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Abuso da social, una ragazza su tre ha pensato al suicidio

Lo psichiatra Paolo Crepet: "Siamo arrivati all'apice degli effetti negativi di un uso smodato: è ora di mettere un argine"

di MAURIZIO COSTANZO -
25 marzo 2023
Secondo gli esperti serve un uso più "responsabile" dei social

Secondo gli esperti serve un uso più "responsabile" dei social

I giovani, si sa, passano molto tempo sui social, rubando spesso tempo allo studio e alla socialità. Tuttavia gli effetti derivanti da un uso irresponsabile potrebbero essere ancora più preoccupanti di quanto si pensasse fino a poco tempo fa. Secondo un rapporto del CRC Usa quasi il 30% delle adolescenti statunitensi ha preso seriamente in considerazione il tentativo di suicidio.

Negli Usa il 30% delle adolescenti ha pensato al suicidio

Nei giorni scorsi il CDC (Centers for Disease Control and Prevention) ha pubblicato un rapporto in cui l'agenza federale del Dipartimento della salute degli Stati Uniti ha evidenziato che quasi tre ragazze adolescenti statunitensi su cinque (57%) si sono sentite costantemente tristi o senza speranza negli ultimi due anni, e quasi una giovane su tre (30%) ha preso seriamente in considerazione il tentativo di suicidio.
Tra i giovani è sempre più diffuso l'uso smodato e incontrollato dei social

Tra i giovani è sempre più diffuso l'uso smodato e incontrollato dei social

E anche in Italia non sono meno allarmanti i dati forniti dall'ospedale pediatrico Bambino Gesù, che ha registrato un aumento del 75% dei tentativi di suicidio trai giovanissimi nel periodo della pandemia. Nonostante le numerose campagne di sensibilizzazione da parte delle istituzioni per incoraggiare gli utenti a utilizzare i social network in modo responsabile e a proteggere la loro privacy nelle loro relazioni online, e benché sia ormai risaputo che la condivisione dei propri dati personali sul web esponga a seri pericoli come furto d'identità, cyberbullismo, e altri fenomeni che fomentano odio e discriminazioni, la maggior parte delle persone, soprattutto i giovani, continuano spensieratamente a sbandierare online selfie e informazioni che li riguardano senza curarsi troppo di proteggere la propria sfera privata.

“I social predicano solitudine, tuteliamo i minori”

Commentando queste preoccupanti tendenze riguardo il possibile collegamento con l'uso dei social media, il noto psichiatra, educatore, saggista e opinionista Paolo Crepet, al Privacy Day Forum ha spiegato: "Siamo arrivati all'apice degli effetti negativi di un uso smodato e incontrollato dei social. Se una ragazzina si fa un selfie e lo posta perché il mondo lo veda, a contare è solo la sua rappresentazione visiva, tutto il resto passa in secondo piano. Il punto è che si è perso il senso del limite. Si sta assecondando il cinismo di certe aziende che fatturano trilioni di dollari sfruttando l'immagine dei nostri figli. È ora di mettere un argine. I social in realtà dovrebbero chiamarsi a-social, visto che predicano assoluta solitudine".

“Alzare a 16 anni l'età minima per accedere ai social”

Sotto il profilo legale, il Gdpr provvede tutele specifiche per i minori, e anche se in Italia l'età minima per accedere ai social è attualmente 14 anni, nelle scorse settimane il Garante per l'infanzia ha sollecitato il governo italiano "a trovare il coraggio di alzare a 16 anni l'età minima per il consenso digitale al trattamento dei dati dei minorenni senza l'intervento dei genitori". Anche se si tratterebbe indubbiamente di un passo avanti, secondo Nicola Bernardi, presidente di Federprivacy, neanche questo innalzamento della soglia d'età potrebbe essere una misura sufficiente per mettere pienamente al riparo i giovani dai rischi che corrono sui social”.
Lo psichiatra Paolo Crepet

Lo psichiatra Paolo Crepet

 Quando la battaglia con i social è impari

"Ovviamente, raggiunto un maggiore di livello di maturità – sottolinea Nicola Bernardi di Federprivacy - l'utente sarà maggiormente in grado di proteggersi, ma in realtà quella con i social network è una battaglia impari, perché essi si avvalgono di potenti mezzi di persuasione, come per esempio i dark pattern, che di fatto ingannano gli utenti invogliandoli a fornire con un semplice click i loro consensi e a prendere decisioni dettate dall'impulso che, se si prendessero il tempo per riflettere, probabilmente non prenderebbero con la stessa facilità. Non a caso i garanti europei di recente hanno pubblicato delle linee guida per aiutare gli utenti a riconoscere questi trabocchetti e ad evitarli. Come fu fatto a suo tempo per le sigarette relativamente ai danni sulla salute che può comportare il fumo, così una soluzione efficace sarebbe che, prima di postare un contenuto sensibile, gli utenti visualizzassero un avviso sui concreti rischi che corrono se decidono di procedere con la pubblicazione". La generalizzata rinuncia alla privacy sui social network da parte della maggior parte degli utenti, ai quali paradossalmente sembra non interessare che si tratta di un diritto fondamentale e una norma di buon senso per chiunque si affacci su internet, sarà al centro del dibattito al prossimo Privacy Day Forum in programma il 25 maggio, con la partecipazione di Paolo Crepet.