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"I prodotti per lisciare i capelli mi hanno causato il tumore all'utero": afroamericana denuncia L’Oréal

Uno studio rivela che l’uso di questi trattamenti aumenterebbe il rischio di cancro uterino. A farne le spese soprattutto le donne nere: tra queste si solleva la voce di Jenny Mitchell

di AMBRA FRANCINI -
28 ottobre 2022
prodotti liscianti capelli

prodotti liscianti capelli

Sebbene il cancro uterino abbia un’incidenza sulla popolazione relativamente bassa rispetto ad altre forme tumorali, rimane uno dei cancri più comuni nell'universo femminile. Negli Stati Uniti, in particolare, è stato registrato negli ultimi vent’anni un significativo aumento dei casi (circa 65.000 solo nel 2022) che ha portato i ricercatori a tentare di far luce sulle possibili cause. Studi epidemiologici passati avevano già dimostrato un’importante correlazione tra certi tumori 'ormono sensibili' (come quello al seno e alle ovaie) e l’esposizione eccessiva o prolungata a sostanze chimiche, tra cui quelle contenute nei prodotti per capelli, capaci di alterare il sistema endocrino. Sulla stessa scia si è mosso anche lo studio, recentemente pubblicato dal National Institute of Environmental Health Sciences (NIEHS), che ha individuato un legame specifico tra l’uso dei trattamenti liscianti e anti-crespo per capelli e l’aumento del rischio di cancro uterino.

Il “Sister Study” e la questione delle donne afroamericane

Il "Sister Study", condotto dal NIEHS, si occupa di analizzare i fattori di rischio per la salute femminile negli USA, monitorando in un determinato lasso di tempo un certo numero di volontarie rispondenti a caratteristiche specifiche. Tra il 2003 e il 2009 circa 34.000 donne, di età compresa tra i 35 e i 74 anni, sono risultate idonee per la ricerca sul cancro uterino e hanno compilato dei test periodici sulla loro frequenza d’uso di prodotti per capelli. I risultati ottenuti con 11 anni di monitoraggio sono stati sconcertanti: le donne che avevano dichiarato un uso piuttosto costante di trattamenti liscianti (contenenti sostanze chimiche come parabeni, bisfenolo A, metalli e formaldeide) risultavano più predisposte a sviluppare un tumore all’utero rispetto a chi, invece, non ne aveva mai usufruito. Ma non si tratta solo di questo. Nonostante lo studio non abbia individuato alcuna connessione scientifica tra la percentuale di insorgenza del cancro uterino e le diverse etnie delle partecipanti al "Sister Study", sembrerebbe esserci un rischio maggiore per un gruppo in particolare: quello delle donne afroamericane. Queste ultime, chiarisce il dottor Che-Jung Chang (uno dei principali autori dello studio), utilizzerebbero più frequentemente i prodotti per lisciare i capelli e comincerebbero a farlo già in giovane età. Una vera e propria abitudine, dunque, le cui motivazioni sono forse da ricercarsi nel tentativo di rientrare in certi canoni di bellezza imposti dalla società. Anche da questo spunto, in effetti, è nata la battaglia cui Jenny Mitchell, giovane donna afroamericana di Waynesville, ha dato inizio subito dopo aver visionato i risultati dello studio del NIEHS apparsi sul “Journal of National Cancer Institute”.

La storia di Jenny Mitchell e la causa contro L’Oréal

Jenny Mitchell con i legali

Jenny Mitchell, 32 anni, con i legali

È il 10 agosto 2018 quando a Jenny Mitchell, che ha solamente 28 anni, viene diagnosticato un cancro uterino. Il 24 settembre dello stesso anno, la giovane subisce un’isterectomia totale al Boone Hospital Center (Missouri), perdendo da quel momento qualsiasi possibilità di diventare madre. Oggi Jenny ha 32 anni e sta portando avanti un’importante causa contro alcune note aziende di cosmesi, tra le quali spicca il colosso del beauty francese L’Oréal (cui la Mitchell ha chiesto un risarcimento di più di 75.000 dollari). Secondo l’avvocato per i diritti civili Ben Crump e l’avvocata Diandra “Fu” Debrosse Zimmermann, il tumore della giovane donna sarebbe da imputare alla "regolare e prolungata esposizione a ftalati e altre sostanze chimiche che si trovano nei prodotti per la cura dei capelli delle aziende imputate e che alterano il sistema endocrino". Qualche giorno fa, durante una conferenza stampa, Jenny ha raccontato di essersi effettivamente approcciata ai cosiddetti "rilassanti" per capelli a partire dalla terza elementare e di aver utilizzato prodotti liscianti e piastre chimiche firmate L’Oréal per moltissimi anni. Per lei, in fondo, era la norma. "Le donne di colore sono state a lungo vittime di prodotti pericolosi specificamente commercializzati per loro. I capelli afro sono stati e saranno sempre belli", ha dichiarato Ben Crump, "ma alle donne nere è stato detto che devono usare certi prodotti per soddisfare gli standard della società". "Probabilmente scopriremo che il tragico caso della signora Mitchell è uno degli innumerevoli casi in cui le aziende hanno ingannato aggressivamente le donne di colore per aumentare i loro profitti". "Sono la prima", ha aggiunto Jenny Mitchell, “la prima di tante voci a venire che resisteranno, resisteranno a queste aziende e diranno: mai più". Negli ultimi giorni, effettivamente, altre due donne afroamericane, una residente in California e una a New York, si sono fatte avanti e, seguendo l’esempio della giovane, hanno sporto denuncia contro alcuni colossi del mondo beauty. La drammatica vicenda di Jenny, oltre a risuonare come un campanello d’allarme per la salute di tutta la popolazione femminile, potrebbe costituire, come sostenuto dall’avvocata Zimmermann, anche "un importante spartiacque per le donne afroamericane", un invito a sottrarsi con determinazione alla visione eurocentrica della bellezza e a sfoggiare con orgoglio tutto ciò che fa parte della propria identità culturale, capelli compresi.