Sostenibilità: è sempre più questa la parola chiave,oggi, nel rapporto tra le aziende produttrici e i consumatori. La dimensione ecologica è diventata dunque, in un lasso di tempo nemmeno tanto lungo se ci pensate, il discrimine tra il successo di un brand e la merce invenduta sugli scaffali, o il servizio non richiesto. Ovviamente parliamo di tendenze e non di numeri assoluti, ma la svolta c'è, ed è più che mai evidente.
L’importanza dell’impronta ecologica nelle scelte dei brand
A testimoniarlo la ricerca “Il Cittadino Consapevole: il valore del trust nelle scelte di consumo sostenibile”, il quarto rapporto – basato su un campione rappresentativo della popolazione – dell’Osservatorio Deloitte sulle tendenze di sostenibilità e innovazione, dal quale emerge che 9 cittadini su 10 vogliono ridurre la propria impronta ecologica, mentre il 78% degli italiani si fida di più dei brand che condividono pubblicamente i propri obiettivi di sostenibilità
Inoltre, nel corso degli ultimi sei mesi, oltre metà degli intervistati ha incluso nel proprio paniere prodotti o servizi sostenibili; il numero pare destinato a raggiungere presto il 75%. Secondo gli esperti si tratta dunque di “un fenomeno strutturale capace di incidere positivamente sulla fidelizzazione del grande pubblico ai brand”.
A incidere maggiormente nella scelta di un prodotto rispetto ad un altro sono ancora le considerazioni di ordine economico, e quindi essenzialmente il prezzo. Ma subito dopo, si afferma oramai quella della sostenibilità: il 40% degli italiani reputa dirimente per riempire il carrello l’impegno ambientale di un’azienda. Mentre per il 71% degli intervistati, la fiducia in una marca si consolida se quest’ultima assume una posizione pubblica affine a quella degli acquirenti stessi rispetto agli obiettivi Esg. E il 51% dei consumatori deciderebbe di fare meno affidamento su aziende che non dimostrino la stessa loro attenzione ai temi della sostenibilità.
Aziende sostenibili: a quali criteri rispondono
Ma come valutano i consumatori l'attitudine più o meno sostenibile delle aziende? Quali sono gli strumenti che usano per definire il proprio giudizio? Innanzitutto l’etichetta, che viene letta dal 60% degli acquirenti. Poi le certificazioni (52%), i canali aziendali ufficiali (32%), o le recensioni dei portali specializzati (32%), le opinioni degli esperti in materia (29%). Infine i media tradizionali (27%).
Il tema della trasparenza assume pertanto un aspetto sempre più importante per le aziende. Una marca che si presenta in modo trasparente, infatti, sarà valutata con maggiore favore e potrà meglio fidelizzare il pubblico dei propri clienti.
Gli effetti della brand reputation
Al contrario, ammantarsi di una facciata che non corrisponde ai fatti, sarebbe esiziale: il 17% dei campionati si riterrebbe pronto a interrompere l’acquisto e la fruizione di prodotti e servizi dall’azienda “incriminata”, un ulteriore 42 limiterebbe gli acquisti futuri di quella marca. E questo senza contare gli effetti sulla brand reputation causati da recensioni e passaparola negativi, class action da parte delle associazioni di categoria, reclami, restituzioni di prodotti ed eventuali rimborsi.
Insomma, per dirla con le parole del rapporto “quando un'azienda adotta misure per essere più sostenibile, non solo sta mitigando i danni all'ecosistema e alla società ma sta anche investendo nella creazione di un rapporto di fiducia con i propri clienti attuali e potenziali. Tale fiducia non è un concetto astratto anzi, le organizzazioni costruiscono e mantengono la relazione con gli stakeholder attraverso azioni eseguite con competenza ed intento. La competenza, da un lato, si riferisce alla capacità dell’azienda di esprimere e mantenere la propria brand promise, l'intento, dall’altro lato, si riferisce alle ragioni dietro le azioni, come la trasparenza . In un’epoca in cui la sostenibilità è un tema su cui i cittadini sono sempre più attenti, azioni concrete volte alla riduzione dell'impatto ambientale sono un requisito fondamentale per il successo di un brand”.
Dove deve intervenire le politica
Per questo servono regole più chiare anche dalla politica. Per Stefano Alfonso, growth leader di Deloitte Central Mediterranean: “Secondo i cittadini italiani, sono tre le principali aree d’intervento su cui il Governo e le istituzioni nazionali dovrebbero agire in primo luogo, attraverso un impianto normativo efficace e aggiornato che tuteli e incentivi scelte d’acquisto consapevoli. In secondo luogo, attraverso una comunicazione più efficace e una maggiore educazione sul tema del greenwashing, nonché sugli strumenti disponibili a tutela. Infine, attraverso una crescente responsabilizzazione delle aziende, fondata sulle tecnologie digitali, rendendo le loro affermazioni sulla sostenibilità non solo verificabili ma anche vincolanti”.
Le aziende, da parte loro “non devono limitarsi alle sole dichiarazioni d’intenti, ma devono integrarla in modo organico nel proprio core business, ripensando la governance, i processi e la relazione con gli stakeholder”