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Home » Lifestyle » Giulia Lamarca: “In giro per il mondo con i miei amori. Viaggiare in carrozzina? Mille problemi ma mi arrangio”

Giulia Lamarca: “In giro per il mondo con i miei amori. Viaggiare in carrozzina? Mille problemi ma mi arrangio”

È uscito oggi, 9 marzo, "D-Side: il lato diverso delle cose" programma di Rai per il Sociale in esclusiva su RaiPlay condotto dalla travel blogger. Ma scopriamo meglio chi è

Giovanni Bogani
9 Marzo 2022
giulia lamarca

Giulia Lamarca, travel blogger in carrozzina

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Ha trent’anni, un sorriso luminoso e irresistibile, si trova alle Hawaii e sta facendo il giro del mondo. In tempi di Covid, di guerra. E in carrozzina. Perché Giulia Lamarca, undici anni fa, è scivolata da uno scooter. E da allora la sua vita è cambiata. Non può più correre, o giocare a tennis: in compenso, ha deciso di prendere ogni difficoltà come una sfida, quasi come un’occasione. E ha deciso di viaggiare, di vivere, di sorridere. Di sposarsi, di mettere al mondo una bellissima bambina che si chiama Sophie.
Ci sono dodici ore di fuso orario differente, alle Hawaii. La chiamiamo che è, per lei, mattina presto. Ma risponde piena di entusiasmo. “È il primo vero viaggio che facciamo, Andrea – mio marito – ed io, dopo i due anni di Covid. Abbiamo fatto Milano/San Francisco/Hawaii. E non è che l’inizio. Il progetto è il giro del mondo“. Giulia non scherza. In questi anni, il suo profilo Instagram si è riempito di foto da tutti gli angoli del mondo: immagini piene di vita, di sorrisi, di colori.

 

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Un post condiviso da Giulia Lamarca (@_giulia_lamarca)

Giulia, ha voglia di raccontare il giorno che divide la sua vita fra un prima e un dopo?
“Era il 7 ottobre 2011. Ero in scooter dietro a un ragazzo: siamo scivolati, niente di particolarmente strano. Se non che mi sono rotta la schiena, e da allora sono rimasta in carrozzina. Avevo diciannove anni. Non sono andata in coma, sono sempre rimasta vigile, cosciente”.

Giulia Lamarca, ex psicologa, oggi travel blogger in carrozzina

Come ha affrontato la cosa?
“Hai solo due strade davanti a te: o la accetti, o la rifiuti. Io l’ho accettata. Ci sono e ci saranno sempre giorni in cui la cosa ti pesa di più. Ma ho trovato il mio equilibrio, ho trovato la mia serenità e spesso la mia gioia”.

Come andò con il fidanzato di allora?
“Molto male! Non stavamo propriamente insieme, ma dopo l’incidente mi ha lasciata. In fondo è stata la mia fortuna: in ospedale ho conosciuto quello che sarebbe diventato mio marito, Andrea”.

E da allora ha rivoluzionato la sua vita.
“Sì: sono diventata forse più ambiziosa, più esigente. Prima volevo solo diventare una istruttrice di tennis: dopo ho desiderato tantissime cose, mi sono messa a studiare psicologia, sono diventata esigente verso me stessa”.

Come è nata la passione per il viaggio?
“Per gioco. Andrea mi ha detto: quando esci dall’ospedale, andiamo in Australia, così prendi una boccata d’aria. Io per scherzo gli ho detto sì. E poi lo abbiamo fatto davvero”.

Giulia Lamarca con il marito Andrea Decarlini e la piccola Sophie sono partiti per il giro del mondo

E da quel momento…
“Da allora ogni scusa era buona per prendere un volo. Dopo un po’, il blog e i nostri social hanno cominciato ad attirare sempre più gente, e abbiamo trovato il coraggio di abbandonare i rispettivi lavori e di fare del viaggio un lavoro vero e proprio”.

Lei racconta i suoi viaggi in un modo molto originale…
“Sì, non racconto le 5 spiagge più belle o i 10 ristoranti migliori. Racconto le mie emozioni. Ho sempre intuito che alla gente mancasse soprattutto questo, il racconto delle emozioni delle persone”.

Parliamo dei problemi che incontrano le persone con disabilità fisiche nei viaggi…
“Sono mille: molte compagnie aeree sono ancora impreparate, quando fai il biglietto e devi comunicare che sei in carrozzina in molti siti diviene impossibile farlo. In aereo occorre una carrozzina speciale, più sottile: dovrebbero averle tutti gli aeroporti e tutte le compagnie aeree. E naturalmente non è così”.

Le difficoltà per chi viaggia in carrozzina sono ancora molte, ma Giulia ha uno spirito avventuriero ed ha imparato ad adattarsi

Non sono solo gli aerei che creano difficoltà, immagino.
“No. Ma spesso mi arrangio, non mi do per vinta. Se dovessi fare solo le cose ‘accessibili’ sarei arrabbiata e triste tutto il tempo. Se non troviamo un hotel accessibile, prendo una sedia di plastica e faccio la doccia sulla sedia di plastica. Ho scelto di non farmi abbattere da niente”.

Il mondo è lontano da una accessibilità totale.
“Sì. La soluzione per ora è arrangiarsi: se viaggio da sola, io non ho problemi a chiedere aiuto. Non bisogna arrendersi mai. Anche in Italia, ci sono tanti progetti bellissimi, si stanziano molti soldi, ma quando sono andata a controllare i progetti di tante associazioni, in accordo con le amministrazioni comunali, mi sono accorta che in moltissimi casi non era stato fatto niente. Progetti del comune, dello Stato, di singole aziende: vedo siti ‘in aggiornamento’ da anni. Mi prende la rabbia”.

Gli sguardi della gente cambiano?
“L’ho vista, eccome, la differenza fra il prima e il dopo. I primi anni l’ho vissuta male, quegli sguardi che dicono ‘poverina questa qua!’. Invece adesso sono cambiata io. Prima guardavo impaurita, come se fossi in colpa. Adesso sono serena, sorrido di più alla gente e quegli sguardi da ‘poverina’ non ci sono più, o non li vedo più”.

Viaggiare con una disabilità fisica impone anche dei costi diversi?
“Sì. Quello che pesa di più sono gli hotel. Noi non siamo esigenti, non viaggiamo da ricchi: ma per gli hotel l’accessibilità esiste solo da tre stelle in su. È difficile trovare un ‘due stelle’ accessibile. E fare una doccia in modo decente è necessario. Anche in barca, quando si parla di mare, esistono barche ‘accessibili’, ma i costi sono spesso diversi. E allora vado in tutti i tipi di barche, e in qualche modo ci salto su”.

La giovane travel blogger con la figlia Sophie alle Hawaii

La conquista più recente?
“A Bali ho fatto immersioni! Addestrata da un ragazzo che sa come insegnare a fare immersione a una persona come me”.

Sta facendo di tutto…
“Mi sono detta: questa vita è una, e voglio vivermela tutta!”.

Che cosa ama oltre ai viaggi?
“La scrittura. E il cibo. I dolci! E Sophie e Andrea, che mi ha conosciuta così fin dall’inizio, che mi ha amata e continua ad amarmi per quello che sono. Ci sono alti e bassi, come in tutte le coppie, ma c’è amore, c’è la voglia di stare insieme, c’è un futuro che vediamo insieme”.

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  • Sono tre, per il momento, gli istituti superiori che si sono candidati ad accogliere Nina Rosa Sorrentino, la studentessa disabile di 19 anni che non può sostenere la maturità al liceo Sabin di Bologna (indirizzo Scienze umane) e che i genitori hanno per questo motivo ritirato da scuola.

La storia è nota: la studentessa ha cominciato il suo percorso di studi nel liceo di via Matteotti seguendo il programma differenziato. Già al terzo anno i genitori avevano chiesto di passare al programma degli obiettivi minimi che si può concludere con l’Esame di Stato, mentre quello differenziato ha solo la "certificazione delle competenze".

Il Consiglio di classe aveva respinto la richiesta della famiglia, anche perché passare agli obiettivi minimi avrebbe implicato esami integrativi. Da qui la decisione della famiglia, avvenuta giusto una settimana fa, di ritirare Nina da scuola – esattamente un giorno prima che i giorni di frequenza potessero essere tali da farle comunque ottenere la "certificazione delle competenze" – in modo tale che possa provare a sostenere la Maturità in un altro istituto del capoluogo emiliano.

Sulla storia di Nina, ieri, è tornata anche la ministra per la Disabilità, Alessandra Locatelli, che alla Camera ha risposto, durante il question time, a una domanda sulle iniziative volte a garantire l’inclusione sociale e lavorativa delle persone con sindrome di Down presentata dal capogruppo di FdI, Tommaso Foti.

"C’è ancora un po’ di strada da fare se una ragazza con la sindrome di Down non viene ammessa all’esame di maturità – ha detto la ministra –. Se non si è stati in grado di usare tutte le strategie possibili e l’accomodamento ragionevole, come previsto dalla Convenzione Onu per i diritti delle persone disabili che in Italia è legge; se non si è stati in grado di valorizzare i punti di forza dei ragazzi che non chiedono di essere promossi automaticamente ma di avere un’occasione e un’opportunità."

#lucenews #lucelanazione #ninasorentino #disabilityinclusion #bologna
  • “Ho fatto la storia”. Con queste parole Alex Roca Campillo ha postato sul suo account Twitter il video degli ultimi, emozionanti, metri della maratona di Barcellona.

Ed effettivamente un record Alex l’ha scritto: è la prima persona al mondo con una disabilità al 76 per cento a riuscire a percorrere la distanza di 42 km e 195 metri.
Alex ha concluso la sua gara in 5 ore 50 minuti e 51 secondi, ma il cronometro in questa situazione è passato decisamente in secondo piano. “tutto questo è stato possibile grazie alle mia squadra. Grazie a tutti quelli che dal bordo della strada mi hanno spinto fino al traguardo. Non ho parole”.

#lucenews #alexrocacampillo #maratonadibarcellona #barcellona
  • In Uganda dirsi gay potrà costare l’ergastolo. Il Parlamento dell’Uganda ha appena approvato una legge che propone nuove e severe sanzioni per le relazioni tra persone dello stesso sesso. Al termine di una sessione molto movimentata e caotica, la speaker del Parlamento Annet Anita Among, dopo il voto finale ha detto: “È stata approvata a tempo record”. La legge, che passa ora nelle mani del presidente Yoweri Museveni, che potrà scegliere se porre il veto o firmarla, propone nuove e molto dure sanzioni per le relazioni omosessuali in un Paese in cui l’omosessualità è già illegale.

La versione finale non è ancora stata pubblicata ufficialmente, ma gli elementi discussi in Parlamento includono che una persona condannata per adescamento o traffico di bambini allo scopo di coinvolgerli in attività omosessuali, rischia l’ergastolo; individui o istituzioni che sostengono o finanziano attività o organizzazioni per i diritti Lgbt, oppure pubblicano, trasmettono e distribuiscono materiale mediatico e testuale a favore degli omosessuali, rischiano di essere perseguiti e incarcerati. 

“Questa proposta di legge – ha detto Asuman Basalirwa, membro del Parlamento che l’ha presentata – è stata concepita per proteggere la nostra cultura, i valori legali, religiosi e familiari tradizionali degli ugandesi e gli atti che possono promuovere la promiscuità sessuale in questo Paese”. Il parlamentare ha poi aggiunto: “Mira anche a proteggere i nostri bambini e giovani che sono resi vulnerabili agli abusi sessuali attraverso l’omosessualità e gli atti correlati”.

Secondo la legge amici, familiari e membri della comunità avrebbero il dovere di denunciare alle autorità le persone omosessuali. Nello stesso disegno di legge, tra l’altro, si introduce la pena di morte per chi abusa dei bambini o delle persone vulnerabili. 

#lucenews #lucelanazione #uganda #lgbtrights
  • Un’altra pagina di storia del calcio femminile è stata scritta. Non tanto per il risultato della partita ma per il record di spettatori presenti. All’Olimpico di Roma andava in scena il match di andata dei quarti di finale di Champions League tra Roma e Barcellona quando si è stabilito un nuovo record: sono state 39.454 infatti le persone che hanno incoraggiato le ragazze fin dal primo minuto superando il precedente di 39.027 stabilito in Juventus-Fiorentina del 24 marzo 2019.

Era l’andata dei quarti di finale che la Roma ha raggiunto alla sua prima partecipazione alla Champions League, ottenuta grazie al secondo posto nell’ultimo campionato. Il Barcellona, campione di Spagna e d’Europa due anni fa, era favorito e in campo lo ha dimostrato, soprattutto nel primo tempo, riuscendo a vincere 1-0. La squadra di casa è stata tenuta a galla dalle parate di Ceasar, migliore in campo, ma ha provato a impensierire la corazzata spagnola nella ripresa dove più a volte ha sfiorato la rete con le conclusioni di Haavi, Giacinti e Giugliano, il primo “numero 10” a giocare all’Olimpico per la Roma dopo il ritiro di Francesco Totti.

✍ Edoardo Martini

#lucenews #lucelanazione #calciofemminile #championsleague
Ha trent’anni, un sorriso luminoso e irresistibile, si trova alle Hawaii e sta facendo il giro del mondo. In tempi di Covid, di guerra. E in carrozzina. Perché Giulia Lamarca, undici anni fa, è scivolata da uno scooter. E da allora la sua vita è cambiata. Non può più correre, o giocare a tennis: in compenso, ha deciso di prendere ogni difficoltà come una sfida, quasi come un’occasione. E ha deciso di viaggiare, di vivere, di sorridere. Di sposarsi, di mettere al mondo una bellissima bambina che si chiama Sophie. Ci sono dodici ore di fuso orario differente, alle Hawaii. La chiamiamo che è, per lei, mattina presto. Ma risponde piena di entusiasmo. "È il primo vero viaggio che facciamo, Andrea – mio marito – ed io, dopo i due anni di Covid. Abbiamo fatto Milano/San Francisco/Hawaii. E non è che l’inizio. Il progetto è il giro del mondo". Giulia non scherza. In questi anni, il suo profilo Instagram si è riempito di foto da tutti gli angoli del mondo: immagini piene di vita, di sorrisi, di colori.
 
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Un post condiviso da Giulia Lamarca (@_giulia_lamarca)

Giulia, ha voglia di raccontare il giorno che divide la sua vita fra un prima e un dopo? "Era il 7 ottobre 2011. Ero in scooter dietro a un ragazzo: siamo scivolati, niente di particolarmente strano. Se non che mi sono rotta la schiena, e da allora sono rimasta in carrozzina. Avevo diciannove anni. Non sono andata in coma, sono sempre rimasta vigile, cosciente".
Giulia Lamarca, ex psicologa, oggi travel blogger in carrozzina
Come ha affrontato la cosa? "Hai solo due strade davanti a te: o la accetti, o la rifiuti. Io l’ho accettata. Ci sono e ci saranno sempre giorni in cui la cosa ti pesa di più. Ma ho trovato il mio equilibrio, ho trovato la mia serenità e spesso la mia gioia". Come andò con il fidanzato di allora? "Molto male! Non stavamo propriamente insieme, ma dopo l’incidente mi ha lasciata. In fondo è stata la mia fortuna: in ospedale ho conosciuto quello che sarebbe diventato mio marito, Andrea". E da allora ha rivoluzionato la sua vita. "Sì: sono diventata forse più ambiziosa, più esigente. Prima volevo solo diventare una istruttrice di tennis: dopo ho desiderato tantissime cose, mi sono messa a studiare psicologia, sono diventata esigente verso me stessa". Come è nata la passione per il viaggio? "Per gioco. Andrea mi ha detto: quando esci dall’ospedale, andiamo in Australia, così prendi una boccata d’aria. Io per scherzo gli ho detto sì. E poi lo abbiamo fatto davvero".
Giulia Lamarca con il marito Andrea Decarlini e la piccola Sophie sono partiti per il giro del mondo
E da quel momento... "Da allora ogni scusa era buona per prendere un volo. Dopo un po’, il blog e i nostri social hanno cominciato ad attirare sempre più gente, e abbiamo trovato il coraggio di abbandonare i rispettivi lavori e di fare del viaggio un lavoro vero e proprio". Lei racconta i suoi viaggi in un modo molto originale… "Sì, non racconto le 5 spiagge più belle o i 10 ristoranti migliori. Racconto le mie emozioni. Ho sempre intuito che alla gente mancasse soprattutto questo, il racconto delle emozioni delle persone". Parliamo dei problemi che incontrano le persone con disabilità fisiche nei viaggi… "Sono mille: molte compagnie aeree sono ancora impreparate, quando fai il biglietto e devi comunicare che sei in carrozzina in molti siti diviene impossibile farlo. In aereo occorre una carrozzina speciale, più sottile: dovrebbero averle tutti gli aeroporti e tutte le compagnie aeree. E naturalmente non è così".
Le difficoltà per chi viaggia in carrozzina sono ancora molte, ma Giulia ha uno spirito avventuriero ed ha imparato ad adattarsi
Non sono solo gli aerei che creano difficoltà, immagino. "No. Ma spesso mi arrangio, non mi do per vinta. Se dovessi fare solo le cose ‘accessibili’ sarei arrabbiata e triste tutto il tempo. Se non troviamo un hotel accessibile, prendo una sedia di plastica e faccio la doccia sulla sedia di plastica. Ho scelto di non farmi abbattere da niente". Il mondo è lontano da una accessibilità totale. "Sì. La soluzione per ora è arrangiarsi: se viaggio da sola, io non ho problemi a chiedere aiuto. Non bisogna arrendersi mai. Anche in Italia, ci sono tanti progetti bellissimi, si stanziano molti soldi, ma quando sono andata a controllare i progetti di tante associazioni, in accordo con le amministrazioni comunali, mi sono accorta che in moltissimi casi non era stato fatto niente. Progetti del comune, dello Stato, di singole aziende: vedo siti ‘in aggiornamento’ da anni. Mi prende la rabbia". Gli sguardi della gente cambiano? "L’ho vista, eccome, la differenza fra il prima e il dopo. I primi anni l’ho vissuta male, quegli sguardi che dicono ‘poverina questa qua!’. Invece adesso sono cambiata io. Prima guardavo impaurita, come se fossi in colpa. Adesso sono serena, sorrido di più alla gente e quegli sguardi da ‘poverina’ non ci sono più, o non li vedo più". Viaggiare con una disabilità fisica impone anche dei costi diversi? "Sì. Quello che pesa di più sono gli hotel. Noi non siamo esigenti, non viaggiamo da ricchi: ma per gli hotel l’accessibilità esiste solo da tre stelle in su. È difficile trovare un ‘due stelle’ accessibile. E fare una doccia in modo decente è necessario. Anche in barca, quando si parla di mare, esistono barche ‘accessibili’, ma i costi sono spesso diversi. E allora vado in tutti i tipi di barche, e in qualche modo ci salto su".
La giovane travel blogger con la figlia Sophie alle Hawaii
La conquista più recente? "A Bali ho fatto immersioni! Addestrata da un ragazzo che sa come insegnare a fare immersione a una persona come me". Sta facendo di tutto… "Mi sono detta: questa vita è una, e voglio vivermela tutta!". Che cosa ama oltre ai viaggi? "La scrittura. E il cibo. I dolci! E Sophie e Andrea, che mi ha conosciuta così fin dall’inizio, che mi ha amata e continua ad amarmi per quello che sono. Ci sono alti e bassi, come in tutte le coppie, ma c’è amore, c’è la voglia di stare insieme, c’è un futuro che vediamo insieme".
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