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Home » Lifestyle » Adidas, la pubblicità dei seni nudi è stata vietata: “Donne ridotte a parti del corpo”

Adidas, la pubblicità dei seni nudi è stata vietata: “Donne ridotte a parti del corpo”

L'organizzazione che regolamenta il settore pubblicitario del Regno Unito ha bandito la campagna del brand di abbigliamento: "Sessualizza le donne". Il marchio si è difeso: "Il nostro annuncio di reggiseni sportivi celebra la diversità"

Remy Morandi
12 Maggio 2022
adidas pubblicita seni

adidas pubblicita seni

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Quando a febbraio Adidas lanciò la pubblicità con i seni nudi di 20 donne per promuovere una collezione di reggiseni sportivi, gli utenti di Twitter si divisero. Tra chi promuoveva quella campagna, sostenendola come una rivoluzione del marketing verso la body positivity, e tra chi invece la condannava in quanto “utilizza il corpo delle donne solo per fare soldi”, si legge in un commento al post pubblicato da Adidas sui social. Adesso quella pubblicità di reggiseni sportivi è stata vietata nel Regno Unito perché secondo la Advertising Standards Authority (ASA), l’organizzazione che regolamenta il settore pubblicitario, “sessualizza le donne e le riduce a parti del corpo“.

La pubblicità dei reggiseni sportivi di Adidas (Screenshot / Instagram /Adidas)

Nella pubblicità dei reggiseni sportivi di Adidas i reggiseni non ci sono. Si vedono solo i seni di 20 donne, messi a scacchiera uno accanto all’altro. “I seni di tutte le forme e dimensioni meritano supporto e comfort su misura per loro. Ecco perché la nostra nuova gamma di reggiseni sportivi contiene 43 modelli, così tutte possono trovare il reggiseno sportivo giusto per loro. Nello sport, tutte dovrebbero sentirsi libere e ispirate da ciò che il proprio corpo può ottenere”. Così Adidas scriveva su Instagram a corredo della campagna pubblicitaria.

Per questa pubblicità la Advertising Standards Authority ha ricevuto 24 denunce – così riporta Bloomberg – nelle quali si reclamava l’uso gratuito della nudità e si sottolineava il fatto che le donne erano state “sessualizzate” e “ridotte a parti del corpo”. Inoltre, alcuni hanno contestato il fatto che quelle immagini potevano essere viste anche dai bambini.

Adidas Uk ha difeso quella campagna pubblicitaria, sostenendo che le foto avevano lo scopo di “far riflettere e celebrare diverse forme e dimensioni diverse e illustrare la diversità”. La società di abbigliamento sportivo ha poi spiegato che le immagini sono state ritagliate in quel modo per difendere l’identità e la privacy delle modelle che si erano offerte volontarie e sostenevano apertamente quella campagna pubblicitaria.

Twitter ha fatto sapere che il post di Adidas è stato segnalato da alcuni utenti ma che non risultava una violazione dei propri termini di servizio (Screenshot / Twitter / Adidas)

Nel mirino dell’ASA sono finiti anche i vari cartelloni di quella campagna che erano stati affissi in alcune strade del Regno Unito. La Advertising Standards Authority ha segnalato che quei grandi poster potevano essere visti da chiunque, compresi i bambini. Il brand di abbigliamento ha prontamente risposto dicendo che cartelloni e manifesti non erano stati piazzati vicino a scuole o a luoghi religiosi, e dunque non riteneva che la campagna avrebbe potuto causare danni o angoscia ai bambini. Ma l’ASA ha a sua volta risposto dicendo che la rappresentazione di seni nudi, incluso il post pubblicato sui social in cui i seni delle modelle era stati solo leggermente sfocati, “è probabile che venga vista come nudità esplicita“. Ma su questo è intervenuto lo stesso Twitter, che ha sottolineato – riporta ancora Bloomberg – che se è vero che il post era stato segnalato da alcuni utenti è anche vero che per la piattaforma non risultava una violazione dei propri termini di servizio.

Comunque, l’ASA ha stabilito che “gli annunci non devono apparire di nuovo nelle forme denunciate”. “Abbiamo detto ad Adidas Uk – dice l’organizzazione citata dal Guardian – di assicurarsi che in futuro i suoi annunci non rechino offesa e trovino un target appropriato”. Adidas comunque si è detta “orgogliosa” dei propri annunci – fa sapere MarketingWeek – e ha sottolineato: “È importante notare che la sentenza ASA non si riferisce alla creatività in sé e al messaggio” della campagna pubblicitaria.

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Instagram

  • Numerosi attori e musicisti di alto profilo si sono recati in Ucraina da quando è scoppiata la guerra con la Russia nel febbraio 2022. L’ultimo in ordine di tempo è stato l’attore britannico Orlando Bloom, che ieri ha visitato un centro per bambini e ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Kiev.

“Non mi sarei mai aspettato che la guerra si sarebbe intensificata in tutto il Paese da quando sono stato lì”, ha detto Bloom su Instagram, “Ma oggi ho avuto la fortuna di ascoltare le risate dei bambini in un centro del programma Spilno sostenuto dall’Unicef, uno spazio sicuro, caldo e accogliente dove i bambini possono giocare, imparare e ricevere supporto psicosociale”.

Bloom è un ambasciatore di buona volontà per l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef). Il centro di Splino, che è uno dei tanti in Ucraina, offre sostegno ai bambini sfollati e alle loro famiglie, con più di mezzo milione di bambini che ne hanno visitato uno nell’ultimo anno.

La star hollywoodiana ha poi incontrato il presidente Zelensky, con cui ha trattato temi tra cui il ritorno dei bambini ucraini deportati in Russia, la creazione di rifugi antiatomici negli istituti scolastici e il supporto tecnico per l’apprendimento a distanza nelle aree in cui è impossibile studiare offline a causa della guerra. L’attore britannico aveva scritto ieri su Instagram, al suo arrivo a Kiev, che i «bambini in Ucraina hanno bisogno di riavere la loro infanzia».

#lucelanazione #lucenews #zelensky #orlandobloom
  • “La vita che stavo conducendo mi rendeva particolarmente infelice e se all’inizio ero entrata in terapia perché volevo accettare il fatto che mi dovessi nascondere, ho avuto poi un’evoluzione e questo percorso è diventato di accettazione di me stessa."

✨Un sorriso contagioso, la spensieratezza dei vent’anni e la bellezza di chi si piace e non può che riflettere quella luce anche al di fuori. La si potrebbe definire una Mulan nostrana Carlotta Bertotti, 23 anni, una ragazza torinese come tante, salvo che ha qualcosa di speciale. E non stiamo parlano del Nevo di Ota che occupa metà del suo volto. Ecco però spiegato un primo punto di contatto con Mulan: l’Oriente, dove è più diffusa (insieme all’Africa) quell’alterazione di natura benigna della pigmentazione della cute intorno alla zona degli occhi (spesso anche la sclera si presenta scura). Quella che appare come una chiazza grigio-bluastra su un lato del volto (rarissimi i casi bilaterali), colpisce prevalentemente persone di sesso femminile e le etnie asiatiche (1 su 200 persone in Giappone), può essere presente alla nascita o apparire durante la pubertà. E come la principessa Disney “fin da piccola ho sempre sentito la pressione di dover salvare tutto, ma forse in realtà dovevo solo salvare me stessa. Però non mi piace stare troppo alle regole, sono ribelle come lei”.

🗣Cosa diresti a una ragazza che ha una macchia come la tua e ti chiede come riuscire a conviverci?�
“Che sono profondamente fiera della persona che vedo riflessa allo specchio tutto i giorni e sono arrivata a questa fierezza dopo che ho scoperto e ho accettato tutti i miei lati, sia positivi che negativi. È molto autoreferenziale, quindi invece se dovessi dare un consiglio è quello che alla fine della fiera il giudizio altrui è momentaneo e tutto passa. L’unica persona che resta e con cui devi convivere tutta la vita sei tu, quindi le vere battaglie sono quelle con te stessa, quelle che vale la pena combattere”.

L’intervista a cura di Marianna Grazi �✍ 𝘓𝘪𝘯𝘬 𝘪𝘯 𝘣𝘪𝘰

#lucenews #lucelanazione #carlottabertotti #nevodiota
  • La salute mentale al centro del podcast di Alessia Lanza. Come si supera l’ansia sociale? Quanto è difficile fare coming out? Vado dallo psicologo? Come trovo la mia strada? La popolare influencer, una delle creator più note e amate del web con 1,4 milioni di followers su Instagram e 3,9 milioni su TikTok, Alessia Lanza debutta con “Mille Pare”, il suo primo podcast in cui affronta, in dieci puntate, una “para” diversa e cerca di esorcizzare le sue fragilità e, di riflesso, quelle dei suoi coetanei.

“Ho deciso di fare questo podcast per svariati motivi: io sono arrivata fin qui anche grazie alla mia immagine, ma questa volta vorrei che le persone mi ascoltassero e basta. Quando ho cominciato a raccontare le mie fragilità un sacco di persone mi hanno detto ‘Anche io ho quella para lì!’. Perciò dico parliamone, perché in un mondo in cui sembra che dobbiamo farcela da soli, io credo nel potere della condivisione”.

#lucenews #lucelanazione #millepare #alessialanza #podcast
  • Si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali indossando un abito tradizionale Crow, tribù della sua famiglia adottiva in Montana. Eppure Raffaella Milandri è italianissima e ha conseguito il titolo nella storica università Alma Mater di Bologna, lo scorso 17 marzo. 

La scrittrice e giornalista nel 2010 è diventata membro adottivo della famiglia di nativi americani Black Eagle. Da quel momento quella che era una semplice passione per i popoli indigeni si è focalizzata sullo studio degli aborigeni Usa e sulla divulgazione della loro cultura.

Un titolo di studio specifico, quello conseguito dalla Milandri, “Che ho ritenuto oltremodo necessario per coronare la mia attività di studiosa e attivista per i diritti dei Nativi Americani e per i Popoli Indigeni. La prima forma pacifica di attivismo è divulgare la cultura nativa”. L’abito indossato durante cerimonia di laurea appartiene alla tribù della sua famiglia adottiva. Usanza che è stata istituzionalizzata solo dal 2017 in Montana, Stato d’origine del suo popolo, quando è stata approvata una legge (la SB 319) che permette ai nativi e loro familiari di laurearsi con il “tribal regalia“. 

In virtù di questa norma, il Segretario della Crow Nation, Levi Black Eagle, a maggio 2022 ha ricordato la possibilità di indossare l’abito tradizionale Crow in queste occasioni e così Milandri ha chiesto alla famiglia d’adozione se anche lei, in quanto membro acquisito della tribù, avrebbe potuto indossarlo in occasione della sua discussione.

La scrittrice, ricordando il momento della laurea a Bologna, racconta che è stata “Una grandissima emozione e un onore poter rappresentare la Crow Nation e la mia famiglia adottiva. Ho dedicato la mia laurea in primis alle vittime dei collegi indiani, istituti scolastici, perlopiù a gestione cattolica, di stampo assimilazionista. Le stesse vittime per le quali Papa Francesco, lo scorso luglio, si è recato in Canada in viaggio penitenziale a chiedere scusa  Ho molto approfondito questo tema controverso e presto sarà pubblicato un mio studio sull’argomento dalla Mauna Kea Edizioni”.

#lucenews #raffaellamilandri #antropologia
Quando a febbraio Adidas lanciò la pubblicità con i seni nudi di 20 donne per promuovere una collezione di reggiseni sportivi, gli utenti di Twitter si divisero. Tra chi promuoveva quella campagna, sostenendola come una rivoluzione del marketing verso la body positivity, e tra chi invece la condannava in quanto "utilizza il corpo delle donne solo per fare soldi", si legge in un commento al post pubblicato da Adidas sui social. Adesso quella pubblicità di reggiseni sportivi è stata vietata nel Regno Unito perché secondo la Advertising Standards Authority (ASA), l'organizzazione che regolamenta il settore pubblicitario, "sessualizza le donne e le riduce a parti del corpo".
La pubblicità dei reggiseni sportivi di Adidas (Screenshot / Instagram /Adidas)
Nella pubblicità dei reggiseni sportivi di Adidas i reggiseni non ci sono. Si vedono solo i seni di 20 donne, messi a scacchiera uno accanto all'altro. "I seni di tutte le forme e dimensioni meritano supporto e comfort su misura per loro. Ecco perché la nostra nuova gamma di reggiseni sportivi contiene 43 modelli, così tutte possono trovare il reggiseno sportivo giusto per loro. Nello sport, tutte dovrebbero sentirsi libere e ispirate da ciò che il proprio corpo può ottenere". Così Adidas scriveva su Instagram a corredo della campagna pubblicitaria. Per questa pubblicità la Advertising Standards Authority ha ricevuto 24 denunce - così riporta Bloomberg - nelle quali si reclamava l'uso gratuito della nudità e si sottolineava il fatto che le donne erano state "sessualizzate" e "ridotte a parti del corpo". Inoltre, alcuni hanno contestato il fatto che quelle immagini potevano essere viste anche dai bambini. Adidas Uk ha difeso quella campagna pubblicitaria, sostenendo che le foto avevano lo scopo di "far riflettere e celebrare diverse forme e dimensioni diverse e illustrare la diversità". La società di abbigliamento sportivo ha poi spiegato che le immagini sono state ritagliate in quel modo per difendere l'identità e la privacy delle modelle che si erano offerte volontarie e sostenevano apertamente quella campagna pubblicitaria.
Twitter ha fatto sapere che il post di Adidas è stato segnalato da alcuni utenti ma che non risultava una violazione dei propri termini di servizio (Screenshot / Twitter / Adidas)
Nel mirino dell'ASA sono finiti anche i vari cartelloni di quella campagna che erano stati affissi in alcune strade del Regno Unito. La Advertising Standards Authority ha segnalato che quei grandi poster potevano essere visti da chiunque, compresi i bambini. Il brand di abbigliamento ha prontamente risposto dicendo che cartelloni e manifesti non erano stati piazzati vicino a scuole o a luoghi religiosi, e dunque non riteneva che la campagna avrebbe potuto causare danni o angoscia ai bambini. Ma l'ASA ha a sua volta risposto dicendo che la rappresentazione di seni nudi, incluso il post pubblicato sui social in cui i seni delle modelle era stati solo leggermente sfocati, "è probabile che venga vista come nudità esplicita". Ma su questo è intervenuto lo stesso Twitter, che ha sottolineato - riporta ancora Bloomberg - che se è vero che il post era stato segnalato da alcuni utenti è anche vero che per la piattaforma non risultava una violazione dei propri termini di servizio. Comunque, l'ASA ha stabilito che "gli annunci non devono apparire di nuovo nelle forme denunciate". "Abbiamo detto ad Adidas Uk - dice l'organizzazione citata dal Guardian - di assicurarsi che in futuro i suoi annunci non rechino offesa e trovino un target appropriato". Adidas comunque si è detta "orgogliosa" dei propri annunci - fa sapere MarketingWeek - e ha sottolineato: "È importante notare che la sentenza ASA non si riferisce alla creatività in sé e al messaggio" della campagna pubblicitaria.
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