Se non dà piacere ma malessere allora è essere un problema. Quando il sesso, da attività appunto piacevole diventa ossessiva, esclusiva ed escludente, che porta ansia e perdita di controllo, allora siamo in presenza di una dipendenza. Ne parliamo con lo psicologo, psicoterapeuta cognitivo-comportamentale e sessuologo clinico Paolo Antonelli.
“Una dipendenza sessuale viene ormai comunemente definita come una dipendenza comportamentale – spiega –. Fra gli studiosi e gli esperti sull’aspetto della definizione e della concettualizzazione non c’è una voce unica, perché non c’è nemmeno tanta letteratura scientifica sull’argomento”.
Per questo la ricerca va avanti, con lo scopo di arrivate a definirla in modo corretto e completo così da poter aiutare in maniera adeguata e completa chi ne soffre.
Non riuscire a fare a meno del sesso
“Mentre in altri casi di ‘stati di ipersessualità’, laddove la sessualità prende eccessivo spazio e tempo durante la giornata – dice ancora Antonelli – con dipendenza sessuale la definizione più calzante è quella che parla di modalità (pensieri e relativi comportamenti) con cui la persona non riesce a fare a meno del sesso e quindi è impegnata in un modo eccessivo, smisurato in questa attività, tanto che una fetta importante della sua giornata è impegnata in essa”.
Un atteggiamento che può diventare sempre più importante in termini di tempo speso a fare sesso e che, come sottolinea l’esperto, può crescere fino a portare il soggetto a peggiorare nelle altre aree di funzionamento a livello lavorativo, di studio, di relazione con le altre persone, tanto che poi spesso si arriva a un isolamento.
Il sesso diventa quasi una droga, un aspetto predominante per cui ce n’è un bisogno costante che nel tempo può crescere sempre di più, facendo sì che la persona metta da parte tutti gli ambiti della vita.
Ma oltre all’isolamento altri effetti di una dipendenza sessuale possono essere “la riduzione dell’autostima, rapporti più scadenti – oltre che in minor quantità – con gli altri, proprio perché nella persona l’interesse principale, alla pari di una tossicodipendenza, è il sesso”.
Fantasie, masturbazione, pornografia e promiscuità
Ma sesso inteso solo come atto fisico tra due o più persone? “No, può essere in immaginazione, quindi fantasie e desideri che portano poi a viverlo anche da soli. Ci sono forme di masturbazione compulsiva, in cui la persona non necessariamente cerca partner ma lo fa anche soltanto con se stessa; o quelle di dipendenza da pornografia in cui è più facile che la persona poi si masturbi o comunque abbia un’eccitazione che però non coinvolge altri o altre. Ancora, ci sono forme di dipendenza che invece comportano una ricerca continua o di nuovi/altri partner (promiscuità sessuale) o, con il/la proprio/a partner richieste continue o eccessive di attività e rapporti. Questo fa si che se si ha una persona accanto è più facile che il rapporto anche a livello affettivo sia compromesso”.
Come si traccia il limite tra normalità e dipendenza
Come anche per altre psicopatologie, il confine è segnato da quello che in gergo tecnico è chiamato “disagio clinicamente significativo”. Ancora Antonelli: “Quando la persona sente, capisce che la sessualità invece che dare piacere diventa un comportamento che scatena una serie di pensieri da cui non riesce a fare a meno, che scatena il discontrollo degli impulsi”.
Lui stesso si è trovato di fronte a un ragazzo dipendente dalla pornografia, che passava anche notti intere al computer e a masturbarsi “e puoi già capire quando fosse invalidante per uno studente universitario, perché non dormiva, era rimasto indietro con gli esami..”. Un altro caso che racconta è quello di “un uomo adulto che non riusciva a fare a meno di andare con le escort pur essendo sposato e avendo attività sessuale con la moglie. Non riusciva a non frequentare nuove donne per pratiche sessuali diverse, era ossessionato anche dal suo livello prestazionale”.
Il fatto di sviluppare questa sintomatologia e di capire e sentire che stai male, che il sesso ti provoca disagio, che non è un qualcosa su cui hai un controllo sano è il segno che quelle attività sono negative, patologiche e invalidanti.
Dal piacere agli attacchi d’ansia
Il sesso tende insomma a prendere il sopravvento, a diventare l’obiettivo primario, tendendo quindi a ridurre lo spazio e il tempo per le altre attività quotidiane. “Questo porta a sintomi ansiosi o depressivi o ad attacchi di panico quando la persona capisce che non può farne a meno”, precisa il sessuologo. Nel tempo il sesso perde quindi anche quei connotati di piacere e soddisfazione, perché diventa un aspetto che demoralizza e non si riesce a interrompere questo circolo vizioso. Ma anzi è tipico che chi ha questo tipo di dipendenza sviluppi atteggiamenti depressivi, ossessivo compulsivi e impulsivi.
Quindi come se ne esce? “Con la consapevolezza e l’intervento di uno psicologo, di uno psicoterapeuta o di un sessuologo, quindi di un esperto di salute mentale. Si sta dimostrando che gli interventi più efficaci sono quelli psicoterapeutici, in particolare l’approccio cognitivo comportamentale, e nei casi in cui la sintomatologia della dipendenza è più grave anche un intervento farmacologico soprattutto di tipo antidepressivo”.
La cura parte dalla consapevolezza di avere una dipendenza, dunque. Se la persona non è consapevole di avere un problema è difficile che si faccia aiutare: “Ci sono tante specifiche caratteristiche: nei casi in cui la dipendenza sessuale porta ad azioni illegali, perché magari non c’è consensualità o sono coinvolti minori, la persona può ricevere un invito da parte delle autorità o del tribunale a rivolgersi ad esperti, a sottoporsi a un percorso abilitativo/riabilitativo. Se invece azioni illegali non ci sono, il percorso deve partire dalla persona stessa ma a volte può essere incoraggiato da un marito o una moglie, un compagno o una partner, perché quella dipendenza compromette la qualità della vita di chi ne soffre ma di conseguenza anche di coloro che le stanno attorno”.