Una fotografia della salute psicosociale delle madri lavorarci in Italia. La ricerca ‘Come stanno le working mom in Italia?’ promossa da Me First – start up fiorentina composta da un team di psicologi e psicoterapeuti, ideata da Cristina Di Loreto e dedicata ai bisogni delle mamme – in collaborazione con LabCom, spin-off accademico dell’Università di Firenze.
L’obiettivo era quello di esplorare il benessere delle madri lavoratrici nel nostro Paese, approfondendone la percezione di qualità di vita e la soddisfazione personale. In particolare, è stata approfondita la tipologia di contratto, la percentuale di part-time e full-time effettivo e richiesto e la possibilità di lavorare o meno in smart working.
La ricerca e i dati raccolti
Alla ricerca hanno partecipato 2.691 mamme: il 74,3% di quelle lavoratrici è sposata o convivente, oltre la metà delle donne ha figli fino ai sei anni. Nello specifico, il 40 per cento delle mamme con figli in questa fascia di età dichiara di non avere tempo per gli hobby, rispetto al 25% di quelle che hanno figli sopra i sette anni. L’82,3% del campione è costituito da donne con un lavoro dipendente e di queste il 74,6% sono impiegate. Fra le donne che lavorano come dipendenti il 72,2% non usufruisce del telelavoro. Il 69,9 per cento, inoltre, dichiara di aver avuto la necessità di una modifica del contratto con la maternità, il 45,8% ne ha fatto richiesta e il 31% ha vista accolta la domanda.
Le mamme dichiarano che avrebbero bisogno o sarebbero interessate a un supporto da parte della realtà per cui lavorano nel 91,7% dei casi. Solo l’11,1 per cento afferma di aver ricevuto supporto dalla propria azienda. Infine, nel 91% dei casi le donne non hanno tempo per dedicarsi a un’attività di svago o una passione personale.
"Il benessere di vita delle donne con bambini nella fascia di età 0-6 anni – commenta Cristina Di Loreto, psicologa e ideatrice della start up fiorentina Me First – mostra un peggioramento rilevante dopo la maternità. La flessibilità cognitiva risulta un importante fattore protettivo per le donne essendo correlata positivamente con benessere, soddisfazione lavorativa, il sentirsi apprezzate (mattering) e negativamente con il burn-out, il senso di colpa e il maternal wall”.
Di Loreto ha poi sottolineato l’importanza e soprattutto la possibilità di fare di più per migliorare la vita delle mamme lavoratrici: "Grazie ai percorsi che Me First ha attivato anche all’interno delle aziende – le sue parole – sono state riportate le madri a fare sport, ottenere promozioni, affrontare una seconda maternità che veniva procrastinata, normalizzare difficoltà, vivere più serene la propria genitorialità e i propri ruoli professionali”.
Guardando ai numeri, la situazione è critica: il 78,3% delle partecipanti percepisce un senso di colpa legato alla maternità. I dati relativi all’esaurimento emotivo, fotografano una condizione problematica con il 48.2 per cento delle intervistate che hanno manifestato elevati livelli di burn out.
“In atto, inoltre, c’è un tavolo di lavoro da fine 2023 con 13 aziende che produrrà a fine 2024 un inspiring paper proprio per incentivare il supporto alla sostenibilità psicosociale in azienda su madri e padri – conclude la psicologa - e nel 2024 condurremo una ricerca sui papà”.