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Il salmone vegano stampato in 3D, contro la pesca intensiva

Il filetto di salmone vegano di Revo Foods è il primo stampato in 3D su scala industriale. Dal 1 ottobre sarà in vendita anche in Italia

di GIORGIA BORGIOLI -
1 ottobre 2023
Revo foods

Revo foods

Il cibo del futuro: vegano e in 3D. Quando parliamo di “allevamenti intensivi” il nostro pensiero volge immediatamente a tutti gli animali che popolano le fabbriche proteiche come bovini, suini e polli. Nessuno, invece, pensa mai all’allevamento delle specie ittiche e al problema dell’acquacoltura intensiva, che invece risulta essere bensì peggiore di quella carnivora.

Nel 2020 il 49% della produzione mondiale di pesce è arrivata dall'acquacoltura

Secondo un Rapporto dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), nel 2020 la produzione mondiale di pesce ha raggiunto 178 milioni di tonnellate, di cui 90 milioni garantite dalla pesca (51%) e 88 milioni dall’acquacoltura (49%). Nel caso dell’acquacoltura intensiva, la produzione di organismi acquatici è controllata dall’uomo ed è finalizzata alla raccolta di pesci, crostacei, molluschi e alghe.
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Nel 2020 la produzione mondiale di pesce ha raggiunto 178 milioni di tonnellate, di cui 90milioni garantite dalla pesca (51%) e 88 milioni dall’acquacoltura (49%)

L'impatto degli allevamenti intensivi

In ogni caso, sia gli allevamenti intensivi che semi-intensivi comportano impatti ambientali negativi sugli ecosistemi e sulle risorse ittiche selvatiche di vario tipo. Come: la produzione di alti livelli di rifiuti organici causata dal grande quantitativo di mangime somministrato, l’utilizzo di antibiotici e antiparassitari volti a prevenire l’insorgere di epidemie e scongiurare perdite di prodotto, l’inquinamento genetico delle popolazioni, l’inquinamento chimico. Ai danni appena citati, si aggiungono poi tutti quelli legati all’industria dell’acquacoltura, come la distruzione di ecosistemi vergini a favore degli allevamenti di crostacei. Che l’acquacoltura intensiva, per come è svolta oggi, crei dei danni all’ambiente equivalenti o se non superiori agli allevamenti di carne è un dato di fatto, ma quali potrebbero essere le soluzioni per sopperire a questa problematica?

Salmone vegano stampato in 3D

Una soluzione è stata recentemente proposta Revo Foods, la startup nata nel 2020 a Vienna che ha sviluppato “The Filet”, il filetto di pesce vegano stampato in 3D.
 
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Sul loro sito scrivono: "Immaginate un mondo senza pesci. Solo oceani vuoti e morti. Potrebbe essere la fine della nostra specie. Ma è possibile? Gli oceani potrebbero mai esaurire i pesci?". The Filet, col salmone condivide solo l’estetica, visto che si tratta di un prodotto base-planted, cioè costituito da proteine solo a base vegetale. Gli oli vegetali al suo interno sono ricchi di vitamine omega3, che contribuiscono a completare il profilo nutrizionale rendendolo simile a quello vero. Il salmone di Revo Foods, a differenza di altre sperimentazioni passate, è il primo processo di produzione continua in grado di produrre in serie alimenti in 3D su scala industriale. Si conserva in frigo come il prodotto normale, può essere cucinato in forno, padella, nella friggitrice ad aria e costa 6,99 euro per 130g, quindi leggermente più costoso.

Dal 1 ottobre in vendita in Italia

The Filet, già in vendita in Germania e Austria, dal 1 ottobre è presente anche in Italia con l’obiettivo di allentare la pressione della pesca su mari e oceani, permettendo un risparmio del 77- 86% di CO2 e del 95% di acqua rispetto a quello convenzionale. La possibilità di creare alimenti vegani attraverso questa modalità potrebbe essere un’ottima soluzione per soddisfare la richiesta dei consumatori senza però contribuire al disfacimento di interi ecosistemi attraverso tossine e microplastiche che contaminano i pesci. Eppure questi tipi di alimenti, spesso simili non solo alla vista ma anche nel gusto a quelli convenzionali, riscuotono molta diffidenza da parte di una grande fetta di consumatori. Dopotutto anche la stessa dieta vegana non è ancora del tutto compresa dai più, ma è addirittura criticata. Almeno alla vista è impossibile contraddire il claim della startup che recita: “Tua nonna non crederà che siano di origine vegetale”. E voi, lo provereste?