Main Partner
Partner
Luce
  • Attualità
  • Politica
  • Economia
  • Sport
  • Lifestyle
  • Scienze e culture
  • Spettacolo
  • 8 marzo
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
Luce
  • Attualità
  • Politica
  • Economia
  • Sport
  • Lifestyle
  • Scienze e culture
  • Spettacolo
  • 8 marzo
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
Luce

Home » Lifestyle » Cannes, Victoria Bonya protesta per le donne russe discriminate: “La guerra non esisterebbe se gli uomini partorissero”

Cannes, Victoria Bonya protesta per le donne russe discriminate: “La guerra non esisterebbe se gli uomini partorissero”

Dopo la ragazza che si è denudata contro gli stupri in Ucraina e dopo lo striscione contro i femminicidi in Francia, l'influencer russa ha portato al Festival un cartello per difendere le donne russe: "Noi oggi siamo discriminate. Dobbiamo difendere il nostro diritto a non essere disprezzate"

Remy Morandi
23 Maggio 2022
victoria bonya, la protesta al Festival di Cannes per le donne russe discriminate

victoria bonya, la protesta al Festival di Cannes per le donne russe discriminate

Share on FacebookShare on Twitter

I baffi finti, uno smoking nero, e un cartello in mano con scritto: “La guerra non esisterebbe se gli uomini partorissero“. È la protesta che ha portato al Festival di Cannes l’influencer russa Victoria Bonya, divenuta celebre in Italia per aver tagliato e fatto a pezzi le borse di Chanel in seguito allo stop del marchio francese alle vendite in Russia. La nuova protesta dell’influencer, che a giudicare dal cartello sembrerebbe semplicemente una contestazione contro la guerra in Ucraina, è invece un messaggio a difesa delle donne russe: “A nome loro voglio esprimere la mia posizione, ovvero che oggi noi donne russe siamo discriminate“.

Al Festival di Cannes l’influencer Victoria Bonya protesta per le donne russe discriminate: “La guerra non esisterebbe se gli uomini partorissero” (Foto / Instagram / Victoria Bonya)

Victoria Bonya ha raccontato su Instagram i dettagli della sua protesta. L’influencer spiega che avrebbe voluto portare quel cartello sul red carpet della 75esima edizione del Festival di Cannes, ma lo staff della sicurezza l’avrebbe invitata ad andarsene: “Oggi mi è stato chiesto di lasciare il tappeto rosso del Festival di Cannes – scrive l’influencer russa su Instagram -. Dato che sono una cittadina che rispetta le leggi, me ne sono andata”. “Mi è stato detto – prosegue il racconto Victoria Bonya – che se mi fossi presentata in quel modo, la stampa ne avrebbe parlato troppo. Questo è tutto ciò che mi hanno detto”.

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da VICTORIA BONYA (@victoriabonya)

In un video pubblicato su Instagram, l’influencer russa ha spiegato: “A nome delle donne della Russia, voglio esprimere la mia posizione, ovvero voglio dire che noi oggi siamo discriminate. Anche il fatto che non mi sia stato permesso di salire sul tappeto rosso con questo messaggio già dice molto”, riflette Victoria Bonya. “Qui stiamo parlando del fatto – aggiunge l’influencer – che tutto questo porta a pessime conseguenze. E credo che noi dobbiamo difendere i nostri diritti! O per lo meno dobbiamo difendere il diritto a non essere disprezzate“. “La donna stessa è un simbolo di vita, un simbolo di pace e amore. Per favore – conclude Victoria Bonya – pensateci così e non dimenticatevelo”.

Cannes, la protesta contro i femminicidi in Francia

Victoria Bonya non è l’unica ad aver portato al Festival di Cannes 2022 una protesta in difesa delle donne. Se l’influencer ha cercato di difendere le donne russe, vittime secondo lei di discriminazione a causa della guerra in Ucraina, domenica 22 maggio le attiviste del movimento femminista “Les Colleuses” hanno portato sul red carpet una protesta contro i femminicidi in Francia. Sul red carpet le attiviste hanno sfilato con uno striscione con i nomi di 129 donne uccise dai mariti o dai compagni.

Al Festival di Cannes la protesta del movimento femminista “Les Colleuses” contro i femminici in Francia (Foto Ansa)

Con il pugno chiuso e il braccio alzato, con dei fumogeni neri e un lungo striscione bianco, il movimento femminista “Les Colleuses” ha così protestato per tutte quelle donne vittime di femminicidi in Francia. Camille, Léa, Nadine, Alexia, Elise sono solo alcuni dei 129 nomi che le attiviste hanno voluto portare sul red carpet del Festival di Cannes.

La protesta del movimento femminista è avvenuta durante il red carpet per il film in concorso ‘Holy Spider‘ di Ali Abbasi. Il film, non a caso, racconta una parte del movimento femminista francese dando voce alle giovanissime donne che lo animano, armate di lenzuola bianche e vernice nera, impegnate in una protesta che è soprattutto una campagna di azione e di sensibilizzazione contro la violenza domestica, il sessismo e la disuguaglianza di genere in Francia e in tutto il mondo.

Al Festival di Cannes la protesta del movimento femminista “Les Colleuses” contro i femminici in Francia (Foto Ansa)

La protesta del movimento “Les Colleuses” segue quella di venerdì 20 maggio, quando una ragazza si è denudata urlando slogan di protesta contro gli stupri delle donne ucraine ad opera dei soldati russi. L’attivista francese del collettivo SCUM si è introdotta sul red carpet del film di George Miller, ‘Three thousand years of longing’, e, nuda e imbrattata di vernice sul corpo con i colori della bandiera ucraina, la ragazza ha iniziato a gridare “Smettetela di violentarci“, riferendosi alle notizie di stupri e torture perpetrate dalle forze russe in Ucraina.

Potrebbe interessarti anche

Il cast di Lol 3 (Ufficio stampa Prime Video)
Spettacolo

Lol 3, a chi vanno in beneficenza i soldi del premio

19 Marzo 2023
I registi Matteo Botrugno e Daniele Coluccini insieme a Lucy Salani (Instagram)
Attualità

L’addio di Lucy Salani: “Perché, una donna non può chiamarsi Luciano?”

23 Marzo 2023
La Comunicazione Aumentativa Alternativa è ancora poco diffusa nelle scuole italiane
Attualità

Disabilità comunicative, parte “Popy on the Road”

24 Marzo 2023

Instagram

  • "Ora dobbiamo fare di meno, per il futuro".

Torna anche quest’anno l
  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
I baffi finti, uno smoking nero, e un cartello in mano con scritto: "La guerra non esisterebbe se gli uomini partorissero". È la protesta che ha portato al Festival di Cannes l'influencer russa Victoria Bonya, divenuta celebre in Italia per aver tagliato e fatto a pezzi le borse di Chanel in seguito allo stop del marchio francese alle vendite in Russia. La nuova protesta dell'influencer, che a giudicare dal cartello sembrerebbe semplicemente una contestazione contro la guerra in Ucraina, è invece un messaggio a difesa delle donne russe: "A nome loro voglio esprimere la mia posizione, ovvero che oggi noi donne russe siamo discriminate".
Al Festival di Cannes l'influencer Victoria Bonya protesta per le donne russe discriminate: "La guerra non esisterebbe se gli uomini partorissero" (Foto / Instagram / Victoria Bonya)
Victoria Bonya ha raccontato su Instagram i dettagli della sua protesta. L'influencer spiega che avrebbe voluto portare quel cartello sul red carpet della 75esima edizione del Festival di Cannes, ma lo staff della sicurezza l'avrebbe invitata ad andarsene: "Oggi mi è stato chiesto di lasciare il tappeto rosso del Festival di Cannes - scrive l'influencer russa su Instagram -. Dato che sono una cittadina che rispetta le leggi, me ne sono andata". "Mi è stato detto - prosegue il racconto Victoria Bonya - che se mi fossi presentata in quel modo, la stampa ne avrebbe parlato troppo. Questo è tutto ciò che mi hanno detto".
 
Visualizza questo post su Instagram
 

Un post condiviso da VICTORIA BONYA (@victoriabonya)

In un video pubblicato su Instagram, l'influencer russa ha spiegato: "A nome delle donne della Russia, voglio esprimere la mia posizione, ovvero voglio dire che noi oggi siamo discriminate. Anche il fatto che non mi sia stato permesso di salire sul tappeto rosso con questo messaggio già dice molto", riflette Victoria Bonya. "Qui stiamo parlando del fatto - aggiunge l'influencer - che tutto questo porta a pessime conseguenze. E credo che noi dobbiamo difendere i nostri diritti! O per lo meno dobbiamo difendere il diritto a non essere disprezzate". "La donna stessa è un simbolo di vita, un simbolo di pace e amore. Per favore - conclude Victoria Bonya - pensateci così e non dimenticatevelo".

Cannes, la protesta contro i femminicidi in Francia

Victoria Bonya non è l'unica ad aver portato al Festival di Cannes 2022 una protesta in difesa delle donne. Se l'influencer ha cercato di difendere le donne russe, vittime secondo lei di discriminazione a causa della guerra in Ucraina, domenica 22 maggio le attiviste del movimento femminista "Les Colleuses" hanno portato sul red carpet una protesta contro i femminicidi in Francia. Sul red carpet le attiviste hanno sfilato con uno striscione con i nomi di 129 donne uccise dai mariti o dai compagni.
Al Festival di Cannes la protesta del movimento femminista "Les Colleuses" contro i femminici in Francia (Foto Ansa)
Con il pugno chiuso e il braccio alzato, con dei fumogeni neri e un lungo striscione bianco, il movimento femminista "Les Colleuses" ha così protestato per tutte quelle donne vittime di femminicidi in Francia. Camille, Léa, Nadine, Alexia, Elise sono solo alcuni dei 129 nomi che le attiviste hanno voluto portare sul red carpet del Festival di Cannes. La protesta del movimento femminista è avvenuta durante il red carpet per il film in concorso 'Holy Spider' di Ali Abbasi. Il film, non a caso, racconta una parte del movimento femminista francese dando voce alle giovanissime donne che lo animano, armate di lenzuola bianche e vernice nera, impegnate in una protesta che è soprattutto una campagna di azione e di sensibilizzazione contro la violenza domestica, il sessismo e la disuguaglianza di genere in Francia e in tutto il mondo.
Al Festival di Cannes la protesta del movimento femminista "Les Colleuses" contro i femminici in Francia (Foto Ansa)
La protesta del movimento "Les Colleuses" segue quella di venerdì 20 maggio, quando una ragazza si è denudata urlando slogan di protesta contro gli stupri delle donne ucraine ad opera dei soldati russi. L'attivista francese del collettivo SCUM si è introdotta sul red carpet del film di George Miller, 'Three thousand years of longing', e, nuda e imbrattata di vernice sul corpo con i colori della bandiera ucraina, la ragazza ha iniziato a gridare "Smettetela di violentarci", riferendosi alle notizie di stupri e torture perpetrate dalle forze russe in Ucraina.
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
  • Attualità
  • Politica
  • Economia
  • Sport
  • Lifestyle
  • Scienze e culture
  • Spettacolo
  • Cos’è Luce!
  • Redazione
  • Board
  • Contattaci
  • 8 marzo

Robin Srl
Società soggetta a direzione e coordinamento di Monrif
Dati societariISSNPrivacyImpostazioni privacy

Copyright© 2023 - P.Iva 12741650159

CATEGORIE
  • Contatti
  • Lavora con noi
  • Concorsi
ABBONAMENTI
  • Digitale
  • Cartaceo
  • Offerte promozionali
PUBBLICITÀ
  • Speed ADV
  • Network
  • Annunci
  • Aste E Gare
  • Codici Sconto