Main Partner
Partner
Luce
  • Attualità
  • Politica
  • Economia
  • Sport
  • Lifestyle
  • Scienze e culture
  • Spettacolo
  • 8 marzo
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
Luce
  • Attualità
  • Politica
  • Economia
  • Sport
  • Lifestyle
  • Scienze e culture
  • Spettacolo
  • 8 marzo
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
Luce

Home » Economia » Patente del cibo contro i salari “in base alla razza”, i ricatti e le angherie nella filiera alimentare

Patente del cibo contro i salari “in base alla razza”, i ricatti e le angherie nella filiera alimentare

Nella zona di Pinerolo sette euro l'ora ai bianchi (italiani o stranieri non fa differenza) e sei alle persone di colore. Una piaga diffusa in tutta Italia contro la quale si invoca la tracciabilità della filiera alimentare: una "patente del cibo" che copra tutto dalla semina fino al trasporto ai supermercati

Sofia Francioni
1 Settembre 2021
Share on FacebookShare on Twitter

In Piemonte, fra i lunghi filari di alberi da frutta delle campagne di Pinerolo, si viene pagati di più o di meno a seconda del colore della pelle: “Sette euro l’ora se sei un raccoglitore bianco, sei euro se sei un raccoglitore nero”.

Caporalato e razzismo stavolta bussano al cuore del Nord-Italia e lo fanno proponendo dei ‘contratti’ che cambiano i loro termini in base alla provenienza o, nell’immaginario di coloro che li propongono, alla ‘razza’ del lavoratore. A denunciare questo “contratto della vergogna” è la Federazione Lavoratori dell’agroindustria Cgil, che – attraversando in pulmino bianco le campagne piemontesi per ascoltare i raccoglitori – ha raccolto la testimonianza di un lavoratore proveniente dal centro Africa. “Mi pagavano sei euro l’ora perché sono nero. Ai bianchi che lavoravano con me, italiani o stranieri non importa, ne davano sette. Così me ne sono andato”, ha dichiarato il 31 agosto l’uomo ai sindacalisti di Pinerolo, aggiungendo di aver trovato lavoro da un altro produttore, dove, invece “mi trattano bene”.

 

 

Bastonate per un colpo di tosse

 

 

Tra i 12.492 braccianti agricoli extracomunitari che in Piemonte lavorano come raccoglitori o braccianti, si nascondono altre storie di razzismo e di sfruttamento. Come quella recente di un ragazzo nigeriano arrivato in Italia con la speranza di riscattarsi e divenuto alla prima occasione uno schiavo nel braccio del caporalato. “Era stato assunto con un contratto per 20 ore di lavoro settimanali ma ne lavorava il doppio. Il datore di lavoro gli aveva trovato una casa a dieci minuti di bici ma gli scalava l’affitto dalla paga , racconta Teresa Bovino, coordinatrice regionale del progetto ‘sindacato di strada” Flai Cgil. “Cominciava alle 6 e smetteva alle 7 di sera. Quando ha chiesto la busta paga gli è stato risposto che a lui non serviva. Quando qualcuno andava in cascina lui doveva nascondersi e stare zitto. Quando un colpo di tosse ha tradito la sua presenza sono arrivate le bastonate”, conclude.

“Le vittime sono sempre i più deboli – fa osservare Andrea Ferrato, responsabile della Camera del lavoro di Pinerolo, intervistato da La Stampa sulla vicenda – un tempo erano i giovani, gli studenti a raccogliere la frutta, oggi sono tanti migranti che si spostano dal Nord al Sud e viceversa: oggi le mele e fra un poco saranno in Sicilia per le arance”.

 

 

“Così in tutta Italia e non solo nei campi”

 

Il presidente della Lega Braccianti, Aboubakar Soumahoro, sottolinea che non si tratta di un caso isolato: “Non è limitato né al Piemonte, né all’agricoltura”, dichiara. “È l’intera filiera del cibo ad avere un’impostazione razziale. Tutti noi  teniamo al fatto che il cibo sia un fiore all’occhiello di questo Paese, ma il presupposto deve essere avere una dimensione etica della filiera, dal raccolto nei campi alla grande distribuzione, fino ai rider”.

Secondo il presidente, le mancanze più gravi riscontrate fra i braccianti che lavorano in Italia riguardano l’equo compenso, le condizioni abitative dei lavoratori, le dichiarazioni delle giornate effettivamente lavorate e l’assistenza medica.

“Ma la lista potrebbe essere ancora lunga”, prosegue Soumahoro, annunciando che “stiamo aprendo degli sportelli itineranti della Lega Braccianti per alfabetizzare i lavoratori rispetto ai loro diritti socio-sindacali”.

 

“Ci raccontano storie da brividi”

 

 

Soumahoro spiega che si trovano lavoratori “che a fronte di 20 giorni di lavoro effettuati si ritrovano 3 o 4 giornate dichiarate all’Inps. Questo vuol dire che non avranno i requisiti per chiedere la disoccupazione agricola. Eppure, a fronte delle 6 ore e mezza di lavoro pattuite, ne fanno il doppio e con una paga inferiore”. Oltre a un discorso razziale, informa sempre il presidente della Lega Braccianti: “Le donne sono doppiamente discriminate. E se poi un africano cerca una casa, spesso finisce in un tugurio senza acqua potabile, concesso dal datore di lavoro che decurta dalla busta paga l’affitto, come succede in Piemonte a Canelli, sito patrimonio Unesco per il suo vino”.

 

 

“Ministro Patuanelli, indossi gli stivali”

 

 

Per Soumahoro, la soluzione alla piaga del caporalato resta “la patente del cibo”, che contenga una serie di informazioni: dall’impatto ambientale alle condizioni salariali dei lavoratori. “Si deve avere una visione olistica del problema. In Puglia, ad esempio, ci sono quintali di pomodori che marciscono per terra, perché anche i camionisti hanno condizioni di paga misere. Il nostro invito al ministro dell’Agricoltura Patuanelli è di mettersi gli stivali e venire ad ascoltare la miseria dei braccianti e la preoccupazione dei contadini, che vogliono una filiera dignitosa ma si trovano ricattati dalla grande distribuzione organizzata”. Da troppo tempo secondo la Lega Braccianti: “il consumatore viene tenuto all’oscuro dall’abbrutimento, dallo sfruttamento, dall’immiserimento e dall’ingiustizia che accompagna il cibo, ipotecandone la qualità etica, lungo la filiera agricola”.

Per questo l’associazione ha lanciato una petizione su change.org (che da maggio ha già superato le 155mile firme) rivolta al presidente del consiglio Draghi per chiedere: un salario dignitoso indipendentemente dalla provenienza geografica; una regolarizzazione per uscire dall’invisibilità; la possibilità di usufruire di alloggi decorosi e infine un codice etico pubblico per garantire ai consumatori un cibo sano e per tutelare il lavoro dei braccianti e quello dei contadini e agricoltori.

 

 

Potrebbe interessarti anche

La deputata, già ministra per le pari opportunità, Elena Bonetti
Politica

Figli di coppie gay e utero in affitto, la deputata Bonetti: “Tuteliamo i bambini“

20 Marzo 2023
In occasione della Giornata internazionale della Felicità World Happiness Report annuncia la classifica dei Paesi più felici al mondo
Attualità

Giornata mondiale della felicità: amici e famiglia i fattori chiave

20 Marzo 2023
Truvada è il farmaco per la PrEP, profilassi pre-esposizione
Scienze e culture

L’Aifa potrebbe rendere gratuita la PrEP: di che si tratta

21 Marzo 2023

Instagram

  • «Era terribile durante il fascismo essere transessuale. Mi picchiavano e mi facevano fare delle cose schifose. Mi imbrattavano con il catrame e mi hanno rasato. Ho preso le botte dai fascisti perché mi ero atteggiato a donna e per loro questo era inconcepibile».

È morta a quasi 99 anni Lucy Salani, attivista nota come l’unica persona trans italiana sopravvissuta ai campi di concentramento nazisti.

#lucenews #lucysalani #dachau
  • È morta a quasi 99 anni Lucy Salani, attivista nota come l
  • Elaheh Tavakolian, l’iraniana diventata uno dei simboli della lotta nel suo Paese, è arrivata in Italia. Nella puntata del 21 marzo de “Le Iene”, tra i servizi del programma di Italia 1, c’è anche la storia della giovane donna, ferita a un occhio dalla polizia durante le proteste in Iran. Nella puntata andata in onda la scorsa settimana, l’inviata de “Le Iene” aveva incontrato la donna in Turchia, durante la sua fuga disperata dall’Iran, dove ormai era troppo pericoloso vivere. 

“Ho molta paura. Vi prego, qui potrebbero uccidermi” raccontava l’attivista a Roberta Rei. Già in quell’occasione, Elaheh Tavakolian era apparsa con una benda sull’occhio, a causa di una grave ferita causatale da un proiettile sparato dalle forze dell’ordine iraniane durante le manifestazioni a cui ha preso parte dopo la morte di Mahsa Amini.

Elaheh Tavakolian fa parte di quelle centinaia di iraniani che hanno subito gravi ferite agli occhi dopo essere stati colpiti da pallottole, lacrimogeni, proiettili di gomma o altri proiettili usati dalle forze di sicurezza durante le dure repressioni che vanno avanti ormai da oltre sei mesi. La ragazza, che ha conseguito un master in commercio internazionale e ora lavora come contabile, ha usato la sua pagina Instagram per rivelare che le forze di sicurezza della Repubblica islamica stavano deliberatamente prendendo di mira gli occhi dei manifestanti. 

✍ Barbara Berti

#lucenews #lucelanazione #ElahehTavakolian #iran #leiene
  • Ha 19 anni e vorrebbe solo sostenere la Maturità. Eppure alla richiesta della ragazza la scuola dice di no. Nina Rosa Sorrentino è nata con la sindrome di Down, e quel diritto che per tutte le altre studentesse e studenti è inviolabile per lei è invece un’utopia.

Il liceo a indirizzo Scienze Umane di Bologna non le darà la possibilità di diplomarsi con i suoi compagni e compagne, svolgendo le prove che inizieranno il prossimo 21 giugno. La giustificazione – o la scusa ridicola, come quelle denunciate da CoorDown nella giornata mondiale sulla sindrome di Down – dell’istituto per negarle questa possibilità è stata che “per lei sarebbe troppo stressante“.

Così Nina si è ritirata da scuola a meno di tre mesi dalla fine della quinta. Malgrado la sua famiglia, fin dall’inizio del triennio, avesse chiesto agli insegnanti di cambiare il Pei (piano educativo individualizzato) della figlia, passando dal programma differenziato per gli alunni certificati a quello personalizzato per obiettivi minimi o equipollenti, che prevede l’ammissione al vero e proprio esame di Maturità. Ma il liceo Sabin non ha assecondato la loro richiesta.

Francesca e Alessandro Sorrentino avevano trovato una sponda di supporto nel Ceps di Bologna (Centro emiliano problemi sociali per la Trisomia 21), in CoorDown e nei docenti di Scienze della Formazione dell’Alma Mater, che si sono detti tutti disponibili per realizzare un progetto-pilota per la giovane studentessa e la sua classe. Poi, all’inizio di marzo, la doccia fredda: è arrivato il no definitivo da parte del consiglio di classe, preoccupato che per la ragazza la Maturità fosse un obiettivo troppo impegnativo e stressante, tanto da generare “senso di frustrazione“, come ha scritto la dirigente del liceo nella lettera che sancisce l’epilogo di questa storia tutt’altro che inclusiva.

“Il perché è quello che ci tormenta – aggiungono i genitori –. Anche la neuropsichiatra concordava: Nina poteva e voleva provarci a fare l’esame. Non abbiamo mai chiesto le venisse regalato il diploma, ma che le fosse data la possibilità di provarci”.

#lucenews #lucelanazione #disabilityinclusion #giornatamondialedellasindromedidown
In Piemonte, fra i lunghi filari di alberi da frutta delle campagne di Pinerolo, si viene pagati di più o di meno a seconda del colore della pelle: “Sette euro l’ora se sei un raccoglitore bianco, sei euro se sei un raccoglitore nero”. Caporalato e razzismo stavolta bussano al cuore del Nord-Italia e lo fanno proponendo dei ‘contratti’ che cambiano i loro termini in base alla provenienza o, nell’immaginario di coloro che li propongono, alla ‘razza’ del lavoratore. A denunciare questo “contratto della vergogna” è la Federazione Lavoratori dell’agroindustria Cgil, che - attraversando in pulmino bianco le campagne piemontesi per ascoltare i raccoglitori – ha raccolto la testimonianza di un lavoratore proveniente dal centro Africa. “Mi pagavano sei euro l’ora perché sono nero. Ai bianchi che lavoravano con me, italiani o stranieri non importa, ne davano sette. Così me ne sono andato”, ha dichiarato il 31 agosto l’uomo ai sindacalisti di Pinerolo, aggiungendo di aver trovato lavoro da un altro produttore, dove, invece “mi trattano bene”.    

Bastonate per un colpo di tosse

    Tra i 12.492 braccianti agricoli extracomunitari che in Piemonte lavorano come raccoglitori o braccianti, si nascondono altre storie di razzismo e di sfruttamento. Come quella recente di un ragazzo nigeriano arrivato in Italia con la speranza di riscattarsi e divenuto alla prima occasione uno schiavo nel braccio del caporalato. “Era stato assunto con un contratto per 20 ore di lavoro settimanali ma ne lavorava il doppio. Il datore di lavoro gli aveva trovato una casa a dieci minuti di bici ma gli scalava l’affitto dalla paga , racconta Teresa Bovino, coordinatrice regionale del progetto ‘sindacato di strada” Flai Cgil. “Cominciava alle 6 e smetteva alle 7 di sera. Quando ha chiesto la busta paga gli è stato risposto che a lui non serviva. Quando qualcuno andava in cascina lui doveva nascondersi e stare zitto. Quando un colpo di tosse ha tradito la sua presenza sono arrivate le bastonate”, conclude. “Le vittime sono sempre i più deboli – fa osservare Andrea Ferrato, responsabile della Camera del lavoro di Pinerolo, intervistato da La Stampa sulla vicenda – un tempo erano i giovani, gli studenti a raccogliere la frutta, oggi sono tanti migranti che si spostano dal Nord al Sud e viceversa: oggi le mele e fra un poco saranno in Sicilia per le arance”.    

"Così in tutta Italia e non solo nei campi"

  Il presidente della Lega Braccianti, Aboubakar Soumahoro, sottolinea che non si tratta di un caso isolato: “Non è limitato né al Piemonte, né all’agricoltura”, dichiara. “È l’intera filiera del cibo ad avere un’impostazione razziale. Tutti noi  teniamo al fatto che il cibo sia un fiore all’occhiello di questo Paese, ma il presupposto deve essere avere una dimensione etica della filiera, dal raccolto nei campi alla grande distribuzione, fino ai rider”. Secondo il presidente, le mancanze più gravi riscontrate fra i braccianti che lavorano in Italia riguardano l’equo compenso, le condizioni abitative dei lavoratori, le dichiarazioni delle giornate effettivamente lavorate e l’assistenza medica. “Ma la lista potrebbe essere ancora lunga”, prosegue Soumahoro, annunciando che “stiamo aprendo degli sportelli itineranti della Lega Braccianti per alfabetizzare i lavoratori rispetto ai loro diritti socio-sindacali”.  

"Ci raccontano storie da brividi"

    Soumahoro spiega che si trovano lavoratori "che a fronte di 20 giorni di lavoro effettuati si ritrovano 3 o 4 giornate dichiarate all’Inps. Questo vuol dire che non avranno i requisiti per chiedere la disoccupazione agricola. Eppure, a fronte delle 6 ore e mezza di lavoro pattuite, ne fanno il doppio e con una paga inferiore”. Oltre a un discorso razziale, informa sempre il presidente della Lega Braccianti: “Le donne sono doppiamente discriminate. E se poi un africano cerca una casa, spesso finisce in un tugurio senza acqua potabile, concesso dal datore di lavoro che decurta dalla busta paga l’affitto, come succede in Piemonte a Canelli, sito patrimonio Unesco per il suo vino”.    

"Ministro Patuanelli, indossi gli stivali"

    Per Soumahoro, la soluzione alla piaga del caporalato resta “la patente del cibo”, che contenga una serie di informazioni: dall’impatto ambientale alle condizioni salariali dei lavoratori. “Si deve avere una visione olistica del problema. In Puglia, ad esempio, ci sono quintali di pomodori che marciscono per terra, perché anche i camionisti hanno condizioni di paga misere. Il nostro invito al ministro dell’Agricoltura Patuanelli è di mettersi gli stivali e venire ad ascoltare la miseria dei braccianti e la preoccupazione dei contadini, che vogliono una filiera dignitosa ma si trovano ricattati dalla grande distribuzione organizzata”. Da troppo tempo secondo la Lega Braccianti: “il consumatore viene tenuto all’oscuro dall’abbrutimento, dallo sfruttamento, dall’immiserimento e dall’ingiustizia che accompagna il cibo, ipotecandone la qualità etica, lungo la filiera agricola”. Per questo l’associazione ha lanciato una petizione su change.org (che da maggio ha già superato le 155mile firme) rivolta al presidente del consiglio Draghi per chiedere: un salario dignitoso indipendentemente dalla provenienza geografica; una regolarizzazione per uscire dall’invisibilità; la possibilità di usufruire di alloggi decorosi e infine un codice etico pubblico per garantire ai consumatori un cibo sano e per tutelare il lavoro dei braccianti e quello dei contadini e agricoltori.    
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
  • Attualità
  • Politica
  • Economia
  • Sport
  • Lifestyle
  • Scienze e culture
  • Spettacolo
  • Cos’è Luce!
  • Redazione
  • Board
  • Contattaci
  • 8 marzo

Robin Srl
Società soggetta a direzione e coordinamento di Monrif
Dati societariISSNPrivacyImpostazioni privacy

Copyright© 2023 - P.Iva 12741650159

CATEGORIE
  • Contatti
  • Lavora con noi
  • Concorsi
ABBONAMENTI
  • Digitale
  • Cartaceo
  • Offerte promozionali
PUBBLICITÀ
  • Speed ADV
  • Network
  • Annunci
  • Aste E Gare
  • Codici Sconto