Un sogno romantico in via d'estinzione
"La nostra cultura - io sono solita paragonarci agli indiani di America - è in via d’estinzione, perché per forza di cose il circo classico si sta estinguendo. Non per mancanza di passione o di pubblico, ma perché il circo moderno è enorme - spiega la donna -: noi ospitiamo 2000 persone ma questo comporta viaggiare con strutture pesantissime e costi non indifferenti". Non solo un lavoro, ma una vita intera. Dietro, la storia, il romanticismo. Nel presente, le famiglie al seguito, centinaia di lavoratori, e la burocrazia con cui fare i conti. Ma anche tanti, troppi pregiudizi. Il futuro? Incerto. "Nell'arco di 10/15 anni, se si continua così, il circo imploderà nel progresso. Da qui la mia necessità morale di lasciare traccia di noi, delle nostre usanze, del modo di lavorare e di fare affari, del nostro modo di festeggiare il Natale e di vivere le religioni. Perché quando non ci saremo più sarà scomparsa l'ultima comunità veramente girovaga del Pianeta. È un peccato che tutto questo vada perso".Dai saltimbanchi agli smartphone
Oggi portavoce del Rony Roller Circus, attivo dagli anni ’90 ma nato nei Trenta come Circo Fratelli Vassallo, Daniela è stata trapezista poi, con la nascita dei figli Dainaly (28 anni) e Aris (25) ha lasciato la pista per rimanere "dietro le quinte". Loro "sono la sesta generazione accertata, ma per me discendiamo dai saltimbanchi, quindi ben più indietro, l’origine si perde nella notte dei tempi" afferma. E ogni volta che muore anziano un pezzo di storia se ne va, perché ogni circense ha un bagaglio di esperienza incredibile. "I miei nonni e anche mia madre viaggiavano con il carro e bauli portato dal cavallo che poi si esibiva in pista. E nella loro sola generazione sono passati da quello ai camper con tutte le comodità e persino il telefono cellulare da muro. Pensa l'evoluzione... Oggi ci sono impianti computerizzati per la regia -precisa - abbiamo gli smartphone come tutti, una squadra di operai per gestire tutto il service. E microonde, frigorifero e persino il codice fiscale, anche se qualcuno dubita sempre", scherza Vassallo.Ignoranza e pregiudizi
Il circo è un mondo fatto di tradizioni, costumi, abitudini, modo di relazionarsi al prossimo, modo di vivere insieme. E purtroppo, da fuori, sono ancora troppi i pregiudizi che circondano questo mondo. "C'è tanta ignoranza, la nostra cultura è sconosciuta. Siamo figure astratte, una cosa romantica, finché non diventa sintomo di cattiveria e razzismo". Purtroppo il muro rappresentato dalle transenne del circo è invalicabile, "altro che muro di Berlino o muraglia cinese". A partire proprio dalla mentalità retrograda che li collega ancora alle baracche d'entrata. Di cui le parlava ancora suo padre. "Mio nonno, invece, raccontava delle fiere, quando con lui c'erano ‘povere anime che avevano problemi di salute e quindi non potevano giocare a pallone’" ricorda. Persone con malformazioni o disabilità, che 'attraevano' per la loro diversità: "Eppure erano presenti alla vita sociale, nelle tavolate, 'signori che lavoravano nelle baracche di entrate’, così li definiva. Erano considerati lavoratori". E non discriminati, come accadrebbe al di fuori ancora oggi.Le donne delle case chiuse
Suo bisnonno materno – uomo molto moderno per l'epoca, tanto da permettere alla figlia di portare i pantaloni – aveva già il circo, con cui girava la Cirenaica (l'attuale Libia e dintorni). Grande imprenditore "era un tipo un po’ particolare - prosegue nel ricordo la donna -, aveva dalle 40 alle 70 ballerine" e dove le prendeva? "Partiva dalla Sicilia per andare in tournée e qui andava nei bordelli, le case di tolleranza, e prendeva tutte queste ragazze ‘di scarto’. Formava dei corpi di ballo e le portava in giro col circo. A raccontarmi queste cose è stata mia nonna (cui era vietato rivolgere loro la parola). Diceva: 'il problema è che dopo 5/6 mesi di tournée erano tutte sposate, trovavano marito'. Questo era già sociale. Che fine avrebbero fatto altrimenti? Dopo che erano state scartate dalle case di tolleranza di tutta la Sicilia... Una volta l'anno il padre doveva rifare il gruppo perché si erano tutte sposate".La terza in comodo
Dalle memorie della nonna Daniela Vassallo ricorda anche un episodio che riguarda proprio la sua famiglia: "Mio nonno Francesco ha avuto questa storia d’amore con una ragazza affetta da nanismo, di cui non conosco il nome perché non si poteva pronunciare. Lui non era bello, faceva il clown, era un Don Giovanni che si faceva chiamare Ciccillo. Sai questi tipi che ti prendono così? Non ha mai nominato nessun’altra che questa ragazza. E mia nonna, che non è mai stata gelosa di nessuna come di lei, diceva: ‘Perché quando andavano al bar, siccome lei non ci arrivava, la prendeva in braccio e la metteva sullo sgabello. E poi? L'ha tradito e l'ha lasciato'". Gelosissima di quella 'donna di facili costumi', ha sempre odiato quella rivale "ma mai che l'abbia sentita dire ‘quella nanetta’. Era una rivalità da donna a donna, non ha mai usato il dispregiativo della sua patologia".Il nanismo nel circo
Neppure in quel contesto c'è stato pregiudizio, mentre fuori, l'idea che le persone con nanismo fossero 'sfruttate' (e che lo siano ancora) circolava eccome! "Ci hanno appioppato questa immagine deprimente. Il clown triste, la donna del circo con le calze a rete e il trucco colato, il direttore cattivo, il nano, il forzuto con la calzamaglia a strisce bianche e rossa. Anche la filmografia ha contribuito a questo dramma. Ma è una bufala". È uno stereotipo creato dai film, è fantasia" ribatte Vassallo. Anche perché, pochi lo sanno, le persone affetta da nanismo sono sempre state affidate a famiglie proprietarie di circo. "Avevano lavoro di responsabilità – spiega –. In pista facevano la parte, quasi sempre quella comica, ma nel quotidiano avevano ruoli impegnativi".La questione animali
Negli ultimi anni – ad esclusione del periodo della pandemia – alla parola circo si è sentito spesso associare il discorso della difesa degli animali, delle lotte animaliste contro lo sfruttamento dei capi. Ma quanto c'è di vero? La questione è aperta e naturalmente ogni caso è a sé, ma Vassallo ha le idee chiare. "C’è l'animalista vero con cui non ho problemi, quello che ama gli animali, che vede i nostri esemplari, li ammira nella loro bellezza e cura. Poi c'è la gattara. Ma il vero danno a noi lo ha fatto il business di alcune associazioni animaliste per sponsorizzare i centri di recupero" dichiara. "Questa campagna diffamatoria ha anche un fondo di razzismo verso la mia cultura". Fa l'esempio degli animali esotici: "Quando vedo i documentari, con quello che va nella giungla e trova il serpente e lo afferra, a me vien da ridere. O quello che vive in mezzo ai leoni", continua. Tenendo conto dell'indole della persona, da generazioni c'è un legame speciale tra personale del circo e animali, "ci viviamo insieme da sempre. La mia è una testimonianza di vissuto: da piccola giocavo con l’elefante invece che col cagnolino, e come tutti i nostri bambini portavo loro da mangiare gli avanzi della tavola".Il figlio Aris, acrobata e domatore
Quello di cui parla Daniela Vassallo è input familiare, quasi sanguigno, che si trasmette di padre in figlio, da nonna a nipote. "Aris, il mio secondogenito che adesso ha 25 anni, è acrobata aereo. Già da bambino lo trovavo sempre arrampicato per aria o in scuderia. Infatti oggi è anche addestratore. E quando parla lo fa solo di animali: ora si occupa dei cammelli e non lo senti dire altro che di loro. Non solo lui perché non è che l’animale lo vedi solo in pista, ma ci vivi insieme, è un mondo che entra nel capriccio del bambino, entra nell'esperienza di crescita personale". Torna quindi ai primati, che non vengono loro riconosciuti. "L'artista ha varcato confini, è stato il primo a volare, con il trapezio. Gli artisti sono stati i primi a sperimentare la fisicità con il contorsionismo. I movimenti psicomotori con la giocoleria. Quella che oggi viene fatta col pilates, con lo yoga". I circensi non hanno avuto mai ruoli importanti nella storia. "Nessuno ha scoperto un farmaco, è stato un gran politico o è stato eroe di guerra, nessuno. Ma a loro modo hanno sfondato delle porte dove gli altri sono entrati dimenticandosi chi l'aveva spalancata".Una famiglia di circensi e un paese in movimento
Il cuore del Rony Roller, oltre a Daniela, sono i suoi genitori, i due fratelli con le loro famiglie, i suoi due figli e tutto il gruppo artistico. "Ci si conosce tutti, appartenendo tutti allo stesso mondo. Quando si viaggia siamo sempre noi, un paese che viaggia". "Ti esibisci e intanto vivi il posto dove hai piazzato il tendone; poi riparti, cambi supermercato, cambi dialetto, cambi tutto. Ma è bellissimo, hai la possibilità di conoscere tanto, tanto di più. Sei sempre in giro dormendo sempre nel tuo letto".La figlia Dainaly
"Mia figlia ha 28 anni, quindi la maggiore dei due. Quando era piccola si è manifestato l’autismo". Il primo pensiero della donna, della mamma, è stato quello di cambiare vita e rimanere a casa. Dainaly ha cominciato le terapie dopo qualche anno e nel frattempo Daniela il weekend tornava al circo.
"Dopo qualche anno vicina a mia figlia, che è anche una circense anche se autistica, si è accorta che soffrivo a stare ferma. E ne soffriva anche lei". Tenerla lontana da quel mondo non era la soluzione, quindi oggi gira in tournée con il grande camper attrezzato, si gode i viaggi, vede posti nuovi, conosce nuove persone.
"E assiste agli spettacoli piuttosto che andare in scuderia ad accudire gli animali. Insomma vive in questa grande comunità del circo" dice orgogliosa la madre.
Una prova di ciò è stata data nel lavoro che ha fatto su di lei, con The fabulous destiny of Dainaly, Liliana Ranalletta. Una mostra fotografica diventata photobook , dove la si vede perfettamente inserita nel contesto della sua famiglia, quella del circo.
"Si racconta il suo mondo e cosa dà l'autismo a questo mondo anche nel libro che è stato scritto su di lei. Non parla di mia figlia, ma parla del mondo dove vive, dove lei è la principessa, se non la regina".