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Home » Economia » Apple, per la prima volta i lavoratori entrano in un sindacato: “Un sacrificio a favore di tutti”

Apple, per la prima volta i lavoratori entrano in un sindacato: “Un sacrificio a favore di tutti”

Da qualche anno, i dipendenti delle Big Tech americane chiedono più diritti. E lo fanno in un ambiente storicamente avverso alle organizzazioni sindacali

Arnaldo Liguori
19 Giugno 2022
L'Apple Store di Towson, nel Maryland, protagonista della vicenda

L'Apple Store di Towson, nel Maryland, protagonista della vicenda

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Tra le grandi aziende tecnologiche statunitensi non succede spesso di vedere un sindacato. Le company tendono a disincentivare le organizzazioni dei lavoratori, ma da qualche anno le cose stanno cambiando. Amazon, Starbucks, Facebook hanno visto – loro malgrado – nascere al proprio interno qualche forma sindacale. Mancava solo un colosso della Silicon Valley: Apple. Ma anche questo muro è caduto sabato, quando i dipendenti di uno store in Maryland, negli Stati Uniti, ha deciso di unirsi a un sindacato di settore, l’Associazione internazionale dei macchinisti e dei lavoratori aerospaziali.

Come molti lavoratori in prima linea, l’esperienza della pandemia ha spinto alcuni dipendenti dell’Apple Store al punto di rottura. Ora chiedono di avere più controllo sul proprio lavoro e aumenti salariali in grado di fronteggiare l’impennata di prezzi che si è registrata anche negli Stati Uniti.

Il primo sciopero di lavoratori Amazon in Italia, nel 2021

Dei 110 impiegati dello store, solo 65 hanno votato per l’adesione, ma è comunque un risultato storico. Il presidente del sindacato, Robert Martinez, ha detto che i lavoratori “hanno fatto un enorme sacrificio per migliaia di dipendenti Apple in tutta la nazione che avevano tutti gli occhi puntati su queste elezioni”. Ora spetta all’amministratore di Apple, Tim Cook, stipulare il primo contratto collettivo. Per momento, la direzione della Apple si è rifiutata di commentare la notizia.

Secondo le ricostruzioni dei quotidiani statunitensi, per gestire le richieste dei lavoratori, un mese fa l’azienda aveva mandato nello store la direttrice delle risorse umane di Apple, Deirdre O’Brien, considerata da Forbes, la 32° donna più potente nel mondo degli affari. “È un vostro diritto aderire a un sindacato, ma è anche un vostro diritto non aderire”, aveva detto rivolgendosi ai lavoratori.

L’ambiente delle Big Tech, soprattutto durante la pandemia, ha dovuto confrontarsi con una crescente richiesta di maggiori tutele da parte dei lavoratori. Tuttavia, molte inchieste giornalistiche – la più famosa del New York Times – hanno denunciato un atteggiamento ostile da parte di Facebook e, in particolare, Amazon nei confronti di qualsiasi tipo di spinta dal basso volta a formare sindacati. Nel muro delle company si sta aprendo, tuttavia, una crepa.

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  • Sono tanti gli esperti e gli attivisti americani che si interrogano se la sentenza della Corte Suprema, che elimina il diritto all’aborto negli Usa, potrà avere impatti anche su altri diritti, compresi quelli alla privacy.

I procuratori possono decidere di indagare su qualsiasi donna che sia stata incinta ma non abbia portato a termine la gravidanza, anche in caso di aborti spontanei.

“La differenza tra ora e l’ultima volta che l’aborto è stato illegale negli Stati Uniti è che viviamo in un’era di sorveglianza digitale senza precedenti”.

A dirlo è la direttrice per la sicurezza informatica della Electronic Frontier Foundation Eva Galperin.

Il caso più eclatante è stato quello di Latice Fisher, la donna del Mississippi che nel 2017 era stata accusata di omicidio di secondo grado dopo aver partorito un bambino nato morto nel terzo trimestre perché, nelle settimane precedenti, aveva cercato online informazioni sulle pillole abortive. Non esisteva nessun’altra prova che Fisher avesse comprato le pillole, ma il caso è comunque durato fino al 2020, quando era stato archiviato.

Le autorità possono decidere di chiedere direttamente alle aziende di fornire i dati in loro possesso relativi a specifici utenti. Non si tratta soltanto di Google, Facebook, Instagram, TikTok o Amazon: a raccogliere dati che possono essere potenzialmente incriminanti sono anche i servizi di telefonia mobile, i provider di servizi Internet e qualsiasi app abbia accesso ai dati sulla posizione. Di solito queste informazioni vengono raccolte a fini pubblicitari, ma possono anche essere acquistate da privati o da forze dell’ordine.

Proprio per questo motivo negli ultimi giorni molte donne americane hanno cancellato le applicazioni per il monitoraggio delle mestruazioni dai loro cellulari, che secondo le stime vengono usate da un terzo delle donne statunitensi, nel timore che i dati raccolti sul proprio ciclo mestruale, o altri dettagli legati alla salute riproduttiva, dalle applicazioni possano essere usati contro di loro in future cause penali negli Stati in cui l’aborto è diventato illegale.

Di Edoardo Martini ✍

#lucenews #lucelanazione #dirittoallaborto #dirittoallaprivacy #usa #roevwade
  • Esplosiva, incantevole, nata dalla fantasia di un fumetto per trasformarsi nell’immagine potente di un poster dai colori acrilici alla Andy Warhol. Psichedelica e attraente, conturbante e sexy. Bella da guastare il sonno a molti. Maschio eppure femmina. 

Eva Robin’s, lei che ha fatto sognare generazioni, è stata e rimane il simbolo incontrastato della transessualità. 

Dicevano che somigliasse in modo sorprendente al personaggio di Diabolik Eva Kant, e lei su quell’immagine ci ha lavorato, quasi divertendosi, rendendola viva e facendone una star in carne e ossa. 

"Io sono attratta sessualmente da un uomo ma la mia affettività è diretta verso le donne. Senza dubbio il maschio che c’è in me pretende la sua parte”.

Attrice di cinema e teatro, showgirl e cantante, Eva continua a calcare le scene recitando in ruoli teatrali di grande spessore e impegno. La sua figura di oggi sembra sfumata, il suo volto un po’ flou, l’esuberanza di un tempo addolcita dal tempo. 

Leggi l
  • Al cinema e in tv serve una rappresentazione più reale dei corpi. Anche di quelli in carne.

A rivendicare il diritto di apparire per come si è, soprattutto nei ruoli che chiedono una determinata fisicità, è Shannon Purser, nota soprattutto per aver interpretato Barb Holland in "Stranger Things" e Ethel Muggs in “Riverdale". La 25enne statunitense ha criticato aspramente il trattamento riservato agli “attori grassi” a Hollywood, in particolare per quanto riguarda il casting.

“Non assumono attori grassi per ruoli iconici grassi perché vogliono grandi nomi. Non ci sono quasi mai star grasse di primo piano perché agli attori grassi non è consentita la possibilità di salire di livello. Non ci viene data la giusta visibilità perché l’industria ci vede come elementi bidimensionali“.

Shannon Purser aveva già affrontato la questione in un’intervista a Vanity Fair durante le riprese di “Sierra Burgess è una sfigata”. 

“Anche le donne plus size meritano di avere un principe e il libero arbitrio. Crescendo, se avessi avuto qualcuno che mi somigliava, mi sarei sentita molto meno sola e più compresa. Spero che questo film sfidi i giovani a ripensare il modo in cui guardano se stessi e l’un l’altro, imparando ad abbracciare l’autenticità”. 

E chissà che questa volta, oltre alle parole, non si arrivi anche ai fatti, per invertire la tendenza discriminante e grassofobica proprio nella culla dei sogni: Hollywood.

Di Marianna Grazi ✍

#lucenews #lucelanazione #shannonpurser #barbstrangerthings #hollywood #bodyshaming #sierraburgessisaloser
  • Sul tema dell
Tra le grandi aziende tecnologiche statunitensi non succede spesso di vedere un sindacato. Le company tendono a disincentivare le organizzazioni dei lavoratori, ma da qualche anno le cose stanno cambiando. Amazon, Starbucks, Facebook hanno visto – loro malgrado – nascere al proprio interno qualche forma sindacale. Mancava solo un colosso della Silicon Valley: Apple. Ma anche questo muro è caduto sabato, quando i dipendenti di uno store in Maryland, negli Stati Uniti, ha deciso di unirsi a un sindacato di settore, l’Associazione internazionale dei macchinisti e dei lavoratori aerospaziali. Come molti lavoratori in prima linea, l'esperienza della pandemia ha spinto alcuni dipendenti dell'Apple Store al punto di rottura. Ora chiedono di avere più controllo sul proprio lavoro e aumenti salariali in grado di fronteggiare l’impennata di prezzi che si è registrata anche negli Stati Uniti.
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