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Home » Lifestyle » La lezione di Clizia Incorvaia: “Mamme sentitevi libere, anche di non allattare al seno”

La lezione di Clizia Incorvaia: “Mamme sentitevi libere, anche di non allattare al seno”

La modella e influencer 41enne è stata duramente attaccata sui social dopo aver confidato di aver smesso di dare il latte al piccolo Gabriele dopo due mesi e replica: "L’ignoranza è la più brutta delle bestie"

Letizia Cini
25 Aprile 2022
Clizia Incorvaia (41 anni)in uno scatto tratto dal suo profilo Instagram

Clizia Incorvaia (41 anni)in uno scatto tratto dal suo profilo Instagram

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Ho allattato. Entrambi i miei figli. Il primo finché ha voluto, il secondo fino a un anno e mezzo. Erano i tempi in cui per dare il latte a proprio figlio bisognava nascondersi, mettesi in un angolino, faccia al muro. Il seno… sempre e comunque collegato a qualcosa che ha a che vedere con il sesso. Figuriamoci. Ma la bellezza di quel gesto così naturale, che accomuna ogni mamma-mammifera, la dolcezza di tuo figlio che ti guarda nel profondo degli occhi con tutto l’amore di cui un essere vivente è capace, mi hanno dato la spinta al non privarmi della possibilità di allattare i miei bambini in pubblico, anche in un’epoca in cui molti criticavano. Il gesto, sia chiaro, non l’opportunità di trasmettere nutrimento e anticorpi, con una buona dose di scambievole amore.

Mi si perdoni  quindi la digressione personale, ma da mamma con tanto di attestato dell’ospedalino Meyer  di Firenze come ‘donatrice’ della Banca del latte materno, voglio spezzare una lancia a chi opta per strade diverse. È il caso di una donna dello spettacolo, Clizia Incorvaia, 41 anni che a febbraio, è diventata mamma del piccolo Gabriele, nato dall’amore con Paolo Ciavarro, ‘crocefissa’ dai soliti leoni da tastiere perché non ha scelto obtorto collo di non allattare la propria creatura al seno, tanto da doversi giustificare sui social.

Le giustificazioni di Clizia Incorvaia

Clizia Incorvaia in uno scatto tratto dal suo profilo Instagram
Clizia Incorvaia (41 anni) e il piccolo Gabriele in uno scatto tratto dal suo profilo Instagram

“Ti ho allattato finché ho avuto il latte – scrive su Instagram – … devo dire che se da una parte l’allattamento stabilisce un legame quasi alchemico con il tuo piccolo dall’altra richiede una saldezza di nervi non indifferente, poiché se non dormi tutta la notte, sei esausta e non ti reggi in piedi ( per esempio per chi lavora o ha un altro figlio e non può recuperare le ore perse non è facile)”. E qui arriva la giustificazione: “Il mio corpo si è fermato quando la mia mente era ormai stanca, però scrivo questo post per tutte le donne che decidono di non allattare o non hanno il latte e vivono questa cosa come una sconfitta- prosegue la neomamma – . No ragazze, non è così, voi darete la migliore versione del vostro essere mamma solo se sarete SERENE e al diavolo tutta la pressione sociale che vi dice che mamme dovrete essere. Voi sapete come essere le MIGLIORI MAMME“.

Così Clizia Incorvaia si è sentita in dovere di spiegare perché non può più allattare il piccolo Gabriele. Il suo intento era quello di mandare un messaggio a tutte le madri che vengono giudicate per questo. La modella e influencer ha pubblicato un lungo post su Instagram, nel quale ha spiegato di non riuscire più ad allattare il piccolo Gabriele, perché – dopo due mesi – non aveva più latte.

Clizia Incorvaia (41 anni) e il piccolo Gabriele in uno scatto tratto dal suo profilo Instagram
Clizia Incorvaia (41 anni) e il piccolo Gabriele in uno scatto tratto dal suo profilo Instagram

Quei commenti crudeli

Clizia Incorvaia (41 anni) e il piccolo Gabriele in uno scatto tratto dal suo profilo Instagram
Clizia Incorvaia (41 anni) abbraccia la sua primogenita e il piccolo Gabriele in uno scatto tratto dal suo profilo Instagram

È stata la stessa Incorvaia a condividere nelle storie uno dei commenti poco carini che sono stati pubblicati sotto al post che la ritrae insieme al figlio: “Eh bella mia, facile così…. volete i figli ma volete continuare a fare la bella vita, non è così che funziona. Purtroppo un neonato implica un mare di sacrifici e a volte la mamma non esiste più come donna per un bel po’ di tempo”. Giudizi crudeli che mettono in dubbio l’impegno che Clizia Incorvaia  mette nel crescere Gabriele.

L’ignoranza è una brutta bestia

La neomamma ha però voluto rispondere e così in un’altra storia si rivolge direttamente all’utente: “Io non ho tolto il seno al piccolo, ma il latte è finito e lui piangeva perché non riusciva più ad attaccarsi e a saziarsi bene. Nina l’ho allattata solo con il latte materno fino al settimo mese”. E poi ha aggiunto: “Ma non avrò nessuna medaglia al merito nè la pretendo, ciò significa che sei lo stesso una buon madre. E la bella vita non c’entra nulla con ciò che ho scritto. Ps. L’ignoranza è la più brutta delle bestie”.

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Instagram

  • Addio alle distinzioni di genere all’Università di Pisa. Arrivano i bagni ‘genderless’, adottati per superare le categorizzazioni uomo-donna, che identificano il genere, e che possono far sentire a disagio o discriminato chi non si riconosce in quello assegnatogli dalla società. 

“È un atto di civiltà per dichiarare in modo fermo il nostro essere un’Università aperta, in cui la differenza è una ricchezza e le discriminazioni non hanno diritto alla cittadinanza", dichiara il rettore Paolo Mancarella.

Sono 86 quelli attivi dal 29 giugno in tutta l’Università di Pisa, la prima in Toscana e tra le prime in Italia ad adottare questa misura. 

"Mi auguro che sia solo l’inizio di una serie di cambiamenti e che possa essere di ispirazione per le altre università e scuole”, ha commentato Geremia, studente diventato in poco tempo il simbolo della battaglia per l’ottenimento della carriera alias. 

Di Gabriele Masiero e Ilaria Vallerini ✍

#lucenews #lucelanazione #universitàdipisa #unipi #bagnigenderless #genderless #geremia #genderrightsandequality
  • La decisione della Corte suprema americana di abolire il diritto all’aborto come principio costituzionale ha scatenato una vera e propria ondata di terrore anche al di fuori dei confini Usa. Una scelta che ha immediatamente sancito una sorta di condanna per milioni di donne in America ma che ha fatto indignare anche cittadini e cittadine di altri Paesi, non ultimi quelli italiani.

La sola legge 194 non basta più.

Anche se il numero di interruzioni volontarie di gravidanza in Italia continua a scendere e i tassi di abortività sono tra i più bassi al mondo, a spaventare è l’indagine “Mai Dati!” condotta su oltre 180 strutture dalla professoressa Chiara Lalli e da Sonia Montegiove, informatica e giornalista, pubblicata dall’Associazione Luca Coscioni.

Il quadro che emerge è drammatico: sono 31 (24 ospedali e 7 consultori) le strutture sanitarie nazionali con il 100% di personale sanitario obiettore, tra ginecologi, anestesisti, infermieri e OSS. Quasi 50 quelli con una percentuale superiore al 90% e oltre 80 quelli con un tasso di obiezione superiore all’80%.

A rimetterci, come sempre, sono però le persone, le donne.

L
  • “Quando tutti potranno mostrarsi per quello che sono e che sentono senza subire discriminazioni, allora solo a quel punto potremo dire di aver raggiunto l’uguaglianza“. 

A dichiararlo è Sara Lorusso che in occasione del Pride Month ha tradotto questo pensiero nella sua esposizione fotografica “Our Generation”, curata da Marcella Piccinni, in mostra negli spazi dello Student Hotel di Firenze fino a venerdì 8 luglio. 

“In occasione del Pride Month ho deciso di legare insieme diversi progetti fotografici sull’amore queer e non binary, ma anche sulla libertà di espressione del singolo, che ho realizzato nel corso del tempo. A partire da ‘Love is love’, dove ho immortalato i ritratti di coppie queer. ‘Protect love and lovers’ in cui avevo chiesto a diverse coppie di baciarsi in luoghi pubblici che stessero loro a cuore. E poi ‘Our Generation’ che ritrae persone queer e no-binary libere di esprimersi attraverso l’abbigliamento, gli accessori e il trucco”.

L’intervista completa a cura di Ilaria Vallerini è disponibile sul sito ✨

#lucenews #lucelanazione #saralorusso #ourgeneration #queerlove #pridemonth #proudtobepride #studenthotelfirenze
  • Sono tanti gli esperti e gli attivisti americani che si interrogano se la sentenza della Corte Suprema, che elimina il diritto all’aborto negli Usa, potrà avere impatti anche su altri diritti, compresi quelli alla privacy.

I procuratori possono decidere di indagare su qualsiasi donna che sia stata incinta ma non abbia portato a termine la gravidanza, anche in caso di aborti spontanei.

“La differenza tra ora e l’ultima volta che l’aborto è stato illegale negli Stati Uniti è che viviamo in un’era di sorveglianza digitale senza precedenti”.

A dirlo è la direttrice per la sicurezza informatica della Electronic Frontier Foundation Eva Galperin.

Il caso più eclatante è stato quello di Latice Fisher, la donna del Mississippi che nel 2017 era stata accusata di omicidio di secondo grado dopo aver partorito un bambino nato morto nel terzo trimestre perché, nelle settimane precedenti, aveva cercato online informazioni sulle pillole abortive. Non esisteva nessun’altra prova che Fisher avesse comprato le pillole, ma il caso è comunque durato fino al 2020, quando era stato archiviato.

Le autorità possono decidere di chiedere direttamente alle aziende di fornire i dati in loro possesso relativi a specifici utenti. Non si tratta soltanto di Google, Facebook, Instagram, TikTok o Amazon: a raccogliere dati che possono essere potenzialmente incriminanti sono anche i servizi di telefonia mobile, i provider di servizi Internet e qualsiasi app abbia accesso ai dati sulla posizione. Di solito queste informazioni vengono raccolte a fini pubblicitari, ma possono anche essere acquistate da privati o da forze dell’ordine.

Proprio per questo motivo negli ultimi giorni molte donne americane hanno cancellato le applicazioni per il monitoraggio delle mestruazioni dai loro cellulari, che secondo le stime vengono usate da un terzo delle donne statunitensi, nel timore che i dati raccolti sul proprio ciclo mestruale, o altri dettagli legati alla salute riproduttiva, dalle applicazioni possano essere usati contro di loro in future cause penali negli Stati in cui l’aborto è diventato illegale.

Di Edoardo Martini ✍

#lucenews #lucelanazione #dirittoallaborto #dirittoallaprivacy #usa #roevwade
Ho allattato. Entrambi i miei figli. Il primo finché ha voluto, il secondo fino a un anno e mezzo. Erano i tempi in cui per dare il latte a proprio figlio bisognava nascondersi, mettesi in un angolino, faccia al muro. Il seno... sempre e comunque collegato a qualcosa che ha a che vedere con il sesso. Figuriamoci. Ma la bellezza di quel gesto così naturale, che accomuna ogni mamma-mammifera, la dolcezza di tuo figlio che ti guarda nel profondo degli occhi con tutto l’amore di cui un essere vivente è capace, mi hanno dato la spinta al non privarmi della possibilità di allattare i miei bambini in pubblico, anche in un’epoca in cui molti criticavano. Il gesto, sia chiaro, non l’opportunità di trasmettere nutrimento e anticorpi, con una buona dose di scambievole amore. Mi si perdoni  quindi la digressione personale, ma da mamma con tanto di attestato dell’ospedalino Meyer  di Firenze come 'donatrice’ della Banca del latte materno, voglio spezzare una lancia a chi opta per strade diverse. È il caso di una donna dello spettacolo, Clizia Incorvaia, 41 anni che a febbraio, è diventata mamma del piccolo Gabriele, nato dall’amore con Paolo Ciavarro, 'crocefissa’ dai soliti leoni da tastiere perché non ha scelto obtorto collo di non allattare la propria creatura al seno, tanto da doversi giustificare sui social.

Le giustificazioni di Clizia Incorvaia

Clizia Incorvaia in uno scatto tratto dal suo profilo Instagram
Clizia Incorvaia (41 anni) e il piccolo Gabriele in uno scatto tratto dal suo profilo Instagram
“Ti ho allattato finché ho avuto il latte - scrive su Instagram - … devo dire che se da una parte l’allattamento stabilisce un legame quasi alchemico con il tuo piccolo dall’altra richiede una saldezza di nervi non indifferente, poiché se non dormi tutta la notte, sei esausta e non ti reggi in piedi ( per esempio per chi lavora o ha un altro figlio e non può recuperare le ore perse non è facile)". E qui arriva la giustificazione: “Il mio corpo si è fermato quando la mia mente era ormai stanca, però scrivo questo post per tutte le donne che decidono di non allattare o non hanno il latte e vivono questa cosa come una sconfitta- prosegue la neomamma - . No ragazze, non è così, voi darete la migliore versione del vostro essere mamma solo se sarete SERENE e al diavolo tutta la pressione sociale che vi dice che mamme dovrete essere. Voi sapete come essere le MIGLIORI MAMME“. Così Clizia Incorvaia si è sentita in dovere di spiegare perché non può più allattare il piccolo Gabriele. Il suo intento era quello di mandare un messaggio a tutte le madri che vengono giudicate per questo. La modella e influencer ha pubblicato un lungo post su Instagram, nel quale ha spiegato di non riuscire più ad allattare il piccolo Gabriele, perché - dopo due mesi - non aveva più latte.
Clizia Incorvaia (41 anni) e il piccolo Gabriele in uno scatto tratto dal suo profilo Instagram
Clizia Incorvaia (41 anni) e il piccolo Gabriele in uno scatto tratto dal suo profilo Instagram

Quei commenti crudeli

Clizia Incorvaia (41 anni) e il piccolo Gabriele in uno scatto tratto dal suo profilo Instagram
Clizia Incorvaia (41 anni) abbraccia la sua primogenita e il piccolo Gabriele in uno scatto tratto dal suo profilo Instagram
È stata la stessa Incorvaia a condividere nelle storie uno dei commenti poco carini che sono stati pubblicati sotto al post che la ritrae insieme al figlio: “Eh bella mia, facile così.... volete i figli ma volete continuare a fare la bella vita, non è così che funziona. Purtroppo un neonato implica un mare di sacrifici e a volte la mamma non esiste più come donna per un bel po’ di tempo”. Giudizi crudeli che mettono in dubbio l’impegno che Clizia Incorvaia  mette nel crescere Gabriele.

L'ignoranza è una brutta bestia

La neomamma ha però voluto rispondere e così in un’altra storia si rivolge direttamente all’utente: “Io non ho tolto il seno al piccolo, ma il latte è finito e lui piangeva perché non riusciva più ad attaccarsi e a saziarsi bene. Nina l’ho allattata solo con il latte materno fino al settimo mese”. E poi ha aggiunto: “Ma non avrò nessuna medaglia al merito nè la pretendo, ciò significa che sei lo stesso una buon madre. E la bella vita non c’entra nulla con ciò che ho scritto. Ps. L’ignoranza è la più brutta delle bestie”.
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