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Home » Attualità » Quante ore trascorrono i minori al cellulare e al pc? Come la pandemia ha cambiato la loro vita

Quante ore trascorrono i minori al cellulare e al pc? Come la pandemia ha cambiato la loro vita

Il 60% dei ragazzi usa smartphone, tablet e computer per giocare. In lockdown i device tecnologici sono stati usati per guardare film e serie tv in streaming. Solo un ragazzo su tre li usa per informarsi. L'indagine e i grafici dell'Istituto Piepoli-Fondazione Moige

Remy Morandi
6 Febbraio 2022
Daughter looking a phone and ignoring her mother

Daughter looking a phone and ignoring her mother

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La pandemia da Covid-19 ha costretto tutti a limitare uscite e contatti. E inevitabilmente è aumentato da parte nostra l’utilizzo di device tecnologici, dallo smartphone alla tv, dal tablet al computer. Tra coloro che passano più tempo davanti a uno schermo ci sono i bambini e i ragazzi sotto i 18 anni. Oltre un ragazzo su tre (36%), dall’inizio della pandemia, ha dichiarato di passare più di tre ore davanti a un device, un altro 35% di giovani under 18 ha affermato di trascorrerci fino a 2 ore, mentre il rimanente 28% dalle due alle tre ore. In totale, tra tutti i ragazzi minorenni l’utilizzo di un device dall’inizio della pandemia è aumentato del 67%, con differenze sostanziali tra Nord e Sud Italia. Questo il risultato di un’indagine dell’Istituto Piepoli, insieme alla Fondazione Moige (Movimento Italiano Genitori), che ha intervistato un campione di 505 genitori rappresentativi per età, figli, genere e zona geografica.

In quale zona d’Italia i bambini passano più tempo davanti a uno schermo?

Istituto Piepoli-Fondazione Moige
Il tempo trascorso davanti ai device dai minori (Istituto Piepoli-Fondazione Moige)

L’indagine dell’Istituto Piepoli-Fondazione Moige evidenzia nel dettaglio in quali zone d’Italia i bambini passano più tempo davanti a un device. Al primo posto ci sono le isole: il 47% (circa uno su due) dei minorenni dichiara di trascorrere oltre tre ore su smartphone, tablet e computer. Nel Nord-Est del Paese il 43%, nel Nord-Ovest il 35%, nel Centro il 33% e nel Sud il 32%. Sempre le isole sono al primo posto (con il 47%) per quanto riguarda l’utilizzo di device fino a 2 ore da parte dei ragazzi under 18. Segue il Centro (38%), il Nord-Ovest (34%), il Nord-Est (33%) e infine il Sud Italia (29%).

Che cosa fanno i minorenni con smartphone, tablet e computer?

I motivi di utilizzo dei device (Istituto Piepoli-Fondazione Moige)

Al primo posto dei motivi di utilizzo dei device rimangono i videogiochi. Il 60% degli under 18, infatti, dichiara di usare smartphone, tablet e computer per giocare; seguono i messaggi e le chiamate. Il 52% dei ragazzi usa i device per comunicare con gli amici. Poi ci sono i video e i film in streaming, con un 51%. Seguono i social network al 40% e infine, l’informazione con un 33%.

Che cosa hanno fatto i bambini in lockdown?

Il tempo trascorso in casa (Istituto Piepoli-Fondazione Moige)

Dall’indagine dell’Istituto Piepoli-Fondazione Moige è poi emerso in che modo i bambini hanno trascorso il loro tempo a casa durante i vari lockdown. Al primo posto (55%) ci sono i film e le serie TV sulle varie piattaforme streaming, da Netflix a PrimeVideo a Disney+. Segue il dialogo con la famiglia (40%), i videogiochi da soli (35%), i videogiochi online con gli amici (33%), i libri (28%), i giochi di società (22%), gli strumenti musicali (13%), e infine gli hobby (11%).

In che modo la tecnologia ha avuto effetti negativi sui bambini? 

La tipologia degli effetti negativi (Istituto Piepoli-Fondazione Moige)

Per l’87% dei genitori intervistati l’aumento dell’utilizzo dei device ha prodotto “molti” effetti negativi sulle relazioni sociali dei bambini. Solo il 9% ha dichiarato che ha avuto “pochi” effetti negativi sui propri figli. In particolare, dall’indagine dell’Istituto Piepoli-Fondazione Moige è emerso che per i genitori, nel 52% dei casi, i propri figli hanno perso il contatto fisico con gli amici e nel 45% dei casi hanno perso il contatto fisico con la realtà; segue la riduzione dell’attività fisica (44%), l’aumento della solitudine (42%), la diminuzione del livello della qualità della formazione scolastica (40%), l’aumento eccessivo dell’utilizzo del web (33%), l’aumento dello stress tra gli adolescenti (32%) e i disturbi psicologici (22%).

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  • "Ora dobbiamo fare di meno, per il futuro".

Torna anche quest’anno l
  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
La pandemia da Covid-19 ha costretto tutti a limitare uscite e contatti. E inevitabilmente è aumentato da parte nostra l'utilizzo di device tecnologici, dallo smartphone alla tv, dal tablet al computer. Tra coloro che passano più tempo davanti a uno schermo ci sono i bambini e i ragazzi sotto i 18 anni. Oltre un ragazzo su tre (36%), dall'inizio della pandemia, ha dichiarato di passare più di tre ore davanti a un device, un altro 35% di giovani under 18 ha affermato di trascorrerci fino a 2 ore, mentre il rimanente 28% dalle due alle tre ore. In totale, tra tutti i ragazzi minorenni l'utilizzo di un device dall'inizio della pandemia è aumentato del 67%, con differenze sostanziali tra Nord e Sud Italia. Questo il risultato di un'indagine dell'Istituto Piepoli, insieme alla Fondazione Moige (Movimento Italiano Genitori), che ha intervistato un campione di 505 genitori rappresentativi per età, figli, genere e zona geografica.

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Che cosa fanno i minorenni con smartphone, tablet e computer?

I motivi di utilizzo dei device (Istituto Piepoli-Fondazione Moige)
Al primo posto dei motivi di utilizzo dei device rimangono i videogiochi. Il 60% degli under 18, infatti, dichiara di usare smartphone, tablet e computer per giocare; seguono i messaggi e le chiamate. Il 52% dei ragazzi usa i device per comunicare con gli amici. Poi ci sono i video e i film in streaming, con un 51%. Seguono i social network al 40% e infine, l'informazione con un 33%.

Che cosa hanno fatto i bambini in lockdown?

Il tempo trascorso in casa (Istituto Piepoli-Fondazione Moige)
Dall'indagine dell'Istituto Piepoli-Fondazione Moige è poi emerso in che modo i bambini hanno trascorso il loro tempo a casa durante i vari lockdown. Al primo posto (55%) ci sono i film e le serie TV sulle varie piattaforme streaming, da Netflix a PrimeVideo a Disney+. Segue il dialogo con la famiglia (40%), i videogiochi da soli (35%), i videogiochi online con gli amici (33%), i libri (28%), i giochi di società (22%), gli strumenti musicali (13%), e infine gli hobby (11%).

In che modo la tecnologia ha avuto effetti negativi sui bambini? 

La tipologia degli effetti negativi (Istituto Piepoli-Fondazione Moige)
Per l'87% dei genitori intervistati l'aumento dell'utilizzo dei device ha prodotto "molti" effetti negativi sulle relazioni sociali dei bambini. Solo il 9% ha dichiarato che ha avuto "pochi" effetti negativi sui propri figli. In particolare, dall'indagine dell'Istituto Piepoli-Fondazione Moige è emerso che per i genitori, nel 52% dei casi, i propri figli hanno perso il contatto fisico con gli amici e nel 45% dei casi hanno perso il contatto fisico con la realtà; segue la riduzione dell'attività fisica (44%), l'aumento della solitudine (42%), la diminuzione del livello della qualità della formazione scolastica (40%), l'aumento eccessivo dell'utilizzo del web (33%), l'aumento dello stress tra gli adolescenti (32%) e i disturbi psicologici (22%).
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