Cosa c'è dietro ai colori? Rosa da femmine e blu da maschio: questi e altri stereotipi

Cristina Maurelli e Giuditta Rossi, co-fondatrici della società Bold Stories e della campagna "Color Carne" presentano la loro guida ai pregiudizi cromatici

di MARIANNA GRAZI -
15 giugno 2023
Stereotipi a colori_foto autrici Maurelli e Rossi 2

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"Dopo Color Carne l’idea era quella di proseguire il ragionamento allargano la riflessione su diversità, inclusione e rappresentazione anche agli altri colori, continuando a utilizzarli come strumento per indagare la realtà e trasformarla".

Da Color Carne a Stereotipi a colori

Cristina Maurelli - milanese, storyteller, autrice, regista e copywriter - e Giuditta Rossi - pratese, Brand strategist e designer di metodologie di progettazione - sono le menti dietro la società Bold Stories e a febbraio 2022 hanno lanciato la campagna advocacy con l'obiettivo di "cambiare colore al color carne".
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"Stereotipi a colori" è una piccola guida ai bias cromatici realizzata da Cristina Maurelli e Giuditta Rossi

Ora rilanciano con il volume "Stereotipi a colori", una piccola guida ai pregiudizi e ai bias cromatici. Edito da Flaco Edizioni, è stato presentato alla Libreria Noi di Milano mercoledì 14 giugno e lunedì 19 ci sarà un’altra presentazione alla Feltrinelli di Torino. Ma non è finita qui, e altre date si aggiungeranno al tour delle due autrici. "Siamo partite dall’idea che il colore è un codice e come tale, in realtà, non è neutro ma plasmato dalla nostra esperienza e percezione. Così, un po’ com’è stato per il color carne allo stesso modo pensiamo che anche altri colori possano nascondere pregiudizi, bias o potenziali discriminazioni inconsce".

Il libro

Il volume è diviso in 12 capitoli. Ognuno di questi ha una parte introduttiva "in cui raccontiamo qualche curiosità particolare su un colori", poi si parla di un oggetto che lo rappresenti e quindi ci sono le interviste con i “color thinkers”, ovvero persone che si occupano in vari settori di promuovere il cambiamento. Perché "Chi non è rappresentato non esiste". E quando si parla di inclusione si sentono spesso casi di discriminazioni o di aggressioni ma quasi mai si affronta la questione dell'invisibilità.
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Cristina Maurelli, co-autrice del libro "Stereotipi a Colori"

"Io non ti vedo: nella peggiore delle ipotesi succedono episodi discriminanti se non peggio; ma anche nella migliore delle ipotesi mi sei trasparente e quindi io non ho di te nessuna consapevolezza - spiega Maurelli -. Quindi le persone fanno fatica poi a riconoscersi. Invece dare, attraverso lo sguardo, qualunque esso sia (la parola, l’immagine, il colore!), spazio all’identità delle altre persone è il modo giusto perché, secondo noi, una società possa essere in salute". Le abbiamo contattate per farci raccontare cosa si cela dietro il loro lavoro. Quando si dice il rosa è da bambine, il blu da maschietti si sta portando avanti uno stereotipo a colori? Cristina: “Sì, assolutamente. C’è un intero capitolo su rosa e azzurro. Questa attribuzione ai bambini o alle bambine è un’invenzione molto recente in realtà. Perché storicamente i bimbi si vestivano di bianco o con tessuti di colori neutri, perché più facili da lavare.
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L'attribuzione del colore rosa associato alle bambine e il blu ai maschietti è un'invenzione del '900

Nel Novecento si inizia a dividere l’abbigliamento coi colori in questo modo. Tra l’altro all’inizio erano incrociati: l’azzurro, associato alla tranquillità, era per le bambine, mentre il rosa, un colore che deriva dal rosso quindi guerresco, era più per i maschi. Sempre stereotipati, ma in modo inverso. Col Dopoguerra questa cosa viene stabilizzata, con una netta divisione perché naturalmente le varie aziende, di vestiti e di giocattoli hanno adottato questo standard. Un codice che diventa sociale e influenza i bambini e le bambine, cambia le loro identità”. Ci sono stereotipi o codici più difficili da scalzare? Cristina: “Una delle cose che scriviamo nel libro riguarda il color argento. Una delle discriminazioni più striscianti e silenti di cui abbiamo pochissima percezione è quella legata alle persone over 50/60.
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Lisa LaFlamme, 58 anni: la conduttrice della rete canadese CTV News ha perso il lavoro per aver deciso di mostrarsi in video con i capelli grigi, il suo colore naturale

È l'idea di una giovinezza eterna che dobbiamo rincorrere e di una terza o quarta età da allontanare assolutamente perché troppo vicina alla morte probabilmente. Ecco gli 'anni d’argento', le cose di questo colore che riguardano le persone per cui ‘è finita’ e non c’è più, per loro, il sesso, la relazione o la possibilità di lavorare e di avere una vita attiva. Su questo c’è molto da lavorare, si pensi solo alle creme che sono anti age anziché pro age”. Questi pregiudizi, anche sui colori, da cosa nascono? Giuditta: “Gli stereotipi si basano principalmente sul modo in cui il cervello degli esseri umani funziona. Di fatto sono delle scorciatoie di pensiero, sono anche legati a bias inconsci. Di base partono da un funzionamenti mentale che si aggancia fortemente alla cultura.
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Giuditta Rossi, co-autrice del libro "Stereotipi a Colori"

Per quello pensiamo che i colori possano essere un modo interessante per andare a svelare questi stereotipi, perché ci accomuna come persone e diventa quindi uno strumento per trovare delle strade e scoprire insieme qualcosa di nuovo. Quindi cerchiamo di lavorare anche attraverso la rappresentazione, il fatto che le persone si possano vedere rappresentate nelle narrazioni e storie, dalle serie tv ai libri ai film”. Ci svelate qualche segreto sul libro? Cristina: "Abbiamo inventato un piccolo gioco, alla fine di ogni capitolo-colore, che serve per allenarsi a smascherare bias. Si rifà a ‘Strega comanda color’ ma noi abbiamo eliminato la strega – quindi si chiama solo ‘Comanda color’ – e si gioca indoor sul modello di ‘Nomi cose città’. Ha lo stesso procedimento: si sceglie il colore e si devono individuare quegli esempi iconici in cui quello si manifesta in aree legate alla rappresentazione: personaggi, libri, film, arte, musica o brand”.
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Com’è nata l’idea tra voi e quanto ha influito la campagna "Color Carne" in questa nuova iniziativa?Giuditta: “Abbiamo la nostra società Bold Stories con cui facciamo consulenza alle imprese e una parte più diretta di divulgazione che poi è quella all'origina di ‘Color Carne’ e che adesso ci ha portato a questo libro. In questo anno di campagna di advocacy, dopo aver raggiunto tutti i risultati possibili (cambiato 5 dizionari, le immagini di Google, vinto l’European Diversity Awards), abbiamo riunito anche una community che è diventata sempre più un movimento di persone che pensano a una società più aperta. Questo nostro ‘Stereotipi a colori’ allora diventa un po’ un modo per raccogliere questa eredità condivisa di tutta la community e continuare insieme a sfidare lo standard. È il momento collettivamente di agire per il cambiamento”. I bambini nascono senza pregiudizi. Se il cambiamento deve riguardare soprattutto gli adulti, non potrebbe essere utile insegnare anche alle generazioni più giovani a vedere un arcobaleno di colori più ampio di quello che è socialmente imposto? Cristina: “Sì. Noi abbiamo fatto anche con 'Color Carne' delle cose con la scuola, abbiamo favorito questo tipo di riflessione tra bambini e bambine. E ci sembra importante e interessante puntare sugli adolescenti che è forse uno dei momenti della vita in cui si comincia in modo più evidente a sentire delle differenze. È chiaro che ci vogliono insegnanti disponibili al cambiamento e a fare anche in classe del lavoro in questo senso, lo crediamo necessario”.
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A febbraio 2022 Maurelli e Rossi hanno lanciato la campagna di advocacy "Color Carne" (Instagram)

La campagna “Color Carne” prosegue? Giuditta: “Certo. La campagna ha raggiunto tutti i suoi obiettivi ma ancora le persone continuano a mandarci segnalazioni di nuovi prodotti che vengono creati, di come le cose stiano cambiando nel quotidiano. Con ‘Color Carne’ abbiamo voluto piantare un seme ma l’idea è che si debba cambiare costantemente”. A quali soggetti vi rivolgete nel vostro lavoro di consulenza? Cristina: “Lavoriamo molto con le aziende, perché sono i posti in cui incontri persone in modo più trasversale. Con le imprese che vogliono occuparsi di questa tematica per migliorare il benessere, i rapporti interni. È interessante quindi mettere insieme i pensieri di tutti e piano piano modificare, in modo che ogni persona di quell’azienda possa sentirsi parte dell’organizzazione in modo sereno”. È il mercato che chiede questa maggior attenzione alla D&I? Giuditta: “Se fino a non tanto tempo fa si poteva far finta di niente adesso non si può più perché lo vogliono i tuoi stakeholder (interni ed esterni). È un’opportunità che porta valore a tutti, per le imprese perché riescono a parlare con le proprie persone e per le persone perché finalmente possono avere prodotti, servizi, narrazioni che le facciano sentire viste e parte di qualcosa”. Un obiettivo per il futuro?
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"Color carne" ha vinto l’Highly Commended Award agli European Diversity Awards (Instagram)

Cristina: “Te ne dico due. Il primo è che mi piacerebbe avere una grande community con cui fare incontri per promuovere questi temi sempre di più e quindi cambiare la cultura italiana e dei Paesi esteri in modo che ogni persona possa avere il suo spazio e riconosciuta la sua unicità. Contemporaneamente mi piacerebbe che tutto questo non fosse necessario. Da un lato quindi un sogno più realistico, di lavoro; dall’altro un ideale, perché vorrebbe dire che siamo già arrivati a riconoscere nell’altro un’opportunità di crescita per noi stessi, prima che qualcosa che vada riconosciuto a livello sociale o etico”. Giuditta: “L’unica cosa che aggiungo è che ogni persona che ci scrive che le nostre attività l’hanno fatta sentire vista per me è la vittoria più grande. Ogni persona che, grazie a queste cose, a questo movimento, dice: ‘Io mi vedo’, ecco questo. E che tutti i bambini e le bambine di domani non facciano la fatica che abbiamo fatto noi”.