Giornata mondiale dell'Alzheimer: un podcast come "diario dei ricordi", per conoscere e capire la patologia

In “Remind(h)er”, promosso dalla piattaforma OnePodcast, Federica Marino racconta in otto puntate la storia di una figlia, di suo padre e della malattia che ha cambiato per sempre la loro vita

di CATERINA CECCUTI -
21 settembre 2023
Remind(h)er_2

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Da bambina lei era differente dalle sue compagne di scuola. Amava leggere libri sempre troppo grandi per stare sulle sue ginocchia. Federica Marino seguiva con l'immaginazione le storie narrate e le piaceva raccontarne a sua volta. Al padre, una figura energica e fiera, una volta aveva confessato di sentirsi “diversa”, allora lui le aveva risposto che non doveva preoccuparsi per questo, perché la diversità avrebbe anche potuto rivelarsi un dono. E così è stato, in modi in cui Federica all'epoca non avrebbe mai potuto neanche immaginare. Oggi che è una donna di 35 anni, Federica Marino – campana di origine ma residente a Roma - è speaker e collaboratrice di OnePodcast, ossia la factory di contenuti audio digitali originali, di intrattenimento e informazione, del gruppo GEDI, nata nel 2021 sotto la Direzione Artistica di Linus.

Il podcast: storia di amore e pazienza

Ma, soprattutto, è una figlia che ha voluto raccontare una storia molto particolare, la sua e quella di suo padre. Quell'uomo energico e fiero che da bambina le aveva dato una risposta profetica e che oggi, per colpa di un Alzheimer insorto troppo presto, a 78 anni passa la sua vita disteso su un letto, e ha bisogno di essere assistito h24. Di questa storia, fatta di “amore, pazienza e assenza di giudizio”, Federica parla in maniera sublime nel suo podcast “Remind(h)er” - interamente scritto e interpretato da lei – e disponibile sulla piattaforma OnePodcast. Ho usato l'aggettivo sublime senza esagerare. E ho potuto arrogarmi il diritto di farlo perché, da caregiver quale anche io sono stata per lunghi anni, ho ritrovato nelle sue parole e nella sua voce la descrizione esatta delle emozioni - ancor prima e ancor più di quella dei fatti – che i familiari di una persona affetta da neuro degenerazione si trovano sfortunatamente a provare, a vivere sulla propria pelle. Il consiglio, in questa giornata in cui il mondo dedica iniziative e attenzione all'Alzheimer, è di ascoltarlo almeno una volta, per capire davvero di cosa di sta parlando.

"Mio padre non si ricorda più di sua figlia"

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Oggi è la giornata mondiale dell'Alzheimer

“Mio padre non ricorda il giorno del mio compleanno -sono le parole di Federica -. E nemmeno il giorno della mia laurea. Non sa quale sia il mio colore preferito. Non credo sappia che ne ho uno. Non più. Mio padre non ricorda il mio profumo. Mio padre non si ricorda più di sua figlia. Non si ricorda più di me. E non perché sia un cattivo padre. Anzi. Semplicemente la sua memoria, difettosa, mi ha cancellato. Un pezzetto alla volta, dalla sua mente. Costringendolo a dimenticarsi di me. Ogni giorno. Mio padre è affetto da una malattia neuro degenerativa che lo sta privando dei suoi ricordi. Di tutti i suoi ricordi. Remind(h)er, di Federica Marino, non è solo un podcast ma un promemoria, un alert per chi vive situazioni analoghe e uno sguardo lucido per chi invece ha la fortuna di avere in tasca tutti i ricordi”. Un racconto in otto puntate, un diario di ricordi in cui una figlia racchiude i pensieri che farà domani, quando suo padre ci sarà ancora ma suo malgrado non sarà più presente. Nel corso degli otto episodi si assiste all’involuzione della memoria del padre e all’evoluzione dei tentativi della figlia che si aggrappa ai ricordi nella speranza che la battaglia, per quanto impari, duri il più a lungo possibile.

A tu per tu con Federica Marino

Come nasce l'idea del podcast? “Ho sempre avuto la passione per la lettura e la scrittura, fin da quando ero bambina. Con il crescere la scrittura ha preso la forma di un elemento salvifico, nel quale potevo riversare confessioni intime che altrimenti mi sarebbero implose dentro. Se sul momento metterle nero su bianco era un modo per liberarmi, a posteriori si è trasformato in un motivo di riflessione, che mi ha permesso di acquisire maggior consapevolezza. Ho iniziato a lavorare come speaker radiofonica e con OnePodcast ho scoperto l'universo che gravita intorno ai podcast e alla loro preparazione. È stato un colpo di fulmine per una che, come me, ha l'abitudine di appuntare sempre le cose sui taccuini, sui quaderni, nelle note del cellulare. Ogni pensiero che voglio tirare fuori io lo scrivo. Così ho iniziato ad aver voglia di condividere i miei pensieri relativi alla malattia di mio padre, per aiutare le persone a comprendere che non si è soli nella battaglia, ma anche per spronarle a focalizzare su certe cose che spesso nel quotidiano si danno per scontate. Cose che con il sopraggiungere della malattia necessitano invece di un'attenzione particolare, perché potrebbero non tornare mai più. L'ho fatto anche per donare un promemoria – un “reminder”, appunto – anche a chi non vive situazioni come la mia. Partendo dal ricordo ho iniziato a scrivere, da principio solo per me e per il mio papà, poi pensando che i nostri potessero essere ricordi abitati da tutti. Ogni episodio si chiude con un promemoria particolare, per esempio ce n'è uno che dice: “Esistono battaglie che esigono di essere combattute, ma non vinte”. Sono tante le battaglie quotidiane che in effetti non vinciamo, ma questa non è una buona ragione per non combatterle comunque”. Cosa le ha tolto di più la malattia? “Forse il tempo e la reciprocità. Il tempo perché ho imparato a godere di ogni momento con la consapevolezza, anche gravosa, che potrebbe essere l'ultimo. Perciò ho deciso di approcciare quei momenti come fossero i penultimi. Prima o poi, per esempio, sarebbe arrivata l'ultima volta in cui mio padre mi avrebbe chiamato per nome. E così è stato. Ho passato pomeriggi interi a cercare di ricordare i dettagli dell'ultima volta in cui mi aveva chiamato per nome, ma non sono riuscita a ritrovarli. Allora mi sono sentita in colpa per non aver avuto la lungimiranza di riconoscere quell'attimo e ho vissuto il senso di impotenza. Per reciprocità, invece, intendo la distanza che per colpa della malattia si è venuta a creare nella relazione con il mio papà. Spesso ciò che io sento di donargli in quanto figlia - una carezza, un sentimento, l'empatia - può non essere ricambiato, perché spesso la persona che ho di fronte, benché fisicamente identica a mio padre, di fatto è un'altra. Una persona che mi guarda con minor lucidità e minor consapevolezza rispetto a quello che sta ricevendo in quel momento”.
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Federica Marino: "Avevo il terrore delle ultime volte"

La convivenza con l'Alzheimer del padre

Cosa intende quando dice che ha iniziato ad approcciare le ultime volte, come se invece fossero le penultime? “Avevo il terrore delle ultime volte, della consapevolezza di ciò che - prima o poi - sarebbe dovuto per forza accadere, ma senza sapere esattamente quando. Allora ho provato in qualche modo ad esorcizzare la mia paura affrontando ogni situazione che stavamo condividendo con mio padre come se ce ne potesse essere comunque almeno un'altra, una sorta di preludio all'ultima volta. È stato un modo per tenere in tasca la speranza. Per esempio, io avevo dei piccoli riti con lui che tutt'ora conservo. Le sue risposte sono spesso singhiozzanti e fuori contesto ma io gli faccio comunque e sempre alcune domande specifiche. Poiché viviamo in regioni differenti, cerco di andare da lui più spesso che posso, perché so che il tempo da condividere è la cosa più preziosa che ci resta. Ed ogni volta che, dopo una visita a casa, mi avvio in stazione per partire, gli chiedo “Mi aspetti papà?” E lui mi ha sempre risposto “Sì”, fino al giorno in cui mi è capitato di tornare a Roma senza avere la sua risposta. Ho vissuto la settimana successiva nel dispiacere, ma ho cercato comunque di convincermi che si trattasse di una penultima volta anche in quel caso”. In quali condizioni si trova ora suo padre? “È sempre allettato, ha bisogno di assistenza h24. Le sue reazioni sono sempre più rare e per noi, dunque, sempre più preziose. Ha solo 78 anni, ma è malato da dieci. Inizialmente ha manifestato i sintomi come delle sporadiche dimenticanze e disattenzioni, che però in noi familiari hanno subito attivato un campanello d'allarme. Da quattro anni è disteso nel suo letto. Improvvisamente ha smesso di camminare, è successo al ritorno da una passeggiata con mia madre: si è chinato in avanti lamentando un dolore agli arti e non ha più camminato. I medici commentarono l'accaduto dicendo che in lui è stato tutto molto veloce, considerando l'età. Un altro campanello di allarme riguarda il fatto che mio padre parlava diverse lingue prima di ammalarsi. Dopo l'esordio a volte gli facevamo domande in italiano e lui rispondeva in inglese, perché faceva confusione”.

"Continuate ad alimentare i loro sentimenti"

Se si trovasse di fronte ad una figlia che ha appena ricevuto la diagnosi di Alzheimer sul proprio padre, cosa le direbbe? “Le direi di continuare ad alimentare i suoi sentimenti, anche se ci saranno momenti in cui avrà paura delle sue stesse emozioni, di ciò che suo padre - o comunque la persona cara di cui si prende cura - potrebbe trasmetterle. Poi le direi di conservare l'assenza di giudizio, perché non è mai utile giudicare una persona affetta da Alzheimer, non è questo ciò di cui ha bisogno. Il giudizio deve essere riservato alle persone che si rendono conto delle proprie azioni, non a coloro che invece si sentono fragili e che avvertono la sensazione di potersi rompere. Mio padre era sempre stato fiero, invece si è rotto, e noi familiari pure, di conseguenza. Le direi ancora una cosa: di dimostrare affetto anche fisico, ogni giorno, in qualsiasi momento, dire a suo padre “ti voglio bene”, come loop emotivo e deflagrante. Solo in questo modo la persona che abbiamo di fronte e che sta lentamente affondando, sentirà di non essere sola e di avere sempre qualcosa a cui aggrapparsi. Le mancanze saranno sempre compensate. Dalla pazienza, dal'assenza di giudizio e dall'amore. Perché l'amore sopravvive sempre, persino alle trasformazioni della malattia”.