“Nel tempo dell’inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario”. Poeta, scrittore, cineasta, sceneggiatore, drammaturgo e giornalista: Pierpaolo Pasolini è stato un intellettuale puro. Mai banale, spesso caustico, visse pericolosamente e intimamente il suo ruolo di voce critica della società italiana. Avendo capito e 'visto' prima di tutti i guasti della società dei consumi che stava nascendo sotto i suoi occhi.
Amato dal Jet set e dai salotti, amante delle periferie e dei ghetti. Dove cercò quel barlume di purezza umana che ha sempre rappresentato l'essenza della sua ricerca e il nucleo pulsante della sua poetica. Autore di film visionari, urticante cantore di un'Italietta borghese eternamente legata al suo sostrato fascistizzante, Pasolini non si fece mai scudo della propria notorietà ma la mise sempre al servizio di quella che per lui era la causa prima, l'unica degna di essere vissuta. La verità e la sua scintillante purezza.
La verità che è vera anche quando non è dimostrabile, come nel suo testamento morale 'Io so' (Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi. Corriere della Sera, 14 novembre 1974, Cos'è questo golpe? Io so di Pier Paolo Pasolini).
Io so disse tante volte Pasolini. Anche quando sapere era vietato. Anche quando a sapere ci si faceva del male. “Lo so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica dove sembrano regnare l'arbitrarietà, la follia e il mistero. Là dove sembrano regnare l'arbitrarietà, la follia e il mistero” (ibidem) ebbe a scrivere.
Lui sapeva perché sentiva. E sentiva perché voleva. Perché si inebriava della vita e con essa si confondeva ubriacandosi dei suoi umori. Pasolini fu omosessuale senza negarlo e senza ostentarlo. Visse il suo privato come pubblico ma con una gran attenzione e gelosia della sua privacy. Metteva in piazza quello che riteneva necessario. Il privato quando era cosa pubblica, ma non il pubblico quando diventava intimamente privato.
Chi sarebbe oggi Pasolini? E' una bella domanda... alla quale è difficile dare risposta. In un'epoca di conformismi e di pseudo dissidenze ostentate, non vediamo nessuno che possa pareggiare la sua ombra. Perché innanzitutto la cultura di Pasolini, immensa, non è mai ostentata, ma agisce sottotraccia e non per cercare ossequi e potere ma per buttare dall'altare ciò che è polvere.
“Amo ferocemente, disperatamente la vita. E credo che questa ferocia, questa disperazione mi porteranno alla fine. Amo il sole, l’erba, la gioventù. L’amore per la vita è divenuto per me un vizio più micidiale della cocaina. Io divoro la mia esistenza con un appetito insaziabile. Come finirà tutto ciò? Lo ignoro”.
Purtroppo finì male. E anche la sua morte, quel 2 novembre 1975, fu morte malvagia di inganni e depistaggi. Ma del resto lui era “un uomo che preferisce perdere piuttosto che vincere con modi sleali e spietati”. Ha vinto o ha perso Pasolini? L'uomo ha perso probabilmente, l'intellettuale ha vinto di sicuro. Di quella vittoria che solo la storia regala. Quella che resiste al tempo, e non è effimera come tanti guitti che lo schernirono e di cui nessuno ricorda più nemmeno l'alito.