Salute: costi economici, sociali e ambientali delle prestazioni mediche inutili

Secondo l’agenzia sanitaria nazionale delle Regioni, il 20% di questi esami, ovvero uno su 5, sarebbe inutile: 8 milioni quelli che potrebbero essere evitati

di DOMENICO GUARINO -
23 febbraio 2023
Secondo l’Agenzia sanitaria nazionale delle Regioni, almeno il 20% degli questi esami medici richiesti, ovvero uno su 5, sarebbe completamente inutile

Secondo l’Agenzia sanitaria nazionale delle Regioni, almeno il 20% degli questi esami medici richiesti, ovvero uno su 5, sarebbe completamente inutile

“Pensa alla salute”. Quante volte ci siamo sentiti dire una frase del genere? Ed in effetti stare bene, essere sani, rappresenta indubbiamente una precondizione per qualsiasi vita serena. E così, negli anni, si sono moltiplicati gli esami diagnostici, i test, le tomografie assiali computerizzate, le ecografie, cui ognuno di noi si sottopone annualmente. Con quali costi, anche per l’ambiente? E quali conseguenze anche sociali? A fare i conti sulla nostra sete di salute è stata l’Agenas, l’agenzia sanitaria nazionale delle Regioni, secondo cui almeno il 20% di questi esami, ovvero uno su cinque, sarebbe completamente inutile. Il risultato è che chi ha veramente bisogno rimane ad attendere, magari per mesi, che gli venga erogata la prestazione o l’esame di cui necessita. Mentre si generano non pochi problemi di inquinamento. Stiamo parlando di qualcosa come circa di 8 milioni di prestazioni sanitarie che ogni anno potrebbero essere evitate. Con divari territoriali, come sempre, notevoli e significativi. Non ci sono apparentemente infatti motivi epidemiologici perché nel primo semestre dell’anno scorso, in Veneto sono state erogate risonanze muscolo scheletriche (a ginocchia, spalle, eccetera) nella misura di 15,2 ogni mille abitanti, mentre in Toscana e in Lazio meno di 10, a fronte di una media italiana è 11. Di fronte a questi dati, non consola il fatto che qualche anno fa andasse anche peggio. Una ricerca datata, di una decina di anni fa, diceva che quasi il 40% degli esami è non appropriato”, spiega Alda Borrè, direttrice della radiologia del Cto di Torino e membro di Choosing Wisely, movimento di professionisti contro lo spreco in sanità. “Oggi possiamo considerare dimezzata quella percentuale ma se parliamo di risonanze non scendiamo sotto il 25%”.

L'esempio concreto

Orazio Schillaci (ImagoE)

Il ministro della salute Orazio Schillaci (ImagoE)

Facciamo un esempio concreto: le ecografie dell’addome, secondo Agenas, sono 3 milioni e 400 mila l’anno, il 20%, cioè quelle di troppo, sarebbero quasi 700 mila. Il risultato è che le liste d’attesa si allungano, a scapito di chi magari è costretto ad attendere settimane, se non mesi, per esami fondamentali. Un problema ben conosciuto dai vertici della sanità italiana. “. Ci sono tante persone che fanno esami inutili e ci sono persone che stanno male e aspettano un sacco di tempo per fare un esame importante” afferma lo stesso ministro della Salute, Oreste Schillaci. Inappropriatezza dunque, come si dice in gergo medico. Ma anche inquinamento, come accennavamo. Una ricerca dell’Università di Milano appena conclusa coordinata dal professore di Medicina interna Nicola Montano dimostra che “se l’Italia facesse lo stesso numero di esami per mille abitanti dell’Australia, la più oculata nella diagnostica, eviterebbe ogni anno di produrre 4mila tonnellate di Co2 solo per l’elettricità. Per compensare le emissioni andrebbero piantati 66 mila alberi”. Le criticità, dice lo studio, riguardano soprattutto le risonanze, che sono circa 700 mila di troppo, cioè, appunto, circa il 20%.

Come intervenire?

Come intervenire? La presidente di Slow medicine, che da tempo si batte per ridurre l’inappropriatezza, Sandra Vernero spiega che “dopo il Covid, sprecare è ancora più grave e il problema è internazionale. La richiesta di evitare accertamenti sanitari inutili non deve arrivare solo dall’alto, altrimenti sembra che ridurre serva per risparmiare e si spingono i cittadini verso il privato. Devono essere i professionisti a far capire agli assistiti che gli esami non necessari sono un danno, per il sistema sanitario, per loro e anche per l’ambiente”.