Michela Murgia: "Io e Claudia coppia omogenitoriale, siamo le madri di Raphael"

Su Instagram la scrittrice affetta da un cancro renale al quarto stadio sta presentando, in una sorta di rubrica a puntate, la sua famiglia queer

di MARIANNA GRAZI -
16 maggio 2023
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Oggi, 16 maggio, è uscito "Tre Ciotole", il nuovo libro di Michela Murgia. "Quando ho preso la decisione di scrivere questo libro ero convinta che sarebbe stato un pamphlet, perché cercavo una modalità per elaborare l'esperienza collettiva che avevamo vissuto durante il Covid e come aveva cambiato le relazioni e il modo di rapportarsi anche con lo straordinario", ha scritto ieri su Instagram la 50enne.
 
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Ed è un modo straordinario anche quello che la scrittrice sta utilizzando per raccontare quello che di più autobiografico scrive nel volume edito da Mondadori: la malattia del personaggio, che nella vita reale si concretizza in un carcinoma al rene al quarto stadio con metastasi diffuse al cervello, ai polmoni e nelle ossa. Ma che si lega anche profondamente anche a un altro tipo di narrazione che porta avanti sui social.

La rubrica social "Queering the family"

Murgia sta presentando infatti da qualche giorno la sua famiglia queer. Una sorta di rubrica intima, in cui spiega relazioni affettive che vanno al di là - e sono spesso molto più profonde - dei legami di sangue, nella gioia e nel dolore. Nella terza 'puntata' scandaglia i dettagli più sofferti, ma proprio per questo anche più importanti, del suo amore per Claudia e del rapporto con suo figlio Raphael. "La famiglia è un posto dove si gestisce in modo strutturale il passaggio tra le generazioni. Come questo passaggio avvenga è però molto definito dalla legge e di certo non comprende il modo in cui lo facciamo noi - scrive nel post -. Nella nostra famiglia queer, io e Claudia siamo l’unica coppia omogenitoriale, perché da dodici anni condividiamo un figlio, Raphael. È la prima volta che mi riferisco a noi due come 'coppia omogenitoriale': famiglia ci bastava", aggiunge.
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La rubrica social di Michela Murgia per raccontare la sua famiglia queer

Michela e Claudia, le madri di Raphael

E ancora "Come è successo che siamo diventate madri insieme? Lo ha fatto succedere Raphael a nove anni, prendendomi la mano nella stessa sera in cui l’ho visto per la prima volta e dicendo: non voglio che te ne vai mai più. Non c’era alcuna ragione per dargli retta, a me i bambini nemmeno piacciono, ma ho vacillato e ho guardato Claudia, anche lei conosciuta la sera stessa. La decisione presa in quello scambio di sguardi non l’ho mai rimpianta", ricorda Murgia parlando dell'adozione del bambino. Che negli anni successivi - dodici per la precisione da quell'incontro col destino - ha divorziato (dal primo marito, Manuel Persico, con cui è stata legata dal 2010 al 2014) mentre la compagna si è sposata. "Abbiamo vissuto tante cose insieme, ma una cosa non è mai cambiata: siamo rimaste le madri di Raphael. È stato facile? Sì e no. La parte facile l’ha fatta lui, che ha un’intelligenza emotiva che noi neanche dopo una vita di analisi. La parte difficile l’hanno fatta gli altri".
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Nel terzo post sulla queer family Murgia racconta la relazione con Claudia e con il figlio adottivo Raphael (Instagram)

Niente di nuovo, nel nostro Paese. E non solo per il giudizio che arriva da "fuori" ma anche dal "Parentado biologico diffidente, quando non ostile. Compagni giudicanti. Conoscenti morbosi. Mille spiegazioni. Silenzi di protezione". Ma anche "La paura che a una dogana qualcuno ti chieda perché viaggi all’estero con un minorenne che non è tuo figlio. La certezza che non puoi andarlo a prendere a scuola, perché non sei nessuno. La preoccupazione che a lei succeda qualcosa e tu non possa dire: ci sono anche io. O che succeda qualcosa a te e lui non possa dire: era mia madre". "Ci siamo nascoste per anni, madri in casa, amiche fuori, per far stare tranquillo il mondo. Poi un anno e mezzo fa mi sono ammalata ed è cambiato tutto" rivela l'autrice de "Il mondo deve sapere", il primo libro (2006) e del podcast con Chiara Tagliaferri "Morgana". - Michi, devi venire. - Che succede? - Ho aperto per caso la cronologia del pc e ho trovato questo: 'si può dare un rene a qualcuno che non ha il tuo sangue?' Da lì in poi, del sangue non ce n’è importato più niente. Il cancro, da un lato, ha portato scompiglio, paura, sconvolgimenti. Il momento più difficile, più buio. Dall'altro gli impedimenti legali e i giudizi su quelle relazioni non convenzionali si sono dimostrati piccoli scogli di fronte a un mare sconfinato di affetto, amore, attaccamento tra le persone che componevano e compongono la queer family. Un'onda che travolge ma lascia sulla spiaggia conchiglie, ciottoli, che vanno a comporre il puzzle dei legami familiari che in questi anni ha costruito e coltivato.
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Uno scatto della queer family di Michela Murgia

Tre ciotole: storie individuali che si intrecciano

Intanto, mentre si spende per costruire un futuro per questi affetti che le sopravviva - ma i mesi che le mancano alla morte potrebbero essere molti, come la scrittrice sarda ci tiene a precisare a chi ne parla già al passato - Michela Murgia torna oggi in libreria con il nuovo libro, "Tre Ciotole" che presenterà al Salone del Libro di Torino il 19 maggio. "Ho cominciato a scrivere racconti perché volevo tante storie individuali con voci diverse - spiega - generi diversi, età diverse, che fossero tutte collegate in qualche modo alla stessa grande crisi, ma ciascuno vivendo la propria dentro la maxi cornice dell'anno di pandemia. Un anno di crisi che interessava tutti, ma ciascuno con i suoi strumenti, con il suo punto di vista".

Il nuovo libro di Michela Murgia "Tre Ciotole" è uscito il 16 maggio

La scrittrice sottolinea inoltre che: "Mi sembra che per rappresentare la complessità, la pluralità di storie sia più efficace e l'accesso ai racconti mi ha permesso di spostare continuamente lo sguardo. Alcuni sono scritti in terza persona, alcuni in prima, generando l'eterno equivoco: 'Quanto c'è di autobiografico?' Tutto è autobiografico. Niente è autobiografico - conclude -. Questi sono racconti scritti perché chiunque possa immedesimare la parte oscura di sé in quella voce. A volte leggere libri che parlano di moltitudini aiuta a riconoscere la propria speciale identità all'interno di quella pluralità".