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Home » Scienze e culture » Rifiuti plastici nel Mediterraneo: le potenzialità della Citizen scienze nella lotta all’inquinamento

Rifiuti plastici nel Mediterraneo: le potenzialità della Citizen scienze nella lotta all’inquinamento

Da Ispra e Mediterranea i dati del progetto "Floating Litter" e l'invito a tutti i navigatori e cittadini dell'ambiente marittimo a contribuire attivamente nella salvaguardia ambientale

Domenico Guarino
4 Febbraio 2023
Rifiuti di plastica nel Mediterraneo

Rifiuti di plastica nel Mediterraneo

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Quanta parte dell’inquinamento del Mediterraneo è rappresentata dai rifiuti di plastica? A questo interrogativo ha provato a rispondere lo studio condotto da Mediterranea e Ispra, nell’ambito del progetto di advanced citizen science denominato “Floating Litter” sui dati del 2022. E la risposta è solo apparentemente banale: ben il 65% degli oggetti galleggianti individuati è rappresentato da oggetti legati al packaging, buste, bottiglie e materiale da pesca. Quindi da materiali plastici.

Otto milioni di tonnellate di rifiuti plastici negli oceani

Delle 450 milioni di tonnellate prodotte ogni anno in tutto il mondo 8 diventano rifiuti negli oceani

La spedizione è salpata lo scorso maggio dal Canale di Sicilia, ha circumnavigato l’isola, navigato il Golfo di Taranto per poi risalire la costa Adriatica per sbarcare a Venezia a settembre, rilevando una importante quantità di rifiuti nelle acque del Mare Nostrum, presenti in tutte le aree analizzate, con una densità media in linea con le aspettative, più alta nelle aree costiere e più bassa in alto mare. La quantità maggiore di immondizia è stata trovata nelle zone del Mediterraneo in cui ci sono maggiori legami con la terra, come le foci dei fiumi del versante Adriatico e le coste del Sud della Sicilia, dove i ricercatori Ispra affermano siano state trovate alte densità di schiume. Si tratta di dati in gran parte attesi, visto che, secondo le stime più accreditate sono 450 milioni le tonnellate di plastica prodotte ogni anno nel mondo, 8 delle quali finiscono negli oceani e nei bacini marittimi sotto forma di rifiuti, generando danni sia all’ecosistema marino sia, direttamente o indirettamente, alla salute dell’uomo.

I danni economici e l’impatto sociale

La presenza di questi scarti in aree ad alto valore paesaggistico provoca inoltre ingenti danni economici, in quanto genera una riduzione del valore di quell’area e quindi riduce il turismo. Può causare danni meccanici alle barche e alle attrezzature da pesca, oltre a compromettere la pescosità delle acque. Senza contare i costi di bonifica per la rimozione dei rifiuti marini sono molto elevati. E c’è anche un impatto ‘sociale’, in quanto la presenza di rifiuti marini riduce il valore estetico dell’ambiente e quindi della fruizione pubblica.

La Citizen science: “Ognuno può e deve contribuire a proteggere l’ambiente”

L’Ispra invita i cittadini e i velisti a partecipare alla citizen science per proteggere l’ambiente

Per ottenere i dati, il progetto, come detto si è avvalso della metodologia della Citizen science. In pratica, periodicamente, – in base alla condizione meteo, al tratto di navigazione, alle condizioni ambientali consone – l’equipaggio di Mediterranea deputato per quel giorno all’osservazione, veniva disposto su un lato della barca, munito di binocolo e tablet, su cui era installata l’applicazione su cui registrare e classificare ogni materiale galleggiante visibile, in base alla loro composizione: plastica, vetro, legno, metallo, gomma, carta e tessuto; per ogni tipologia viene poi identificato un nome generico comune a indicare l’oggetto (salvagente, materassino, fazzoletto di carta…). L’osservazione, svolta a occhio nudo, nel caso fosse stato necessario veniva poi confermata con il binocolo. Nel frattempo i GPS di bordo registrava la traccia e i waypoint che indicavano la posizione degli oggetti avvistati.

“Invitiamo tutti i velisti, i cittadini, a entrare attivamente nella protezione dell’ambiente. E non a parole, ma dedicando una quota delle loro navigazione, delle loro passioni alla collaborazione con la ricerca scientifica” dichiara Simone Perotti di Ispra. Che ha aggiunto: “Non possiamo più permetterci di divertirci soltanto e di dedicare il nostro tempo solo a noi stessi. Vivere in questa epoca, e vivere il mare soprattutto, significa partecipare, contribuire”. Oltre a determinare la composizione dello stock di inquinamento presente nel mare, il progetto, secondo gli studiosi dell’Istituto Superiore per la Ricerca e la Protezione Ambientale, ha disvelato anche le potenzialità della citizen science per contribuire alla costruzione della conoscenza sui fenomeni ambientali. “La prosecuzione della collaborazione permetterà di ottenere informazioni in altre aree del Mediterraneo, contribuendo a diffondere la consapevolezza sulla necessità di una svolta sostenibile in tutti i settori delle attività umane” concludono da Ispra.

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  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
Quanta parte dell’inquinamento del Mediterraneo è rappresentata dai rifiuti di plastica? A questo interrogativo ha provato a rispondere lo studio condotto da Mediterranea e Ispra, nell’ambito del progetto di advanced citizen science denominato "Floating Litter" sui dati del 2022. E la risposta è solo apparentemente banale: ben il 65% degli oggetti galleggianti individuati è rappresentato da oggetti legati al packaging, buste, bottiglie e materiale da pesca. Quindi da materiali plastici.

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La presenza di questi scarti in aree ad alto valore paesaggistico provoca inoltre ingenti danni economici, in quanto genera una riduzione del valore di quell’area e quindi riduce il turismo. Può causare danni meccanici alle barche e alle attrezzature da pesca, oltre a compromettere la pescosità delle acque. Senza contare i costi di bonifica per la rimozione dei rifiuti marini sono molto elevati. E c’è anche un impatto ‘sociale’, in quanto la presenza di rifiuti marini riduce il valore estetico dell’ambiente e quindi della fruizione pubblica.

La Citizen science: "Ognuno può e deve contribuire a proteggere l'ambiente"

L'Ispra invita i cittadini e i velisti a partecipare alla citizen science per proteggere l'ambiente
Per ottenere i dati, il progetto, come detto si è avvalso della metodologia della Citizen science. In pratica, periodicamente, - in base alla condizione meteo, al tratto di navigazione, alle condizioni ambientali consone - l’equipaggio di Mediterranea deputato per quel giorno all’osservazione, veniva disposto su un lato della barca, munito di binocolo e tablet, su cui era installata l’applicazione su cui registrare e classificare ogni materiale galleggiante visibile, in base alla loro composizione: plastica, vetro, legno, metallo, gomma, carta e tessuto; per ogni tipologia viene poi identificato un nome generico comune a indicare l’oggetto (salvagente, materassino, fazzoletto di carta…). L’osservazione, svolta a occhio nudo, nel caso fosse stato necessario veniva poi confermata con il binocolo. Nel frattempo i GPS di bordo registrava la traccia e i waypoint che indicavano la posizione degli oggetti avvistati. "Invitiamo tutti i velisti, i cittadini, a entrare attivamente nella protezione dell’ambiente. E non a parole, ma dedicando una quota delle loro navigazione, delle loro passioni alla collaborazione con la ricerca scientifica" dichiara Simone Perotti di Ispra. Che ha aggiunto: "Non possiamo più permetterci di divertirci soltanto e di dedicare il nostro tempo solo a noi stessi. Vivere in questa epoca, e vivere il mare soprattutto, significa partecipare, contribuire". Oltre a determinare la composizione dello stock di inquinamento presente nel mare, il progetto, secondo gli studiosi dell’Istituto Superiore per la Ricerca e la Protezione Ambientale, ha disvelato anche le potenzialità della citizen science per contribuire alla costruzione della conoscenza sui fenomeni ambientali. "La prosecuzione della collaborazione permetterà di ottenere informazioni in altre aree del Mediterraneo, contribuendo a diffondere la consapevolezza sulla necessità di una svolta sostenibile in tutti i settori delle attività umane” concludono da Ispra.
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