Uccide il rapinatore, accerchiano la borseggiatrice e sui social si inneggia alla giustizia privata. Dove stiamo andando?

“Le immagini potrebbero urtare la vostra sensibilità” recitano spesso i video e le foto con contenuti violenti pubblicati sul web. Ma di quale sensibilità si sta parlando? I commenti scatenati da gli ultimi fatti di cronaca la dicono lunga

di TERESA SCARCELLA
10 settembre 2024
Screen video e commenti omicidio di Viareggio

Un frame del video dell'omicidio di Viareggio e i commenti social

“Ha fatto bene”; “Solidarietà alla donna” e poi addirittura “Spero non abbia danneggiato troppo l’auto”. Sono di questo calibro i commenti social che sta attirando la drammatica vicenda di Viareggio, dove una donna ha ucciso l’uomo che le aveva rubato la borsa. 

Il video, che in queste ore sta facendo il giro del web su tutte le testate locali e nazionali, raccogliendo migliaia di visualizzazioni, mostra la donna, di 65 anni, investire con la sua auto l’uomo schiacciandolo ripetutamente contro una vetrina, per poi uscire dall’auto, riprendersi ciò che era suo e andare via. Lui, Malkoun Said, algerino di 47 anni, morirà poco dopo in ospedale. Immagini tremende, giustamente oscurate nelle parti più cruente, ma che purtroppo lasciano poco spazio all’immaginazione. E a quanto pare anche alla riflessione più profonda: “Le immagini potrebbero urtare la vostra sensibilità”, ma di quale sensibilità si sta parlando?

E’ su questo che vorremmo concentrarci, senza entrare nel merito della cronaca dei fatti né tantomeno delle indagini. L’episodio è solo l’ultimo in ordine cronologico e anche di una certa gravità, ma anche la storia della borseggiatrice a Livorno, accerchiata e quasi linciata con il bambino in braccio dopo che aveva rubato il portafogli a un turista, si presta alla medesima riflessione. 

Nazione, borseggiatrice accerchiata a Livorno-screen
La notizia de La Nazione della borseggiatrice accerchiata a Livorno e alcuni commenti social

Sono pochi, pochissimi (si contano sulle dita di una mano) gli utenti social che si pongono il nostro stesso quesito: “In che direzione sta andando la società? Si può parlare di legittima difesa? Qual è il limite? Da dove deriva tutto questo odio?”.

Qualcuno parla di mancanza di sicurezza e questo è innegabile, ma è quando subentra il dibattito sulla certezza della pena, sui vuoti legislativi, che si insinua il pericoloso concetto di “giustizia privata”. Pericoloso, sì. “E ancora non sono arrivate le armi da noi… sarà sempre peggio” fa notare una lettrice de La Nazione sotto al video che arriva da Viareggio. La maggior parte, invece, si lancia in messaggi di solidarietà nei confronti della donna, arrestata per omicidio volontario, nonché in esternazioni astiose verso il 47enne ucciso. 

Ormai si sa, sui social, come al bar, c’è chi si lancia in commenti beceri, superficiali, di circostanza, che non vanno in profondità della questione. E spesso questa consapevolezza viene utilizzata per giustificare certi toni o addirittura banalizzarli, sottovalutarli. Quanto, in realtà, il luogo in cui certe parole vengono dette cambia il contenuto? Se dette sui social vuol dire che non rispecchiano realmente la società o il pensiero di chi scrive? 

Ecco, è proprio leggendoli in quest’ottica che si viene sopraffatti da perplessità, amarezza e preoccupazione. Sentimenti che portano con sé domande e spunti di riflessione che dovrebbe porsi chi ha il ruolo politico di vigilare sul livello di salute della società e che spesso, con la stessa superficialità e negligenza, non dà il buono esempio.