Che voi lavoriate a casa in smart working (l’Italia si piazza al di sotto della media europea, con il 12,2% di occupati che lo utilizza spesso, contro il 25,1% della Finlandia o il 23,1% del Lussemburgo ) o in ufficio, è bene sapere che anche seduti alla propria postazione si può dare un grosso contributo all’ambiente, evitando di inquinare più del lecito. Nonostante infatti con l’avvento delle tecnologie informatiche si sia parlato molto di società senza carta e di come Internet avrebbe avuto un impatto positivo sull’ambiente, secondo il report "The Shift Project nel Report: Lean ict - towards digital sobriety", nel 2008 le tecnologie digitali utilizzate nelle trasmissione, ricezione ed elaborazione di dati e informazioni (Ict) hanno contribuito per il 2% alle emissioni globali di Co2, nel 2020 sono salite al 3,7% e si stima che raggiungeranno l’8,5% nel 2025. Tanto che si parla oramai di Internet come della "quarta nazione" più inquinante al mondo in termini di emissioni di Co2, stimando che sia responsabile di un miliardo e 850 milioni di tonnellate cubiche all’anno. Colpa del fatto che siamo sempre più tutti connessi e che l’uso delle tecnologie It si sta diffondendo in maniera capillare anche in strati sociali e in contesti geografici che finora ne erano rimasti al di fuori. E le sorprese non mancano. Secondo le stime più accreditate (fonte Arpat) infatti, fare ricerche su Google può sprigionare da 0,2g a 7 g di Co2 nell’atmosfera, twittare emette intorno ai 0,2 grammi di Co2 per ogni tweet, inviare una mail dai 4 ai 50 grammi di Co2. Addirittura inviare un sms o fare una chiamata di un minuto comporterebbe un rilascio di 0,014 grammi di Co2 che, sia pure di molto inferiore, moltiplicato per miliardi di volte genera una cifra non indifferente.
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