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Home » HP Blocco Testo Sinistra » Adottata da piccola, a 53 anni ritrova i fratelli grazie a una cartellina nascosta in un armadio

Adottata da piccola, a 53 anni ritrova i fratelli grazie a una cartellina nascosta in un armadio

Il viaggio di Stefania Gajotto per conoscere la sua famiglia d'origine

Sofia Francioni
13 Giugno 2022
Stefania Gajotto, 53 anni

Stefania Gajotto, 53 anni

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Stefania Gajotto, da sempre consideratasi figlia unica, a 53 anni scopre di avere cinque fratelli. Il suo viaggio a ritroso viene aperto da alcune carte, delle lettere che trova nascoste in un armadio durante il trasloco da una casa troppo grande a un’altra. Stando ai suoi ricordi, tutto inizia al brefotrofio (l’orfanotrofio dei neonati) di San Rocco a Vicenza, dove lei – a un anno – viene portata dagli assistenti sociali perché la sua famiglia non può crescerla. Passano due anni e una coppia inizia a dimostrarsi interessata: “Non dimenticherò mai il dito di quell’uomo che mi indicava mentre correvo spensierata in cortile. Quella coppia sorridente che si teneva per mano mi aveva scelta. Il mio cuore batteva forte”, racconta la donna al Corriere del Veneto. Così a 5 anni lascia il brefotrofio e inizia la sua nuova vita: con due genitori senza figli che la amano “come un principessa”.

Stefania Gajotto con la mamma adottiva

A 53 anni Stefania ha una famiglia tutta sua, è sposata con Enrico e ha un figlio (Riccardo), ma dei suoi genitori biologici non ha mai saputo niente: “Non ho osato chiedere informazioni ai miei genitori adottivi. Per mia mamma è sempre stato un argomento tabù e io non ho mai voluto farla soffrire. Per lei il passato era passato. Il timore era che la potessi amare meno, impossibile”. Ma nell’autunno del 2020 dal suo passato arriva un segno: “Decidiamo di traslocare perché la casa di mamma era diventata troppo grande. Sistemando un armadio mi è scivolata tra le mani una cartellina. Conteneva i documenti della mia adozione. Non saprei descrivere le emozioni che ho provato”. E le risposte arrivano senza il bisogno di porre alcuna domanda: “Il cuore batteva fortissimo, mi mancava il respiro. Dopo avere esitato un attimo ho aperto la cartellina e ho cominciato a leggere. C’era scritto il mio vero cognome e il paese di origine, Pojana Maggiore. Un comune di 4 mila anime nel basso vicentino”.

Le ricerche di Stefania non si fermano: “Trovai la tomba di mia madre biologica. Era morta a 48 anni ma era curata per cui significava che qualcuno le faceva visita. Di mio padre biologico so solo il nome di battesimo. In paese pareva che nessuno si ricordasse di quella famiglia”. Ma Stefania non si arrende e, sostenuta dal marito, il 1 ottobre 2021 scrive di getto un appello su Facebook: “Buonasera, qualcuno di voi conosceva la signora Cenci Sabina nata il 4 febbraio 1937, se fosse viva ora avrebbe 84 anni. Magari qualcuno sa se ha delle sorelle o fratelli ancora in vita o magari dei nipoti? Grazie mille a chi può chiedere in paese”. Le risposte non si fanno attendere: “Sono stata contattata da quella che ho poi scoperto essere una mia nipote, figlia della mia sorella maggiore. Grazie a lei ho scoperto di avere una famiglia numerosa, cinque fratelli di cui non sapevo l’esistenza e tanti nipoti. Non tutti i miei fratelli sono stati fortunati come me, siamo sempre stati così lontani ma così vicini, sparpagliati in provincia. La vita di ognuno ha seguito un proprio corso. Li ho finalmente incontrati, con alcuni ci assomigliamo di più, con altri meno. Adesso ci sono cinquant’anni da recuperare. Quello che voglio dire a chi è alla ricerca delle proprie origini è di andare fino in fondo e di avere il coraggio di scoprire la propria storia perché fa bene al cuore“.

 

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Instagram

  • Numerosi attori e musicisti di alto profilo si sono recati in Ucraina da quando è scoppiata la guerra con la Russia nel febbraio 2022. L’ultimo in ordine di tempo è stato l’attore britannico Orlando Bloom, che ieri ha visitato un centro per bambini e ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Kiev.

“Non mi sarei mai aspettato che la guerra si sarebbe intensificata in tutto il Paese da quando sono stato lì”, ha detto Bloom su Instagram, “Ma oggi ho avuto la fortuna di ascoltare le risate dei bambini in un centro del programma Spilno sostenuto dall’Unicef, uno spazio sicuro, caldo e accogliente dove i bambini possono giocare, imparare e ricevere supporto psicosociale”.

Bloom è un ambasciatore di buona volontà per l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef). Il centro di Splino, che è uno dei tanti in Ucraina, offre sostegno ai bambini sfollati e alle loro famiglie, con più di mezzo milione di bambini che ne hanno visitato uno nell’ultimo anno.

La star hollywoodiana ha poi incontrato il presidente Zelensky, con cui ha trattato temi tra cui il ritorno dei bambini ucraini deportati in Russia, la creazione di rifugi antiatomici negli istituti scolastici e il supporto tecnico per l’apprendimento a distanza nelle aree in cui è impossibile studiare offline a causa della guerra. L’attore britannico aveva scritto ieri su Instagram, al suo arrivo a Kiev, che i «bambini in Ucraina hanno bisogno di riavere la loro infanzia».

#lucelanazione #lucenews #zelensky #orlandobloom
  • “La vita che stavo conducendo mi rendeva particolarmente infelice e se all’inizio ero entrata in terapia perché volevo accettare il fatto che mi dovessi nascondere, ho avuto poi un’evoluzione e questo percorso è diventato di accettazione di me stessa."

✨Un sorriso contagioso, la spensieratezza dei vent’anni e la bellezza di chi si piace e non può che riflettere quella luce anche al di fuori. La si potrebbe definire una Mulan nostrana Carlotta Bertotti, 23 anni, una ragazza torinese come tante, salvo che ha qualcosa di speciale. E non stiamo parlano del Nevo di Ota che occupa metà del suo volto. Ecco però spiegato un primo punto di contatto con Mulan: l’Oriente, dove è più diffusa (insieme all’Africa) quell’alterazione di natura benigna della pigmentazione della cute intorno alla zona degli occhi (spesso anche la sclera si presenta scura). Quella che appare come una chiazza grigio-bluastra su un lato del volto (rarissimi i casi bilaterali), colpisce prevalentemente persone di sesso femminile e le etnie asiatiche (1 su 200 persone in Giappone), può essere presente alla nascita o apparire durante la pubertà. E come la principessa Disney “fin da piccola ho sempre sentito la pressione di dover salvare tutto, ma forse in realtà dovevo solo salvare me stessa. Però non mi piace stare troppo alle regole, sono ribelle come lei”.

🗣Cosa diresti a una ragazza che ha una macchia come la tua e ti chiede come riuscire a conviverci?�
“Che sono profondamente fiera della persona che vedo riflessa allo specchio tutto i giorni e sono arrivata a questa fierezza dopo che ho scoperto e ho accettato tutti i miei lati, sia positivi che negativi. È molto autoreferenziale, quindi invece se dovessi dare un consiglio è quello che alla fine della fiera il giudizio altrui è momentaneo e tutto passa. L’unica persona che resta e con cui devi convivere tutta la vita sei tu, quindi le vere battaglie sono quelle con te stessa, quelle che vale la pena combattere”.

L’intervista a cura di Marianna Grazi �✍ 𝘓𝘪𝘯𝘬 𝘪𝘯 𝘣𝘪𝘰

#lucenews #lucelanazione #carlottabertotti #nevodiota
  • La salute mentale al centro del podcast di Alessia Lanza. Come si supera l’ansia sociale? Quanto è difficile fare coming out? Vado dallo psicologo? Come trovo la mia strada? La popolare influencer, una delle creator più note e amate del web con 1,4 milioni di followers su Instagram e 3,9 milioni su TikTok, Alessia Lanza debutta con “Mille Pare”, il suo primo podcast in cui affronta, in dieci puntate, una “para” diversa e cerca di esorcizzare le sue fragilità e, di riflesso, quelle dei suoi coetanei.

“Ho deciso di fare questo podcast per svariati motivi: io sono arrivata fin qui anche grazie alla mia immagine, ma questa volta vorrei che le persone mi ascoltassero e basta. Quando ho cominciato a raccontare le mie fragilità un sacco di persone mi hanno detto ‘Anche io ho quella para lì!’. Perciò dico parliamone, perché in un mondo in cui sembra che dobbiamo farcela da soli, io credo nel potere della condivisione”.

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  • Si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali indossando un abito tradizionale Crow, tribù della sua famiglia adottiva in Montana. Eppure Raffaella Milandri è italianissima e ha conseguito il titolo nella storica università Alma Mater di Bologna, lo scorso 17 marzo. 

La scrittrice e giornalista nel 2010 è diventata membro adottivo della famiglia di nativi americani Black Eagle. Da quel momento quella che era una semplice passione per i popoli indigeni si è focalizzata sullo studio degli aborigeni Usa e sulla divulgazione della loro cultura.

Un titolo di studio specifico, quello conseguito dalla Milandri, “Che ho ritenuto oltremodo necessario per coronare la mia attività di studiosa e attivista per i diritti dei Nativi Americani e per i Popoli Indigeni. La prima forma pacifica di attivismo è divulgare la cultura nativa”. L’abito indossato durante cerimonia di laurea appartiene alla tribù della sua famiglia adottiva. Usanza che è stata istituzionalizzata solo dal 2017 in Montana, Stato d’origine del suo popolo, quando è stata approvata una legge (la SB 319) che permette ai nativi e loro familiari di laurearsi con il “tribal regalia“. 

In virtù di questa norma, il Segretario della Crow Nation, Levi Black Eagle, a maggio 2022 ha ricordato la possibilità di indossare l’abito tradizionale Crow in queste occasioni e così Milandri ha chiesto alla famiglia d’adozione se anche lei, in quanto membro acquisito della tribù, avrebbe potuto indossarlo in occasione della sua discussione.

La scrittrice, ricordando il momento della laurea a Bologna, racconta che è stata “Una grandissima emozione e un onore poter rappresentare la Crow Nation e la mia famiglia adottiva. Ho dedicato la mia laurea in primis alle vittime dei collegi indiani, istituti scolastici, perlopiù a gestione cattolica, di stampo assimilazionista. Le stesse vittime per le quali Papa Francesco, lo scorso luglio, si è recato in Canada in viaggio penitenziale a chiedere scusa  Ho molto approfondito questo tema controverso e presto sarà pubblicato un mio studio sull’argomento dalla Mauna Kea Edizioni”.

#lucenews #raffaellamilandri #antropologia
Stefania Gajotto, da sempre consideratasi figlia unica, a 53 anni scopre di avere cinque fratelli. Il suo viaggio a ritroso viene aperto da alcune carte, delle lettere che trova nascoste in un armadio durante il trasloco da una casa troppo grande a un'altra. Stando ai suoi ricordi, tutto inizia al brefotrofio (l'orfanotrofio dei neonati) di San Rocco a Vicenza, dove lei - a un anno - viene portata dagli assistenti sociali perché la sua famiglia non può crescerla. Passano due anni e una coppia inizia a dimostrarsi interessata: "Non dimenticherò mai il dito di quell’uomo che mi indicava mentre correvo spensierata in cortile. Quella coppia sorridente che si teneva per mano mi aveva scelta. Il mio cuore batteva forte", racconta la donna al Corriere del Veneto. Così a 5 anni lascia il brefotrofio e inizia la sua nuova vita: con due genitori senza figli che la amano "come un principessa".
Stefania Gajotto con la mamma adottiva
A 53 anni Stefania ha una famiglia tutta sua, è sposata con Enrico e ha un figlio (Riccardo), ma dei suoi genitori biologici non ha mai saputo niente: "Non ho osato chiedere informazioni ai miei genitori adottivi. Per mia mamma è sempre stato un argomento tabù e io non ho mai voluto farla soffrire. Per lei il passato era passato. Il timore era che la potessi amare meno, impossibile". Ma nell'autunno del 2020 dal suo passato arriva un segno: "Decidiamo di traslocare perché la casa di mamma era diventata troppo grande. Sistemando un armadio mi è scivolata tra le mani una cartellina. Conteneva i documenti della mia adozione. Non saprei descrivere le emozioni che ho provato". E le risposte arrivano senza il bisogno di porre alcuna domanda: "Il cuore batteva fortissimo, mi mancava il respiro. Dopo avere esitato un attimo ho aperto la cartellina e ho cominciato a leggere. C’era scritto il mio vero cognome e il paese di origine, Pojana Maggiore. Un comune di 4 mila anime nel basso vicentino". Le ricerche di Stefania non si fermano: "Trovai la tomba di mia madre biologica. Era morta a 48 anni ma era curata per cui significava che qualcuno le faceva visita. Di mio padre biologico so solo il nome di battesimo. In paese pareva che nessuno si ricordasse di quella famiglia". Ma Stefania non si arrende e, sostenuta dal marito, il 1 ottobre 2021 scrive di getto un appello su Facebook: "Buonasera, qualcuno di voi conosceva la signora Cenci Sabina nata il 4 febbraio 1937, se fosse viva ora avrebbe 84 anni. Magari qualcuno sa se ha delle sorelle o fratelli ancora in vita o magari dei nipoti? Grazie mille a chi può chiedere in paese". Le risposte non si fanno attendere: "Sono stata contattata da quella che ho poi scoperto essere una mia nipote, figlia della mia sorella maggiore. Grazie a lei ho scoperto di avere una famiglia numerosa, cinque fratelli di cui non sapevo l’esistenza e tanti nipoti. Non tutti i miei fratelli sono stati fortunati come me, siamo sempre stati così lontani ma così vicini, sparpagliati in provincia. La vita di ognuno ha seguito un proprio corso. Li ho finalmente incontrati, con alcuni ci assomigliamo di più, con altri meno. Adesso ci sono cinquant’anni da recuperare. Quello che voglio dire a chi è alla ricerca delle proprie origini è di andare fino in fondo e di avere il coraggio di scoprire la propria storia perché fa bene al cuore".  
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