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Una chat per chi non può parlare: da Save The Woman il supporto digitale per le vittime di violenza

di MARIANNA GRAZI -
13 gennaio 2022
SaveTheWomen

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Per un problema concreto servono risposte concrete. Se poi quel problema riguarda la vita e l'incolumità di centinaia di migliaia di persone allora è ancora più importante fornire strumenti efficaci per risolverlo. La violenza contro le donne e le ragazze è una delle violazioni dei diritti umani più sistematica e diffusa. È un fenomeno talmente esteso, radicato e conosciuto che parlarne quasi non causa più scalpore. È come se, alla violenza di genere, ci fossimo quasi abitati. Per questo oltre a denunciarla, quasi in automatico, ogni volta se ne viene a conoscenza, sarebbe più importante promuovere e adottare azioni reali, concrete, per contrastarlo ed estirparlo. Secondo le statistiche stilate da UN Women, ogni giorno 137 donne vengono uccise da un membro della loro famiglia e si stima che, delle 87mila vittime nel 2017 a livello globale, più della metà sia stata ammazzata intenzionalmente da partner intimi o familiari. In Italia, nel solo 2021, le donne vittime di femminicidio sono state oltre 110 (si parla di 117 nei dati ancora non ufficializzati) una ogni 3 giorni. Tra le quali, solo per richiamare alla memoria un caso clamoroso, Chiara Ugolini, Ada Rotini, Joelle Maria Demontis, Rita Amenze, Sonia Lattari, Giuseppina Di Luca e Alessandra Zorzin, sette donne uccise nel giro di dieci giorni, lo scorso settembre. Numeri. Ma dietro ad ogni numero c'è una vita. O meglio, c'era.

L'associazione Save The Woman

Save The Woman con chatbot #NONPOSSOPARLARE offre un supporto tecnologico alle donne vittime e ai centri antiviolenza

I dati globali, comunque, non riflettono l'impatto del Covid-19, che invece ha fortemente influito - in negativo - sul fenomeno. Tanto che le Nazioni Unite hanno parlato di "pandemia ombra": a causa dell'emergenza sanitaria gli spostamenti limitati, spesso impossibili, isolamento sociale e insicurezza economica hanno aumentato la vulnerabilità delle donne alla violenza in tutto il mondo. Per questo UN Women (2020) ha chiesto la fornitura di consulenza online e soprattutto di soluzioni basate sulla tecnologia per supportare le donne vittime di violenza da parte del partner durante la crisi sanitaria globale. Perché quando il pericolo non è solo fuori, invisibile, ma anche dentro le mura di casa, è fondamentale avere qualcosa a cui aggrapparsi, per difendersi e sopravvivere. Che può essere anche una semplice parola. 

A questo bisogno risponde l'associazione Save the Woman, guidata dalla dottoressa Rosella Scalone Mia che, insieme a un team di esperti a livello informatico e del terzo settore, ha sviluppato il chatbot #NONPOSSOPARLARE per fornire alle vittime di violenza domestica una fonte di informazioni immediata e discreta attraverso un algoritmo di intelligenza artificiale formato da esperti. “Un chatbot è un software che viene installato nella pagina web del centro antiviolenza e simula una conversazione umane scritta tramite chat – ci spiega Rosanna Cervellera, socia di Save The Woman – consentendo agli utenti di interagire con i dispositivi digitali (smartphone, tablet, pc) come se stessero comunicando con una persona reale, grazie però ad algoritmi di intelligenza artificiale”. Perché in certi casi è quanto mai necessario intervenire il prima possibile, con discrezione, per provvedere alla sicurezza psicologica e fisica di chi non riesce e non può chiedere aiuto.

"Non posso parlare": la tecnologia al servizio delle donne

Ma di che si tratta? A molti e molte di noi, probabilmente, sarà capitato di interagire, anche involontariamente, con un chatbot: quando si cerca un prodotto sul computer, ad esempio, e si apre una finestra sullo schermo chiedendo "hai bisogno di aiuto?" o magari quando qualcuno ha bisogno un passaggio e allora si serve dello smartphone per richiederlo tramite chat. Due casi semplici, che servono per far comprendere meglio di cosa si tratti. #NONPOSSOPARLARE, nello specifico, consente di fornire supporto immediato e informazioni fondamentali alle vittime di violenze. Ma non solo, perché “permette anche ai centri antiviolenza di valutare i dati del fenomeno per genere, età, posizione geografica, ricavandone tutte le informazioni necessarie per progettare le migliori strategie di intervento a breve, medio e lungo periodo”, aggiunge Cervellera. A prima vista sembrerebbe quindi una semplice chat tra amiche. Che però può salvare loro la vita. Le possibili parole chiave, domande e risposte vengono elaborate da mediatori culturali e psicologi, poiché devono venire incontro alle esigenze delle vittime e ai loro bisogni primari. “Infatti le richieste principali raccolte finora – continua la dottoressa – riguardano la possibilità di abbandonare la casa pur essendo prive di mezzi economici per il proprio sostentamento e quella di portare con sé i figli senza incorrere in sanzioni”. Il chatbot è uno strumento tecnologico innovativo sempre attivo, a supporto delle donne vittime di violenza che si trovano anche ad avere difficoltà di comunicazione con l’esterno. Al termine della chat, infatti, il suo contenuto viene automaticamente cancellato sul dispositivo della vittima in modo che il partner aggressore non possa rilevare il contatto con il centro antiviolenza e reperire le informazioni richieste. "Non sostituisce il rapporto umano, di empatia che si instaura tra la donna e l'operatore del centro. Ma sicuramente è un supporto ulteriore, attivo h24 e aperto a infinite chiamate, accessibile veramente da tutte le persone quando ne hanno necessità".

Il chatbot #NONPOSSOPARLARE: la donna chatta con un software installato nel sito web del centro antiviolenza che simula una conversazione umana scritta

“L’obiettivo dell'Associazione – aggiunge la socia di Save The Woman, che si occupa della divulgazione del progetto – è quella di diffondere maggiore consapevolezza e aiuto a tutti i centri antiviolenza del territorio nazionale, contattandoci o sulla pagina Facebook o anche me personalmente. Ad oggi siamo attivi in buona parte della Liguria (oltre dieci centri), in Campania, molto presto anche in Sicilia, Calabria e Lombardia, ma non ci fermeremo fino a quando tutti non saranno dotati di questo nuovo mezzo di supporto che molto presto verrà sviluppato anche in altre lingue come il francese e l’inglese. Questo permetterà anche  alle donne di diverse nazionalità di poter chiedere aiuto nella loro lingua”. “Voglio sottolineare un'altra cosa, molto importante: ogni chatbot potrà essere personalizzato per ogni centro antiviolenza sulla base dei servizi messi a disposizione nel proprio territorio e questo sarà un ulteriore aiuto anche per le amministrazioni Comunali (Servizi Sociali ecc...) per una maggiore cura della cittadinanza”.

La violenza domestica: sensibilizzare per contrastare un fenomeno in aumento

Un abuso fisico, sessuale o psicologico tra persone conviventi. Qualunque sia la sua forma, chiunque siano gli attori (indifferentemente genitori e figli, fratelli e sorelle, partner intimi, soggetti di qualsiasi cultura, etnia, orientamento sessuale, classe, reddito, livello di istruzione, religione ed età) sono le donne, solitamente, le vittime di violenza domestica più frequenti, rispetto agli uomini. “Il nostro progetto mira a trattare il problema affrontando obiettivi specifici a seconda della causa”, afferma la dottoressa Rosanna Cervellera. Lavorare al fianco dei centri antiviolenza, fornendo anche mezzi innovativi per intercettare le "grida" di aiuto, diventa quindi fondamentale, affinché si possa aumentare la consapevolezza generale dell'opinione pubblica sull'ampia diffusione nella società contemporanea e sulle cause, con l'obiettivo di coinvolgere tutti nel contrastarla. E bisogna inoltre rivolgersi in modo specifico al genere maschile, uomini e ragazzi, per spezzare il ciclo della violenza e cambiare la percezione del problema. Come? “Coinvolgendo gli uomini come alleati, si può incoraggiare la diffusione dell'approccio non violento, soprattutto nella sfera personale delle relazioni intime”. Con questa finalità, Save The Woman si occupa anche di progettare percorsi di formazione con docenti esperti, con l’obiettivo di avviare attività anche con i giovani, che gli permettano di riflettere su stereotipi di genere e mascolinità tossica.

Ma la formazione, da sola, oggi non basta. Lo dimostrano i numeri, ancora una volta: meno del 40% delle donne che subiscono violenza cerca aiuto di qualsiasi tipo. E la pandemia di Covid-19 non ha fatto altro che aggravare la situazione: durante la fase più acuta dell’emergenza sanitaria i Paesi con restrizioni di movimento e/o accesso limitato a servizi essenziali di qualità hanno visto una diminuzione delle richieste di aiuto a causa del distanziamento sociale. “Il nostro progetto vuole rafforzare l'efficacia dei centri di supporto esistenti, con un'attenzione specifica alla situazione attuale. Le donne possono essere rinchiuse con i loro aggressori ed essere isolate dalle persone e dalle risorse che possono aiutarle meglio. In questo modo si riducono le opportunità di comunicare telefonicamente sul disagio fisico o emotivo. La possibilità di richiedere aiuto può presentarsi al di fuori dell'orario di lavoro degli operatori dei centri di supporto”, conclude la dottoressa e socia. E allora è lì, che la tecnologia più avanzata ma anche accessibile, può diventare davvero un'alleata indispensabile per salvare la vita.