Lo stile è quello degli eco attivisti, ma stavolta a versare litri di vernice rossa su un simbolo cittadino, in questo caso la Scalinata di Trinità dei Monti a Roma, sono state le femministe.
È mattina presto di mercoledì 26 giugno, si vede dai pochi turisti incuriositi che si fermano a vedere cosa sta accadenso: un gruppo di attiviste e attivisti del movimento “Bruciamo tutto”, munito di secchi di vernice e un cartello giallo con scritto “6 luglio uniamoci” e il richiamo al loro profilo Instagram, versa il colore rosso sulla Scalinata che si affaccia su piazza di Spagna. L'azione è stata realizzata per sensibilizzare l'opinione pubblica sul tema dei femminicidi in Italia.
"Ci sono gli attivisti che imbrattano la scalinata” si sente dire a un agente della polizia municipale che interviene e chiama rinforzi. Nel frattempo i manifestanti gridano: “Questo fiume di sangue si chiama patriarcato”. La ragazza che regge il cartello invece, davanti alle telecamere dei reporter, afferma: “Quaranta nomi dimenticati, in questa società che rifiuta di rendersi conto di questa strage, che la normalizza, che la accetta come se fosse normale perdere la vita per mano del proprio partner, del marito, del figlio. Elena Cecchettin (la sorella della laureanda 22enne uccisa da Filippo Turetta l’11 novembre 2023, ndr) ha detto ‘Per Giulia non fate un minuto di silenzio, per Giulia bruciate tutto’. Siamo qua per questo, siamo Bruciamo tutto”.
Mentre gli agenti della municipale intervengono provando ad abbassare lo striscione, lei aggiunge: “Urliamo il dolore e versiamo il sangue sparso dal patriarcato”.
“Questo non lo accettiamo più – continua uno degli attivisti – questa cosa deve finire subito. Non è più possibile che una persona socializzata come donna muoia per una violenza causata dal patriarcato”, mentre le colleghe segnano i gradini di Trinità dei Monti con i palmi delle mani rossi di vernice. “Questo simbolicamente è il sangue versato da una cosa che non dovrebbe esistere”.
Fermati dalla polizia, mentre si moltiplica il pubblico della azione di protesta femminista, le giovani di “Bruciamo tutto” si rivolgono ai giornalisti presenti. “I femminicidi vengono accettati come se fossero il naturale corso delle cose, come pagare le tasse, come se fossero inevitabili. Siamo qua per dire che non possiamo stare in silenzio: ci sono state 40 persone socializzate donne uccise dopo Giulia Cecchettin, i loro nomi sono stati dimenticati, noi siamo qua per portarli, li abbiamo messi sulla scala e stiamo versando il loro sangue, il sangue di migliaia di persone che subiscono violenza ogni giorno”.
Chiedono che sia istituito un reddito di liberazione, una misura di sostegno economico per tutte le vittime di violenza e “chiediamo alle realtà femministe e transfemministe, e a tutte le persone interessate di unirsi a noi in una coalizione, saremo il 6 luglio qui a Roma”.
Palmi rossi di sangue (finto) rivolti alla piazza, seduta sui gradini, una delle ragazze protagoniste dell’azione aggiunge: “Stiamo chiamando tutte le realtà, tutte le persone che il 25 novembre scorso urlavano ‘Basta’, che lo sentivano nelle viscere, che dopo la morte di Giulia Cecchettin sapevano che non potevano più sopportare questo”.