Main Partner
Partner
Luce
  • Attualità
  • Politica
  • Economia
  • Sport
  • Lifestyle
  • Scienze e culture
  • Spettacolo
  • 8 marzo
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
Luce
  • Attualità
  • Politica
  • Economia
  • Sport
  • Lifestyle
  • Scienze e culture
  • Spettacolo
  • 8 marzo
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
Luce

Home » Lifestyle » Laura Aguilar: “Nei miei scatti ci sono le realtà che la società ha sempre cercato di nascondere”

Laura Aguilar: “Nei miei scatti ci sono le realtà che la società ha sempre cercato di nascondere”

La fotografa, scomparsa 3 anni fa, ha voluto immortalare nei sui scatti le donne latino americane, lesbiche, qeer, sovrappeso, di colore. Una sottocultura nascosta dalla società ma fiera della propria identità

Camilla Prato
26 Maggio 2021
Share on FacebookShare on Twitter

“La mia fotografia mi ha sempre dato la possibilità di aprirmi ed osservare il mondo attorno a me. E, cosa più importante, la fotografia mi fa guardare internamente“. Laura Aguilar aveva dedicato queste semplici ma potenti parole alla sua passione di una vita, la fotografia.

Artista Chicana nata a Los Angeles (1959-2018), si è da sempre dedicata agli autoritratti, tramite i quali ha raccontato l’identità intersezionale di donna queer e chicana in America, la sua obesità e la depressione dalla quale era affetta. Le circostanze della vita di Aguilar sembrano riflettersi nella sua arte.

Nei suoi ritratti ha spesso immortalato membri di gruppi sociali di solito invisibili nelle correnti della cultura ufficiale: lesbiche di origine sudamericana, coppie afroamericane, persone obese. Nel suo lavoro con i soggetti ha sempre cercato la collaborazione fra fotografo e modello, in modo da annullare la differenza di “potere” fra chi è dietro l’obiettivo e chi davanti, secondo la tradizione del documentario sociale. Quello che lei cercava di trasmettere è che il corpo rifiuta di sottostare ai canoni di bellezza ufficiali. Per dimostrarlo ha scelto di fotografare corpi nudi, con le loro imperfezioni, con la loro autenticità, in un ambiente naturale. Non solo una donna può essere fuori dai canoni, ma li può anche rifiutare mantenendo la propria identità femminile.

Di sé stessa ha detto: “Sono prevalentemente autodidatta. Per me la fotografia è sempre stato un modo per aprirmi e osservare il mondo attorno a me. Ho imparato molto su me stessa soprattutto attraverso la serie Latina Lesbians. Si tratta di un progetto che ho intrapreso a partire dall’agosto 1986. Cominciai la serie quando mi fu chiesto di realizzare un’opera che mostrasse una immagine positiva delle lesbiche di origine latinoamericana per una conferenza sulle malattie mentali relative alle comunità latine”.

“Ciò che sto cercando di fare è di fornire una migliore comprensione di cosa significa essere una latinoamericana e una lesbica, mostrando immagini che ci permettono di avere l’opportunità di condividerci apertamente, e di fornire dei modelli che spezzino gli stereotipi negativi ed aiutino a sviluppare migliori legami di comprensione. Spero inoltre che queste opere forniscano l’opportunità di esplorare noi stessi e gli altri, e di esprimere la nostra bellezza, forza e dignità. All’interno della comunità gay e lesbica di Los Angeles, le persone di colore costituiscono un’ulteriore sottocultura; siamo presenti, ma rimaniamo non viste”.

“Ho deciso di aggiungere il linguaggio; era l’unico modo in cui mi vedevo in grado di dire qualcosa sull’essere latinoamericana o lesbica, e funziona. Comunque, aggiungere il linguaggio mi rende il processo più difficile. Sono dislessica, quindi leggere, scrivere e comprendere è molto frustrante. Gran parte delle donne usa la scrittura a mano, che è ancora più difficile da comprendere. È stata una specie di sfida, ma quando vedo che la serie funziona ne traggo molta soddisfazione.

Il mio scopo artistico è di creare immagini fotografiche che rendano l’esperienza umana in modo compassionevole, rivelata attraverso le vite di persone che rimangono ai margini. Il mio lavoro è una collaborazione tra i modelli e me stessa, intesa per essere vista da un pubblico transculturale. Spero che gli elementi universali del lavoro possano essere riconosciuti da altre comunità di individui, e possano introdurre l’osservatore ad una nuova consapvolezza delle persone gay, lesbiche e di colore”.

Ha affrontato, insomma, il tema del body shaming, il senso di vergogna e disprezzo verso il proprio corpo, il razzismo e la rappresentazione della carne, della nudità, in un atto politico che reclama soggettività ed umanità.
In poche parole, la Alguilar ci ha voluti far capire come l’obbiettivo diventi un mezzo di denuncia e di lotta per sfidare le norme sociali. La fotografia diventa un medium per abbattere ciò che le norme producono sulle soggettività non conformi. Sfida l’invisibilità di corpi non conformi e l’ipervisibilità di tali corpi attraverso forme di violenza, discriminazione ed oggettivizzazione. Ha cercato di trasmettere gli effetti traumatici che tutte queste norme e fenomeni producono sulla sua psiche e milioni di persone con le sue stesse caratteristiche.

Potrebbe interessarti anche

Luca Trapanese con la piccola Alba
Politica

Luca Trapanese sul caso di Nina: “Non possiamo alzare un muro di carte”

22 Marzo 2023
Secondo gli esperti serve un uso più "responsabile" dei social
Lifestyle

Abuso da social, una ragazza su tre ha pensato al suicidio

25 Marzo 2023
Wolfgang Porsche, 79 anni, chiede il divorzio alla moglie Claudia Huebner, 74 anni (a sx) e si avvicina all'amica storica Gabriela Prinzessin zu Leiningen, 59 anni (a dx)
Attualità

Porsche chiede il divorzio alla moglie: lei soffre di demenza

23 Marzo 2023

Instagram

  • Numerosi attori e musicisti di alto profilo si sono recati in Ucraina da quando è scoppiata la guerra con la Russia nel febbraio 2022. L’ultimo in ordine di tempo è stato l’attore britannico Orlando Bloom, che ieri ha visitato un centro per bambini e ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Kiev.

“Non mi sarei mai aspettato che la guerra si sarebbe intensificata in tutto il Paese da quando sono stato lì”, ha detto Bloom su Instagram, “Ma oggi ho avuto la fortuna di ascoltare le risate dei bambini in un centro del programma Spilno sostenuto dall’Unicef, uno spazio sicuro, caldo e accogliente dove i bambini possono giocare, imparare e ricevere supporto psicosociale”.

Bloom è un ambasciatore di buona volontà per l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef). Il centro di Splino, che è uno dei tanti in Ucraina, offre sostegno ai bambini sfollati e alle loro famiglie, con più di mezzo milione di bambini che ne hanno visitato uno nell’ultimo anno.

La star hollywoodiana ha poi incontrato il presidente Zelensky, con cui ha trattato temi tra cui il ritorno dei bambini ucraini deportati in Russia, la creazione di rifugi antiatomici negli istituti scolastici e il supporto tecnico per l’apprendimento a distanza nelle aree in cui è impossibile studiare offline a causa della guerra. L’attore britannico aveva scritto ieri su Instagram, al suo arrivo a Kiev, che i «bambini in Ucraina hanno bisogno di riavere la loro infanzia».

#lucelanazione #lucenews #zelensky #orlandobloom
  • “La vita che stavo conducendo mi rendeva particolarmente infelice e se all’inizio ero entrata in terapia perché volevo accettare il fatto che mi dovessi nascondere, ho avuto poi un’evoluzione e questo percorso è diventato di accettazione di me stessa."

✨Un sorriso contagioso, la spensieratezza dei vent’anni e la bellezza di chi si piace e non può che riflettere quella luce anche al di fuori. La si potrebbe definire una Mulan nostrana Carlotta Bertotti, 23 anni, una ragazza torinese come tante, salvo che ha qualcosa di speciale. E non stiamo parlano del Nevo di Ota che occupa metà del suo volto. Ecco però spiegato un primo punto di contatto con Mulan: l’Oriente, dove è più diffusa (insieme all’Africa) quell’alterazione di natura benigna della pigmentazione della cute intorno alla zona degli occhi (spesso anche la sclera si presenta scura). Quella che appare come una chiazza grigio-bluastra su un lato del volto (rarissimi i casi bilaterali), colpisce prevalentemente persone di sesso femminile e le etnie asiatiche (1 su 200 persone in Giappone), può essere presente alla nascita o apparire durante la pubertà. E come la principessa Disney “fin da piccola ho sempre sentito la pressione di dover salvare tutto, ma forse in realtà dovevo solo salvare me stessa. Però non mi piace stare troppo alle regole, sono ribelle come lei”.

🗣Cosa diresti a una ragazza che ha una macchia come la tua e ti chiede come riuscire a conviverci?�
“Che sono profondamente fiera della persona che vedo riflessa allo specchio tutto i giorni e sono arrivata a questa fierezza dopo che ho scoperto e ho accettato tutti i miei lati, sia positivi che negativi. È molto autoreferenziale, quindi invece se dovessi dare un consiglio è quello che alla fine della fiera il giudizio altrui è momentaneo e tutto passa. L’unica persona che resta e con cui devi convivere tutta la vita sei tu, quindi le vere battaglie sono quelle con te stessa, quelle che vale la pena combattere”.

L’intervista a cura di Marianna Grazi �✍ 𝘓𝘪𝘯𝘬 𝘪𝘯 𝘣𝘪𝘰

#lucenews #lucelanazione #carlottabertotti #nevodiota
  • La salute mentale al centro del podcast di Alessia Lanza. Come si supera l’ansia sociale? Quanto è difficile fare coming out? Vado dallo psicologo? Come trovo la mia strada? La popolare influencer, una delle creator più note e amate del web con 1,4 milioni di followers su Instagram e 3,9 milioni su TikTok, Alessia Lanza debutta con “Mille Pare”, il suo primo podcast in cui affronta, in dieci puntate, una “para” diversa e cerca di esorcizzare le sue fragilità e, di riflesso, quelle dei suoi coetanei.

“Ho deciso di fare questo podcast per svariati motivi: io sono arrivata fin qui anche grazie alla mia immagine, ma questa volta vorrei che le persone mi ascoltassero e basta. Quando ho cominciato a raccontare le mie fragilità un sacco di persone mi hanno detto ‘Anche io ho quella para lì!’. Perciò dico parliamone, perché in un mondo in cui sembra che dobbiamo farcela da soli, io credo nel potere della condivisione”.

#lucenews #lucelanazione #millepare #alessialanza #podcast
  • Si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali indossando un abito tradizionale Crow, tribù della sua famiglia adottiva in Montana. Eppure Raffaella Milandri è italianissima e ha conseguito il titolo nella storica università Alma Mater di Bologna, lo scorso 17 marzo. 

La scrittrice e giornalista nel 2010 è diventata membro adottivo della famiglia di nativi americani Black Eagle. Da quel momento quella che era una semplice passione per i popoli indigeni si è focalizzata sullo studio degli aborigeni Usa e sulla divulgazione della loro cultura.

Un titolo di studio specifico, quello conseguito dalla Milandri, “Che ho ritenuto oltremodo necessario per coronare la mia attività di studiosa e attivista per i diritti dei Nativi Americani e per i Popoli Indigeni. La prima forma pacifica di attivismo è divulgare la cultura nativa”. L’abito indossato durante cerimonia di laurea appartiene alla tribù della sua famiglia adottiva. Usanza che è stata istituzionalizzata solo dal 2017 in Montana, Stato d’origine del suo popolo, quando è stata approvata una legge (la SB 319) che permette ai nativi e loro familiari di laurearsi con il “tribal regalia“. 

In virtù di questa norma, il Segretario della Crow Nation, Levi Black Eagle, a maggio 2022 ha ricordato la possibilità di indossare l’abito tradizionale Crow in queste occasioni e così Milandri ha chiesto alla famiglia d’adozione se anche lei, in quanto membro acquisito della tribù, avrebbe potuto indossarlo in occasione della sua discussione.

La scrittrice, ricordando il momento della laurea a Bologna, racconta che è stata “Una grandissima emozione e un onore poter rappresentare la Crow Nation e la mia famiglia adottiva. Ho dedicato la mia laurea in primis alle vittime dei collegi indiani, istituti scolastici, perlopiù a gestione cattolica, di stampo assimilazionista. Le stesse vittime per le quali Papa Francesco, lo scorso luglio, si è recato in Canada in viaggio penitenziale a chiedere scusa  Ho molto approfondito questo tema controverso e presto sarà pubblicato un mio studio sull’argomento dalla Mauna Kea Edizioni”.

#lucenews #raffaellamilandri #antropologia
"La mia fotografia mi ha sempre dato la possibilità di aprirmi ed osservare il mondo attorno a me. E, cosa più importante, la fotografia mi fa guardare internamente". Laura Aguilar aveva dedicato queste semplici ma potenti parole alla sua passione di una vita, la fotografia. Artista Chicana nata a Los Angeles (1959-2018), si è da sempre dedicata agli autoritratti, tramite i quali ha raccontato l'identità intersezionale di donna queer e chicana in America, la sua obesità e la depressione dalla quale era affetta. Le circostanze della vita di Aguilar sembrano riflettersi nella sua arte. Nei suoi ritratti ha spesso immortalato membri di gruppi sociali di solito invisibili nelle correnti della cultura ufficiale: lesbiche di origine sudamericana, coppie afroamericane, persone obese. Nel suo lavoro con i soggetti ha sempre cercato la collaborazione fra fotografo e modello, in modo da annullare la differenza di "potere" fra chi è dietro l'obiettivo e chi davanti, secondo la tradizione del documentario sociale. Quello che lei cercava di trasmettere è che il corpo rifiuta di sottostare ai canoni di bellezza ufficiali. Per dimostrarlo ha scelto di fotografare corpi nudi, con le loro imperfezioni, con la loro autenticità, in un ambiente naturale. Non solo una donna può essere fuori dai canoni, ma li può anche rifiutare mantenendo la propria identità femminile. Di sé stessa ha detto: "Sono prevalentemente autodidatta. Per me la fotografia è sempre stato un modo per aprirmi e osservare il mondo attorno a me. Ho imparato molto su me stessa soprattutto attraverso la serie Latina Lesbians. Si tratta di un progetto che ho intrapreso a partire dall'agosto 1986. Cominciai la serie quando mi fu chiesto di realizzare un'opera che mostrasse una immagine positiva delle lesbiche di origine latinoamericana per una conferenza sulle malattie mentali relative alle comunità latine". "Ciò che sto cercando di fare è di fornire una migliore comprensione di cosa significa essere una latinoamericana e una lesbica, mostrando immagini che ci permettono di avere l'opportunità di condividerci apertamente, e di fornire dei modelli che spezzino gli stereotipi negativi ed aiutino a sviluppare migliori legami di comprensione. Spero inoltre che queste opere forniscano l'opportunità di esplorare noi stessi e gli altri, e di esprimere la nostra bellezza, forza e dignità. All'interno della comunità gay e lesbica di Los Angeles, le persone di colore costituiscono un'ulteriore sottocultura; siamo presenti, ma rimaniamo non viste". "Ho deciso di aggiungere il linguaggio; era l'unico modo in cui mi vedevo in grado di dire qualcosa sull'essere latinoamericana o lesbica, e funziona. Comunque, aggiungere il linguaggio mi rende il processo più difficile. Sono dislessica, quindi leggere, scrivere e comprendere è molto frustrante. Gran parte delle donne usa la scrittura a mano, che è ancora più difficile da comprendere. È stata una specie di sfida, ma quando vedo che la serie funziona ne traggo molta soddisfazione. Il mio scopo artistico è di creare immagini fotografiche che rendano l'esperienza umana in modo compassionevole, rivelata attraverso le vite di persone che rimangono ai margini. Il mio lavoro è una collaborazione tra i modelli e me stessa, intesa per essere vista da un pubblico transculturale. Spero che gli elementi universali del lavoro possano essere riconosciuti da altre comunità di individui, e possano introdurre l'osservatore ad una nuova consapvolezza delle persone gay, lesbiche e di colore". Ha affrontato, insomma, il tema del body shaming, il senso di vergogna e disprezzo verso il proprio corpo, il razzismo e la rappresentazione della carne, della nudità, in un atto politico che reclama soggettività ed umanità. In poche parole, la Alguilar ci ha voluti far capire come l'obbiettivo diventi un mezzo di denuncia e di lotta per sfidare le norme sociali. La fotografia diventa un medium per abbattere ciò che le norme producono sulle soggettività non conformi. Sfida l'invisibilità di corpi non conformi e l'ipervisibilità di tali corpi attraverso forme di violenza, discriminazione ed oggettivizzazione. Ha cercato di trasmettere gli effetti traumatici che tutte queste norme e fenomeni producono sulla sua psiche e milioni di persone con le sue stesse caratteristiche.
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
  • Attualità
  • Politica
  • Economia
  • Sport
  • Lifestyle
  • Scienze e culture
  • Spettacolo
  • Cos’è Luce!
  • Redazione
  • Board
  • Contattaci
  • 8 marzo

Robin Srl
Società soggetta a direzione e coordinamento di Monrif
Dati societariISSNPrivacyImpostazioni privacy

Copyright© 2023 - P.Iva 12741650159

CATEGORIE
  • Contatti
  • Lavora con noi
  • Concorsi
ABBONAMENTI
  • Digitale
  • Cartaceo
  • Offerte promozionali
PUBBLICITÀ
  • Speed ADV
  • Network
  • Annunci
  • Aste E Gare
  • Codici Sconto