Elezioni storiche: nel 2024 al voto 76 Paesi. Non tutti democratici, alcuni in guerra

Quest'anno il 51% della popolazione mondiale voterà, anche se non ovunque in modo libero. Dubbi sull'elezione in Ucraina, certezze in Russia. Il Messico avrà la prima presidente donna

di ETTORE MARIA COLOMBO -
3 gennaio 2024

In teoria dovrebbe essere “l’anno delle elezioni” (più o meno democratiche). Il 2024 è "il più grande anno di elezioni della storia", come ha recentemente titolato l'autorevole settimanale britannico Economist. Più di 4 miliardi di persone, cioè oltre la metà della popolazione mondiale, saranno chiamate a esprimere un voto. Tra elezioni nazionali, comunitarie e locali le urne saranno aperte in 76 paesi, pari al 51% della popolazione mondiale.

Oltre alle elezioni europee, che chiameranno al voto i circa 400 milioni di elettori ed elettrici dei 27 stati membri, si voterà anche in otto dei dieci paesi più popolosi al mondo, cioè Bangladesh, Brasile, India, Indonesia, Messico, Pakistan, Russia e Stati Uniti, e in 18 paesi dell’Africa, che contribuiscono al conteggio con quasi 300 milioni di aventi diritto al voto, per un totale, appunto, di 4 miliardi di persone nel Mondo che contribuiscono a più della metà del Pil mondiale.

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Il nord di Gaza è ormai completamente distrutto

Il rischio che sia solo un altro anno di guerre

Dovrebbe essere, cioè, il ‘trionfo della democrazia’, ma in pratica rischia di essere anche, purtroppo, ‘solo’ l’anno di nuove guerre. Guerra in Ucraina che continua e che potrebbe aumentare di intensità, ma dove pure si dovrebbe votare per libere elezioni, come in Russia, dove le elezioni saranno una farsa, cioè un semplice plebiscito per rieleggere Putin.

Guerra in Medio Oriente, tra Israele e Hamas, a Gaza, che potrebbe estendersi e salire di livello, sempre più pericoloso, coinvolgendo i traffici marittimi nel Mar rosso, dove gli attacchi degli Houti, alleati dell’Iran, imperversano o, addirittura, altri pezzi di Palestina (la Cisgiordania) o altri Paesi (il Libano, dove Hezbollah – altro alleato dell’Iran – minaccia l’apertura di un nuovo fronte, la Siria) fino al coinvolgimento dello stesso Iran.

Guerra che rischia di incombere anche in Estremo Oriente, dove andrà al voto l’isola di Taiwan e dove la pressione della Cina (paese ‘a-democratico’, dove non si vota mai) potrebbe causare una nuova, pericolosissima, guerra, trascinando in essa gli Usa. Per non dire dei Paesi africani, dove si rischiano nuovi golpe e guerre. Insomma, potrebbe essere, il 2024, l’anno del trionfo della democrazia come l’anno di nuovi indicibili lutti.

Tornando al tema dell’anno eccezionale, dal punto di vista della tornata elettorale, anche se, come sottolinea lo stesso Economist, "nel 2024 voterà un numero maggiore di persone rispetto a qualsiasi altro anno in precedenza", ma "questa grande marcia verso le urne non significa necessariamente un'esplosione della democrazia". L'elenco completo degli appuntamenti elettorali dell'anno, infatti, vede coinvolti 76 Paesi in cui non tutti gli elettori avranno la possibilità di esprimere liberamente e veramente il loro voto.

Ma solo in 43 Paesi su 76 le elezioni saranno libere

In almeno la metà di questi 76 stati è probabile che non arriveranno cambiamenti significativi nella struttura di chi detiene il potere perché le consultazioni non saranno libere o veramente democratiche, date le leggi contro la libertà di parola o di associazione presenti in molti regimi al voto.

Ma, se in 43 di questi Paesi, secondo le valutazioni dell'EIU (Economist Intelligence Unit), ci saranno votazioni pienamente libere ed eque (fra questi, ovviamente, tutti i Paesi membri dell'UE), ben altri 28 non soddisfano le condizioni essenziali per un voto democratico. In quasi tutti questi 43 Paesi, le elezioni non saranno né libere né regolari mentre molti altri prerequisiti della democrazia, come la libertà di parola e di associazione, risultano assenti.

Le elezioni in Bangladesh, Messico, Pakistan (tutti regimi ibridi, che combinano elementi di democrazia e autoritarismo) e Russia (un regime autoritario) quasi sicuramente non porteranno a un cambiamento di regime. Si tratterà, cioè, di competizioni elettorali solo ‘formali’, ma che non cambieranno in nulla il potere di chi comanda.

Voteranno gli elettori di oltre 20 Paesi nell'Europa allargata, 16 in Africa, 11 in America, 11 in Asia (e persino 4 in Oceania (compresa l'Australia, al voto in tre dei suoi Stati). Nella maggior parte dei Paesi, si tratta di elezioni generali, per rinnovare le assemblee legislative o il presidente o entrambi; ma ci sono anche molte elezioni locali (per esempio in Austria, Germania, Irlanda, Turchia, Brasile, Canada e India).

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Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea

Elezioni europee a giugno e in diversi Paesi Ue

In Europa, oltre al Parlamento europeo, a giugno, si rinnoveranno anche quelli di Austria, Belgio, Croazia, Lituania, Portogallo e Romania; nuovi presidenti saranno eletti in Croazia, Finlandia, Lituania, Romania e Slovacchia. Guardando anche più a Est, elezioni sono programmate in Azerbaigian (presidenziali), Bielorussia (parlamentari), Georgia (entrambe), Moldavia (presidenziali), Nord Macedonia (entrambi), Russia (presidenziali e regionali); al voto (locale) anche il Regno Unito, che però rinnoverà il Parlamento e il governo solo all'inizio del 2025, mentre l'Islanda ha in programma, a giugno del 2024, le elezioni presidenziali.

Per quanto riguarda le elezioni europee, che si terranno in tutti i 27 Paesi membri nel mese di giugno, tra il 6 e il 9, di media, e sempre con metodo proporzionale, i cittadini della Ue saranno chiamati a rinnovare i 720 rappresentanti che faranno parte del parlamento europeo. Da questi dipenderà la nomina del futuro presidente della Commissione europea.

Di particolare interesse le elezioni in Finlandia, Paese Ue di recente entrato anche nella Nato, il primo Paese che andrà al voto nel 2024, a gennaio. I candidati sono Alexander Stubb, esponente del Partito di coalizione nazionale ed ex primo ministro, e Jutta Urpilainen, ex commissaria europea per i partenariati internazionali, esponente dello storico Partito socialdemocratico. In pratica, la seconda è la unica donna che potrebbe diventare premier in un Paese europeo in tutto il 2024.

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Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky

Le elezioni in Ucraina (in forse) e quelle in Russia

Quanto alle elezioni presidenziali in Ucraina, il presidente in carica, Volodymyr Zelensky, non ha escluso di poterle tenere, nonostante la legge marziale vigente da ormai quasi due anni le vieti.

Un'elezione mentre vaste aree del Paese sono sotto occupazione straniera e milioni di ucraini sono sfollati dalle loro case, non potrebbe mai essere veramente libera o equa; ma se il voto riuscisse, sarebbe una dimostrazione di resistenza ai tentativi della Russia di schiacciare l'indipendenza ucraina, mentre al contrario, se ci fossero irregolarità palesi le elezioni sarebbero una minaccia per gli sforzi dell'Ucraina di entrare (oggi è paese candidato) in Ue ed essere riconosciuta come democrazia completa.

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Vladimir Putin, presidente della Federazione Russa

Nel paese aggressore, cioè in Russia, si voterà il 17 marzo. Dopo la notizia (già di per se scontata) della ricandidatura dell’attuale presidente, Vladimir Putin, la sua vittoria e riconferma è assicurata. La sua nomina rappresenterebbe il quinto mandato per il presidente di 71 anni, ormai in carica dal 2000. Le elezioni avranno luogo anche nelle regioni di Donetsk, Lugansk, Kherson e Zaporizhzhia, annesse alla Federazione russa dopo il referendum del 2022. Un atto che la comunità internazionale, però, rifiuterà.

Anche nella vicina Bielorussia si deciderà sul nuovo presidente. Anche qui, secondo i primi sondaggi, sembra che l’attuale presidente, Aleksandr Lukašenko, solido alleato di Putin, sarà riconfermato.

Le decisive elezioni presidenziali negli Usa

Nel continente americano, domina la scena, ovviamente, il voto del 5 novembre (un martedì, come sempre è tradizione, negli Usa) per eleggere il prossimo inquilino della Casa Bianca, ma anche per rinnovare l'intera Camera dei Rappresentanti e un terzo del Senato. Si preannuncia una seconda sfida fra il presidente uscente Joe Biden e il suo predecessore Donald Trump, che è però sotto accusa per avere contestato la vittoria di Biden nel 2020 e per aver sobillato i suoi sostenitori più estremi il 6 gennaio 2021, quando invasero Capitol Hill per ostacolare l'insediamento dei nuovi eletti al Congresso.

Non è detto, dunque, che Trump potrà realmente presentarsi, ai nastri di partenza, anche se vincesse le primarie all’interno del suo partito, il Gop (i Repubblicano), tanto che alcune corti federali di diversi Stati stanno già iniziando ad escluderlo dal diritto di competere.

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Claudia Sheinbaum Pardo e Xochtil Galvez candidate alla presidenza del Messico

Una donna sicura in Messico, forse in Venezuela

Ma nel 2024 voteranno anche il Venezuela, per il nuovo presidente, e il Messico, per le elezioni generali. E qui bisogna fare attenzione alle candidature femminili. In Messico, le due principali candidate sono, addirittura, entrambe donne: l’ex sindaca di Città del Messico, Claudia Sheinbaum per l’alleanza governativa Sigamos Haciendo Historia, e la senatrice Xóchitl Gálvez per la coalizione Fuerza y Corazón por México, che riunisce diversi partiti di opposizione.

Chiunque vinca, per la prima volta nella sua storia, il Messico avrà un presidente donna.

In Venezuela, il governo Nicolás è in scadenza. L’attuale presidente ancora non ha annunciato la sua ricandidatura. Le primarie per scegliere il leader dell’opposizione si sono svolte ad ottobre e, a vincerle, con il 93% dei voti, è stata Maria Corina Machado, leader di Vente Venezuela.

L’attuale candidata era stata inserita nella lista nera degli incandidabili per circa 15 anni e proprio questo divieto governativo sarà il prossimo scoglio da superare. Potrebbe essere il primo presidente donna. Ma le elezioni in Venezuela rappresentano un passo delicato per la ridefinizione dei rapporti con gli Usa.

Le elezioni in Asia, da Taiwan a India e Indonesia

In Asia, di particolare interesse sarà, il 13 gennaio, l'elezione a Taiwan: potrà infatti rimodulare le relazioni con la Cina dell'isola in un momento critico per il Paese, abitato da 24 milioni di persone. Il Partito democratico progressista, pro indipendenza e anti-cinese, secondo i sondaggi, dovrebbe mantenere il controllo della presidenza e del Parlamento, ma intanto accusa i suoi rivali, Kuomitang e il Partito popolare di Taiwan di spalleggiare la Cina e questi a loro volta accusano il Dpp di politiche guerrafondaie.

In India, il mandato di Naredra Modi è in scadenza. Il suo partito, Bharatiya Janata Party (Bjp) è al potere dal 2014. Nelle elezioni locali di novembre, Bjp ha vinto contro l’Indian national congress in cinque stati. Dati che hanno rafforzato le già alte probabilità di Modi di essere rieletto presidente. Per farlo, però, dovrà battere una coalizione formata da 26 partiti politici riuniti sotto l’Alleanza inclusiva indiana per lo sviluppo nazionale, erede del Partito del Congresso. Si vota, dunque, nello stato oggi più popoloso al mondo.

In Indonesia si terranno le più grandi elezioni di un solo giorno del pianeta. Più di 200 milioni di elettori indonesiani e 1,75 milioni di cittadini fuori dal paese voteranno per la nomina di presidente, vicepresidente e 20mila rappresentanti ai parlamenti nazionali, provinciali e distrettuali.

L’attuale presidente, Joko Widodo, il primo a non emergere dall’élite politica del paese o per essere stato un generale dell’esercito, non potrà ricandidarsi per il limite dei due mandati. I candidati saranno: per la quarta volta, Prabowo Subianto, che gareggerà contro Anies Baswedan dal Partito Democratico Indonesiano di Lotta e Ganjan Pranowo. I primi sondaggi hanno previsto, finora, una sfida tra Pranowo e Subianto

Fra i primi elettori chiamati alle urne ci saranno poi quelli di Bangladesh (7 gennaio) e Pakistan (8 febbraio), a loro volta fra i Paesi più popolosi del mondo, ma nel 2024 si voterà anche in Mongolia e in Iran, uno dei Paesi meno democratici del pianeta.

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Proteste nel paese africano contro la norma per 'punire' l'omosessualità (Instagram)

Elezioni problematiche in molti Paesi africani

Elezioni problematiche si prospettano anche in molti dei 16 Paesi africani che saranno chiamati alle urne durante l'anno: dal Senegal, dove le presidenziali sono previste il 25 febbraio, all'Algeria, che voterà il nuovo presidente a fine anno, al Mozambico, alle elezioni generali in Sud Africa.

In Somalia, per la prima volta dal 1969, verrà applicato il suffragio universale, "una persona, un voto". In Senegal, l’attuale presidente, Macky Sall, sta per terminare il suo secondo mandato ma non ha intenzione di ricandidarsi. Il Partito socialista e l’Alleanza delle forze del progresso hanno confermato la candidatura di Amadou Bas, attuale primo ministro. Il Ruanda terrà le elezioni presidenziali e legislative nello stesso periodo, per prima volta dopo l’emendamento alla costituzione di inizio 2023.

In Sud Africa, il partito di Nelson Mandela, l’African National Congress, guida il paese ininterrottamente dal 1994. Negli ultimi anni, sta registrando un calo dei consensi e un ulteriore indebolimento del partito. Anche in Mozambico, il partito Frelimo è al potere dal 1975, anno dell’indipendenza. L’attuale presidente, Filipe Nyusi, non potrà ricandidarsi per il suo terzo mandato e il suo partito deve ancora nominare il suo successore.

In Mali erano previste le elezioni a febbraio ma sono state rinviate sine die. In Tunisia, l’attuale presidente, Kais Saied, verrà sfidato da Olfa Hamdi, Partito della Terza repubblica. Certo è che, in Africa, si prevedono più golpe che elezioni…

Queste le date (elettorali e non) da ricordare del 2024:

1° gennaio – Ue, inizio del semestre di presidenza di turno belga del Consiglio dei Ministri. 15 gennai  – Usa inizio della stagione delle primarie (fino a giugno), con i caucus repubblicani nello Iowa. 1° febbraio – Ue, Consiglio europeo straordinario sul bilancio pluriennale. 10 marzo – Portogallo, elezioni politiche. 17 marzo – Russia, elezioni presidenziali. 21/22 marzo – Ue, Consiglio europeo. Aprile e maggio – India, elezioni generali. 2 giugno – Messico, elezioni presidenziali.

6-9 giugno – Ue, elezioni europee.

9 giugno – Belgio, elezioni politiche. 13-15 giugno – G7, Vertice sotto presidenza di turno italiana, in Puglia, nella Valle d’Itria, a Fasano, presso Borgo Egnazia. 17/18 giugno – Ue, Consiglio europeo informale dopo le elezioni europee. 27/28 giugno – Ue, Consiglio europeo per designare il presidente della Commissione europea. 1° luglio – Ue, inizio del semestre di presidenza di turno ungherese del Consiglio dei Ministri. 15-18 luglio – Ue, prima plenaria del nuovo Parlamento europeo eletto e voto investitura presidente Commissione europea; Usa, convention nazionale Partito repubblicano a Milwaukee, Wisconsin. 19-22 agosto – Usa, convention nazionale Partito democratico a Chicago, Illinois. 24/25 ottobre – Ue, Consiglio europeo per l’elezione del presidente del Consiglio europeo, in vigore il 1 dicembre. 5 novembre – Usa, elezioni presidenziali e per il rinnovo della Camera e di un terzo del Senato. 18/19 novembre – G20, Vertice, sotto presidenza di turno brasiliana.