Cristina Rivera Garza ha impiegato trent’anni per scrivere il romanzo ‘L’invincibile estate di Liliana’ (pubblicato in Italia da Edizioni Sur, tradotto da Giulia Zavagna) e circa tre anni per vincere il Premio Pulitzer al memoir e all’autobiografia. L'organizzazione del premio – giunto alla 108ma edizione, è uno dei più prestigiosi riconoscimenti mondiali nel campo del giornalismo e della narrativa – ha definito il libro: "Una storia che mescola memorie, giornalismo investigativo femminista e biografia poetica uniti a una determinazione nata dalla perdita".
‘L’invincibile estate di Liliana’: come raccontare un femminicidio
Il romanzo parla della sorella Liliana, una brillante studentessa di architettura che, come nella poesia di Albert Camus, ha scoperto di avere in sé “un’invincibile estate”: l’ultima. Nel luglio 1990 Liliana viene uccisa dal ragazzo che era riuscita con difficoltà a lasciare dopo anni. Una storia che ricorda molto il femminicidio di Giulia Cecchettin, avvenuto nel novembre 2023.
È difficile trovare le parole giuste per raccontare un femmicidio – specialmente se coinvolge in prima persona l’autore –, e negli anni Novanta la parola “femminicidio” in Messico non esisteva, questi omicidi venivano catalogati come delitti passionali.
Scrive Cristina Rivera Garza: “Il femminicidio non è stato ufficialmente classificato come reato in Messico prima del 14 giugno 2012, quando è stato incluso nel Codice Penale Federale come un delitto:
‘Articolo 325: Commette il delitto di femminicidio chi priva della vita una donna per questioni di genere’.
Gran parte dei femminicidi commessi prima di quella data erano chiamati delitti passionali. Erano chiamati ‘ha preso una cattiva strada’. Erano chiamati ‘perché si veste così?’ Erano chiamati ‘una donna deve sempre stare al suo posto’. Erano chiamati ‘qualcosa deve aver combinato per fare quella fine’. Erano chiamati ‘i genitori la trascuravano’. Erano chiamati ‘la ragazza che ha preso una decisione sbagliata’. Erano chiamati, addirittura, ‘se lo meritava’.”
Nella nota finale Cristina Rivera Garza, professoressa al College of Liberal Arts and Social Sciences dell'Università di Houston negli Stati Uniti, scrive che Liliana nel corso della sua vita ha costruito “un meticoloso archivio di sé stessa”.
‘L’invincibile estate di Liliana’ si basa sui quaderni, sulle annotazioni, sulle lettere trovate dopo la sua morte, oltre alle testimonianze degli amici più stretti, dei compagni universitari, dei parenti e dei genitori.
L’autrice affronta il tema del lutto che le ha cambiato la vita attraverso un memoir che non vuole essere un processo penale ma un manifesto, un romanzo-denuncia per sottolineare l’urgenza di un cambio culturale che rompa le strutture del patriarcato. L’ennesimo invito a fare rumore, a distruggere tutto.