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Home » Lifestyle » Uomini trans che partoriscono: i Papà cavallucci o “Seahorse dad” contro i tabù

Uomini trans che partoriscono: i Papà cavallucci o “Seahorse dad” contro i tabù

Un fenomeno ancora poco noto nel nostro Paese, che a questa scelta oppone ostacoli clinici, giuridici e soprattutto culturali. È attraverso i social che ci arrivano le storie dei papà trans che portano avanti le loro gravidanze

Marianna Grazi
15 Maggio 2021
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“Sono Marte una persona transgender non binaria che sta seguendo un percorso di affermazione di genere, uso il pronome maschile. Sono afab“. Marte è un attivista di Non una di meno transterritoriale Marche. Qualche giorno fa ha rilasciato un’intervista ad un’importante testata italiana per parlare quello che lui stesso definisce “un argomento tabù: la gestazione“. Non quella femminile, portata avanti da una donna (o da una persona che si definisce tale). Ma quella delle persone transgender.

Danny Wakefield, uno dei molti papà cavallucci, durante il parto del proprio figlio. L’uomo ha condiviso con i suoi follower i momenti più importanti, pubblicando foto e video dal suo profilo Instagram, che conta più di 35 mila follower

Forse vi sarà capitato di vedere, sui social soprattutto, le foto di Danny Wakefield o di Bennett Kaspar-Williams, due “simboli” di coloro che vengono definiti “I papà cavallucci, o Seahorse dad“. Ma cosa significa? Si tratta di un fenomeno poco conosciuto, specie nel nostro Paese, sebbene siano una realtà largamente diffusa in particolare nei paesi anglosassoni e oltreoceano, come dimostrano le due testimonianze citate. Si tratta di persone transgender –female to male– che hanno iniziato il percorso di transizione ma che scelgono anche di portare avanti la gravidanza e dare alla luce un figlio attraverso il proprio corpo. Il nome è un riferimento alla specie animale nella quale è il maschio a portare le uova depositate dalla femmina nella sua tasca fino alla loro nascita.

“Dietro a questo tipo di gravidanza – spiega Marte – non si nasconde nessun grande segreto“. Le persone transgender non binarie, che scelgono di ‘mantenere’ gli organi sessuali e riproduttivi femminili, possono avere una gravidanza grazie alla ‘crioconservazione’ dei gameti che poi vengono rimpiantati. Durante la gravidanza devono sospendere per alcuni mesi, a seconda dei casi, la terapia ormonale.
Nel nostro Paese oltre al fatto che non esiste alcun censimento ufficiale del numero di persone transgender che fanno questa scelta, per i “papà cavalluccio marino” la strada è piena di ostacoli da affrontare. Non soltanto clinici, ma soprattutto culturali. “Qui il personale sanitario non è formato. Avere davanti a sé una persona al maschile con un utero ha ancora un impatto enorme in Italia, anche in ambito sanitario. Per questo spesso ci si affida a endocrinologi per essere indirizzati verso strutture sanitarie pubbliche che abbiano un approccio ‘friendly’“, spiega Marte.
E dopo il parto gli ostacoli diventano anche giuridici. Solo la legge Cirinnà garantisce che la persona partoriente e autogestrice venga riconosciuta genitore o padre, ma “se si è in una relazione di coppia bisogna vedere se il riconoscimento viene esteso anche all’altra persona“. Insomma la decisione delle persone transgender di portare avanti la gravidanza comporta tutta una serie di problematiche collaterali, non ultima la disapprovazione o il giudizio di chi non condivide la loro scelta.
È ancora Marte a raccontare, dal profilo Instagram di Non una di meno transterritoriale Marche, che “nel giro di una sola ora sotto l’articolo si sono visti 1236 commenti carichi di transfobia e odio verso le persone T*. […] è solo la punta dell’iceberg. Chi si espone in prima persona non dovrebbe ricevere una vagonata di odio. Siamo persone e come tali dobbiamo essere riconosciutə e rispettate”.
Per chi volesse approfondire l’argomento, uno sguardo sincero sulla genitorialità transgender raccontata da chi l’ha vissuta arriva da “Seahorse: The Dad Who Gave Birth”. Si tratta di un documentario che narra la vicenda di Freddy McConnell, un giornalista gay transgender che ha lavorato al The Guardian e ha deciso di portare avanti una gravidanza e dare alla luce un figlio. Una persona riservata e poco incline ad esporsi agli occhi indiscreti del pubblico, che ha sentito la responsabilità di farlo per far conoscere e normalizzare la storia e le vite delle persone trans.

 

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  • Il grande fiume italiano sta scomparendo, anzi evaporando. Ed è sulla secca al Pian del Re, nel territorio di Crissolo (Cuneo), che va in scena la protesta delle sirene morte alla fonte del Po. Un gruppo di attiviste di Extinction Rebellion hanno indossato le vesti della creatura mitologica, con lunghe code blu e azzurre, colore delle acque ormai ricordo, e si sono sdraiate intorno alla sorgente del fiume. 

“L’obiettivo è richiamare l’attenzione sulla gravissima siccità che l’Italia intera sta vivendo e, più in generale, sulle conseguenze tangibili che la crisi climatica sta causando anche nei territori piemontesi.”

Le sirene ambientaliste erano già comparse lo scorso febbraio sulle secche del Po all’altezza dei Murazzi di Torino.

“A distanza di mesi il deficit idrico è ulteriormente peggiorato, tanto da far convocare uno stato di allerta nazionale. La piccola secca torinese, che gli attivisti denunciavano già a febbraio, oggi si è allargata notevolmente ed è ormai invasa dalle alghe, che stanno proliferando fuori controllo in tutto il tratto cittadino del fiume.”

Se da Nord a Sud Italia gli effetti delle alte temperature e dell’afa non danno tregua ai cittadini, arriva anche la risposta degli esperti: a oggi il 2022 è l’anno più caldo di sempre.  Una situazione drammatica, in cui a riemergere dalle acque, anzi dalla mancanza di oro blu, non sono solo alghe e residui bellici, ma anche figure mitologiche che lanciano l’allarme sul disastro imminente. E le voci delle sirene, si sa, non preannunciano mai buone nuove.

Di Marianna Grazi ✍

#lucenews #lucelanazione #extinctionrebellion #sirene #deltadelpo
  • Luoghi romantici e dove trovarli. Nel mondo esistono tanti posti che, per il loro suggestivo panorama, sono ideali per baciarsi. ✨

Senza andare troppo lontano, anche in Italia ci sono luoghi incantevoli che sembrano usciti da un libro di fiabe. La lista è lunga e da pochi giorni comprende anche il Belvedere del Sognatore di Anacapri, piccolo comune situato sull’isola di Capri, una piazzola romantica che affaccia sul mare di Punta Carena alla base del rosso faro che di notte indica la rotta ai naviganti. Qui, l’amministrazione comunale ha istituito l’obbligo di baciarsi. A dirlo è un cartello stradale blu, con la scritta “Zona romantica, obbligatorio baciarsi” e il disegno di due che lo fanno. 

In Italia, oltre ad Anacapri, ci sono altri posti romantici dove campeggiano i cartelli “Kiss Please“. Uno di questi cartelli si trova in Cilento, precisamente a Trentinara, sul belvedere del paese. Le due sagome che si baciano si pensa siano Saul e Isabella, i protagonisti di una leggenda del posto. Si narra, infatti, che i due amanti si gettarono dalla terrazza insieme, racchiusi in un abbraccio senza fine, e promettendosi amore per l’eternità.

A Tortoreto, in provincia di Teramo, i cartelli sono ben quattro e poi, ancora, un altro cartello con “obbligo” di bacio si trova a Sirmione, lungo la passeggiata sul Lago di Garda. 

#lucenews #lucelanazione #kissplease #anacapri #italy🇮🇹
  • I disturbi mentali, nonostante siano sempre più diffusi nella società odierna, ancora oggi non ricevono l’attenzione che meritano sia dall’opinione pubblica, sia dagli ambienti familiari e lavorativi: spesso capita che si accusi il malato di “pigrizia” o di “irresponsabilità”. 

Essi non si manifestano all’esterno come una malattia fisica, e per questo vengono presi meno sul serio, percepiti come meno reali.

Il disturbo mentale è per antonomasia una malattia invisibile, sì, ma non per questo è immaginaria. Serve fare attenzione, serve una lezione di umanità. Serve cura, soprattutto nelle parole.

#lucenews #lucelanazione #disturmimentali #mentalheath #metaldesorder
  • Se esistesse il premio come miglior bagnina del mese sicuramente lo avrebbe vinto lei. Natalia Lucas, 18 anni, ha fatto nascere un bambino all’interno della piscina YMCA, in Colorado. La mamma del piccolo si stava infatti godendo una giornata di relax quando è entrata in travaglio.

Infatti quando Tessa Rider e suo marito, Matthew Jones, sono andati in piscina, sapevano della possibilità dell’arrivo del figlio, visto le settimane di ritardo. La mamma di 29 anni ha affermato che una delle uniche cose che l’ha aiutata a sopportare il dolore mentre aspettava il parto era lo stare in acqua. “Sapevamo che il bambino sarebbe arrivato. Semplicemente non sapevamo se sarebbe stata una settimana, due settimane o oggi”, ha dichiarato qualche giorno fa Tessa. Le sue acque, però, si sono rotte proprio mentre è entrata in piscina. Suo marito ha preso immediatamente il telefono per chiedere aiuto.

Ed è proprio qui che è intervenuta Natalie. Mentre usava un walkie-talkie per informare i dipendenti della situazione, gridando ad altri nuotatori di chiamare i servizi di emergenza, ha afferrato un kit di pronto soccorso e degli asciugamani e si è precipitata ad aiutare la coppia. “Sono rimasta calma e non sono andata fuori di testa, perché è quello che devi fare in questo lavoro. Non puoi davvero esitare o aspettare che arrivi qualcun altro. Tu sei il bagnino, sei il salvagente per tutti ” ha dichiarato la giovane eroina. Natalie ha sorretto la testa della madre incinta mentre il padre ha aiutato il piccolo Toby a venire al mondo.

Oltre a congratularsi con la coppia felice, l’YMCA del Colorado settentrionale ha condiviso un messaggio speciale a Natalie sui social media, osservando che fare nascere “un bambino durante il suo turno domenicale” era “qualcosa di sicuramente diverso dal lavoro che deve svolgere quotidianamente. Natalia è andata oltre se stessa rispondendo con compassione, premura e grinta”. 

Ma non è finita qui. Il neonato della coppia, il figlio Toby, è stato dotato di un abbonamento a vita per entrare in piscina e chissà se in futuro seguirà le orme della sua eroina.

#lucenews #storiedieroine #eroine #natalielucas #colorado #ymca
"Sono Marte una persona transgender non binaria che sta seguendo un percorso di affermazione di genere, uso il pronome maschile. Sono afab". Marte è un attivista di Non una di meno transterritoriale Marche. Qualche giorno fa ha rilasciato un'intervista ad un'importante testata italiana per parlare quello che lui stesso definisce "un argomento tabù: la gestazione". Non quella femminile, portata avanti da una donna (o da una persona che si definisce tale). Ma quella delle persone transgender.
Danny Wakefield, uno dei molti papà cavallucci, durante il parto del proprio figlio. L'uomo ha condiviso con i suoi follower i momenti più importanti, pubblicando foto e video dal suo profilo Instagram, che conta più di 35 mila follower
Forse vi sarà capitato di vedere, sui social soprattutto, le foto di Danny Wakefield o di Bennett Kaspar-Williams, due "simboli" di coloro che vengono definiti "I papà cavallucci, o Seahorse dad". Ma cosa significa? Si tratta di un fenomeno poco conosciuto, specie nel nostro Paese, sebbene siano una realtà largamente diffusa in particolare nei paesi anglosassoni e oltreoceano, come dimostrano le due testimonianze citate. Si tratta di persone transgender –female to male– che hanno iniziato il percorso di transizione ma che scelgono anche di portare avanti la gravidanza e dare alla luce un figlio attraverso il proprio corpo. Il nome è un riferimento alla specie animale nella quale è il maschio a portare le uova depositate dalla femmina nella sua tasca fino alla loro nascita.
"Dietro a questo tipo di gravidanza - spiega Marte - non si nasconde nessun grande segreto". Le persone transgender non binarie, che scelgono di 'mantenere' gli organi sessuali e riproduttivi femminili, possono avere una gravidanza grazie alla 'crioconservazione' dei gameti che poi vengono rimpiantati. Durante la gravidanza devono sospendere per alcuni mesi, a seconda dei casi, la terapia ormonale.
Nel nostro Paese oltre al fatto che non esiste alcun censimento ufficiale del numero di persone transgender che fanno questa scelta, per i "papà cavalluccio marino" la strada è piena di ostacoli da affrontare. Non soltanto clinici, ma soprattutto culturali. "Qui il personale sanitario non è formato. Avere davanti a sé una persona al maschile con un utero ha ancora un impatto enorme in Italia, anche in ambito sanitario. Per questo spesso ci si affida a endocrinologi per essere indirizzati verso strutture sanitarie pubbliche che abbiano un approccio 'friendly'", spiega Marte.
E dopo il parto gli ostacoli diventano anche giuridici. Solo la legge Cirinnà garantisce che la persona partoriente e autogestrice venga riconosciuta genitore o padre, ma "se si è in una relazione di coppia bisogna vedere se il riconoscimento viene esteso anche all'altra persona". Insomma la decisione delle persone transgender di portare avanti la gravidanza comporta tutta una serie di problematiche collaterali, non ultima la disapprovazione o il giudizio di chi non condivide la loro scelta.
È ancora Marte a raccontare, dal profilo Instagram di Non una di meno transterritoriale Marche, che "nel giro di una sola ora sotto l'articolo si sono visti 1236 commenti carichi di transfobia e odio verso le persone T*. [...] è solo la punta dell'iceberg. Chi si espone in prima persona non dovrebbe ricevere una vagonata di odio. Siamo persone e come tali dobbiamo essere riconosciutə e rispettate".
Per chi volesse approfondire l'argomento, uno sguardo sincero sulla genitorialità transgender raccontata da chi l’ha vissuta arriva da "Seahorse: The Dad Who Gave Birth". Si tratta di un documentario che narra la vicenda di Freddy McConnell, un giornalista gay transgender che ha lavorato al The Guardian e ha deciso di portare avanti una gravidanza e dare alla luce un figlio. Una persona riservata e poco incline ad esporsi agli occhi indiscreti del pubblico, che ha sentito la responsabilità di farlo per far conoscere e normalizzare la storia e le vite delle persone trans.
 
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