la giovane studentessa e la sua classe. Poi, all’inizio di marzo, la doccia fredda: è arrivato il no definitivo da parte del consiglio di classe, preoccupato che per la ragazza la Maturità fosse un obiettivo troppo impegnativo e stressante, tanto da generare “senso di frustrazione“, come ha scritto la dirigente del liceo nella lettera che sancisce l’epilogo di questa storia tutt’altro che inclusiva.

“Il perché è quello che ci tormenta – aggiungono i genitori –. Anche la neuropsichiatra concordava: Nina poteva e voleva provarci a fare l’esame. Non abbiamo mai chiesto le venisse regalato il diploma, ma che le fosse data la possibilità di provarci”.

#lucenews #lucelanazione #disabilityinclusion #giornatamondialedellasindromedidown
Una donna apre una busta, forse con del cibo dentro. Un'altra guarda il cellulare, un'altra ancora cerca di far calmare la piccola figlia, che visibilmente stanca, piange. Tutte insieme, mentre fuori in strada imperversa la guerra, cantano l'inno ucraino nel rifugio antibombe allestito a Čerkasy, una città dell'Ucraina centrale che si affaccia sul fiume Dnepr. Il video è stato diffuso sui social venerdì sera.
https://luce.lanazione.it/wp-content/uploads/2022/02/VID_20220226_180909_941.mp4
"Non è ancora morta l'Ucraina". Questa la traduzione di Šče ne vmerla Ukraïny, l'inno ucraino. "L'Ucraina non è ancora morta, né la sua gloria né la sua libertà", cantano le donne e gli uomini seduti gli uni accanto agli altri nel rifugio antibombe. "A noi, giovani fratelli, il destino sorriderà ancora. I nostri nemici scompariranno come rugiada al sole. E anche noi, fratelli, regneremo nel nostro Paese libero. Daremo anima e corpo per la nostra libertà. E mostreremo che noi, fratelli, siamo di stirpe Cosacca. Non è ancora morta la gloria dell'Ucraina". Basterebbe leggere queste parole per capire lo spirito con il quale gli ucraini stanno resistendo all'invasione russa, a Kiev e nelle altre città del Paese. Un inno patriottico, un inno alla libertà. Šče ne vmerla Ukraïny venne scritto nel 1862 da Pavlo Čubynskyj, un poeta ucraino. Negli anni della Prima guerra mondiale il testo fu adottato come inno della Repubblica Popolare Ucraina, ma venne poco dopo bandito, nel 1920, quando l'Ucraina entrò a far parte dell'Unione Sovietica. Settant'anni dopo, nel 1991, ovvero quando l'Urss fu dissolta, l'inno del neonato Stato ucraino venne riutilizzato per la prima volta in occasione dell'insediamento del primo presidente ucraino, Leonid Kravčuk. Solo nel 1996 Šče ne vmerla Ukraïny fu adottato quale inno nazionale. Non solo nel rifugio antiaereo a Čerkasy. L'inno nazionale ucraino è stato sentito anche in molte altre strade e città del Paese. È un simbolo di resistenza, un motto a non lasciarsi intimidire dall'avanzata delle truppe russe. Qui, in un altro video diffuso su Twitter, sentiamo l'inno nazionale ucraino intonato da una tromba tra le vie e le case a Sumy, nell'est dell'Ucraina. "Non è ancora morta l'Ucraina", ricordano quelle note.

NEW: Ukrainian national anthem is played as clashes spread throughout Sumy, Ukraine.#Ukraine #Russia #RussiaInvadedUkraine pic.twitter.com/mXx00B0UMA

— 🚩 Nessa (@IntelNessa) February 26, 2022
 
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