La politica e il Parlamento davanti ai femminicidi. La morte di Giulia Cecchettin riaccende i riflettori

L’appello importante della Cortellesi, tante parole e una (buona) legge in dirittura di arrivo: il Codice rosso bis

di ETTORE MARIA COLOMBO
20 novembre 2023

Il brutale omicidio – anzi, femminicidio – di Giulia Cecchettin e la cattura, in Sassonia (Germania) del suo ex ‘fidanzato’, definito “un bravo ragazzo”, Filippo Turetta, fa riesplodere non solo il dibattito pubblico, ma anche quello politico.

I social grondano indignazione, e proteste, Elodie chiede un minuto di silenzio a un concerto (“non posso togliermi questo peso”), la politica – pelo sullo stomaco incluso, purtroppo – non può certo tirarsi indietro, non vuole essere da meno, non foss’altro che nel (spesso vano, a dirla tutta) tentativo di rincorrere i sentiment del Paese, provando a specularci su.

Le (solite, scontate) reazioni indignate della politica…

Il governatore del Veneto, Luca Zaia, annuncia che la regione si fermerà, in segno di lutto, nel giorno dei suoi funerali, che neppure si sa quando saranno. Un fermo ‘preventivo’ come quello ‘biologico’ che si fa per la pesca. Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, propenso a commentare ogni evento, propone la laurea honoris causa per Giulia, che stava proprio per laurearsi (in Ingegneria), il 16 novembre, le mancava solo la discussione della tesi.

La proposta spetterebbe alla ministra dell’Università, Annamaria Bernini, che in effetti la propone, dopo aver parlato con il rettore di Padova, mentre si trova a un meeting di Forza Italia a Taormina, ma Tajani, più lesto, parla prima di lei, sempre in quel di Taormina, e le ‘brucia’, sul tempo, l’idea. Poi butta il cuore oltre l’ostacolo.

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La ministra dell’Università, Annamaria Bernini

“Come uomo”, dice con parole roboanti Tajani, “chiedo scusa a tutte le donne, a cominciare da mia moglie e da mia figlia, per tutto quello che fanno gli uomini. Bisogna cominciare a far capire, anche alle famiglie, che non ci sono persone di serie A e di serie B”. Le parole di esecrazione, insomma, si sprecano. Un fiume di parole.

E così mentre sempre la Bernini dice di avere in testa “impressa l’immagine di Giulia attaccata all’albero con i suoi pupazzetti” e sempre Tajani annuncia che, il 25 novembre, farà colorare la Farnesina “di arancione” (chissà perché, poi, dato che il colore di quella giornata è il rosso), il ministro dell'Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, annuncia che oggi invierà a tutte le scuole un invito “a rispettare un minuto di silenzio martedì prossimo”.

Matteo Salvini, altro vice-premier e ministro dei Trasporti, commentando l’arresto di Turetta sui social, non perde l’occasione per lanciare il solito avvertimento securitario: “Se colpevole, nessuno sconto di pena e carcere a vita".

La giornata internazionale contro la violenza alle donne

Il tema – quello vero, serio, terribile – sono e restano i femminicidi. La giornata internazionale contro la violenza sulle donne si avvicina a grandi passi e nulla pare cambiare. La ricorrenza è stata istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite con la risoluzione n. 54/134 del 17 dicembre 1999 e da allora punta a sensibilizzare il mondo intero sull’importanza del tema.

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La data scelta segna anche, sempre a livello mondiale, l’inizio di “16 giorni di attivismo sulla violenza di genere” che precedono, non a caso, la Giornata mondiale dei dritti umani (10 dicembre) proprio per sottolineare che negare la violenza sulle donne è una violazione primaria dei diritti umani.

In molti Paesi, come l'Italia, il colore esibito in questa giornata è il rosso e uno degli oggetti simbolo è rappresentato dalle scarpe rosse da donna, allineate nelle piazze o in luoghi pubblici, a rappresentare le vittime di violenza e femminicidio.

palazzi delle Istituzioni (Camera, Senato, palazzo Chigi, sedi dei principali ministeri) si tingono di rosso quel giorno mentre una panchina ‘rossa’ è stata installata anche nel cortile d’onore di palazzo Montecitorio, sede della Camera. Leggi ne sono state fatte, altre se ne potrebbero fare ancora.

Ma, ultimamente, la questione – tra scontri politici sulla manovra economica, le riforme istituzionali e sui migranti – sembrava finita decisamente sottotraccia, quasi dimenticata.

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Paola Cortellesi in "C'è ancora domani"

La ‘scossa’ del film e dell’appello di Paola Cortellesi

A dare una scossa, anche alla politica, ci ha pensato Paola Cortellesi.

L’attrice e regista che è protagonista in queste settimane di una performance record al botteghino con la sua opera prima “C’è ancora domani” (che si avvicina in questo weekend ai 20 milioni di euro di incasso totale, film coraggiosamente girato tutto in bianco e nero), incentrata proprio su una storia di violenza di genere e, al tempo stesso, di emancipazione femminile, ha ripostato, sulle sua storie di Instagram, l’appello fatto lanciato dal giornalista Massimo Gramellini a Giorgia Meloni e ad Elly Schlein nella trasmissione "In altre parole", in onda su La 7: "Litigate su quello che volete.

Ma sulla violenza contro le donne, no! Approvate subito quelle riforme e insieme".

 
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La Cortellesi ha rinnovato l’invito, attraverso un’intervista al settimanale Vanity Fair, rivolgendosi di nuovo alle due esponenti politiche, la premier e la segretaria del Pd: visto che “per la prima volta a capo del governo e dell’opposizione ci sono due donne” è il momento di pensare a “un progetto, un accordo su temi che le riguardano entrambe, come la prevenzione dei femminicidi, a partire dalla scuola. “Mi piacerebbe tanto incontrarle”.

Le ‘diverse’ risposte di Meloni e Schlein

Ovviamente, le due ‘premier dame’ rispondono subito, ma in modo molto diverso. Sui social, la Meloni con un post ha espresso subito cordoglio alla famiglia Cecchettin.

“Il ritrovamento del corpo senza vita di Giulia è una notizia straziante. Ci stringiamo al dolore dei suoi familiari e di tutti i suoi cari. Mi auguro sia fatta presto piena luce su questo dramma inconcepibile. Riposa in pace", scrive la premier senza, però, raccogliere appello lanciato da Schlein.

Anche la segretaria del Pd si stringe al dolore della famiglia ma poi se la prende con “la cultura tossica del patriarcato e della sopraffazione che ha attecchito anche nei più giovani. Se non ci occuperemo di educazione al rispetto e all'affettività sin dalle scuole non fermeremo mai questa mattanza. E non basterà mai aumentare solo leggi e punizioni che intervengono dopo le violenze già compiute: serve l'educazione, serve la consapevolezza.

Se non si agisce già a partire dalle scuole e nella cultura per sradicare l'idea violenta e criminale del controllo e del possesso sul corpo e sulla vita delle donne, sarà sempre troppo tardi.

E serve un'azione che veda l'impegno concreto di tutte e tutti". Insomma, Schlein mette il problema in ottica ‘culturale’, anche se, di fatto, propone “una legge per agire nelle scuole” e, con la critica al ‘patriarcato’, si espone a facili critiche: quelle della demagogia e del solito ‘benaltrismo’.

“Apprezzo che l'onorevole Schlein condivida con noi l'idea di educare al rispetto nelle scuole contro la violenza e la cultura maschilista – è infatti la risposta del ministro dell'Istruzione Valditara – ma già ci stiamo lavorando.

Dopo aver consultato associazioni studentesche, associazioni dei genitori, sindacati, ordine degli psicologi la proposta è pronta e verrà a giorni presentata ufficialmente".

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Eugenia Roccella, ministra Pari opportunità e la famiglia

Replica pure la ministra per la Famiglia, Eugenia Roccella: “Abbiamo sempre detto che per fermare e sconfiggere la violenza sulle donne c'è bisogno di uno sforzo comune. E il fatto che il ddl anti-violenza del governo sia stato approvato all'unanimità alla Camera è stato già un importante risultato. Ben venga, qualsiasi disponibilità al dialogo.

Per la sensibilizzazione nelle scuole abbiamo già predisposto una campagna con i ministri Valditara e Sangiuliano.

E con il comitato tecnico-scientifico dell'Osservatorio anti-violenza insediato presso il mio ministero stiamo lavorando alle linee guida sulla formazione a tutti i livelli, affinché ci siano in ogni ambito adeguate sensibilità e preparazione, sia per gli operatori dei vari settori (sanità, forze dell'ordine, magistratura ecc.), che entrano in contatto diretto con le vittime, sia per predisporre adeguate campagne di prevenzione. Sul tema ci siamo".

Il Parlamento e i femminicidi: il ‘Codice Rosso bis’

Ma cosa fa, di concreto, la politica sul tema femminicidi? Si sta muovendo, anche se, al solito, col passo del bradipo.

Il disegno di legge che contiene nuove norme al ‘Codice rosso’ per le vittime e la violenza domestica e di genere è stato approvato, in via definitiva, dalla Camera dei Deputati, lo scorso 7 settembre (anche se, va detto, con 200 sì e nessun voto contrario, ma 61 astenuti, tutti di Pd e Avs, che non lo ritenevano abbastanza ‘duro’ né ‘completo’), e dovrebbe essere votato, ma dopo mesi di ‘sonno’ legislativo, proprio durante questa settimana, dal Senato affinché la sua approvazione possa diventare definitiva.

Dopo la legge sullo stalking (numero 38 del 2009), voluta dall’allora ministra alle Pari Opportunità, Mara Carfagna, in realtà una legge contro i femminicidi esiste già. E’ la legge numero 69 del 2019, (nota, appunto, come legge del “Codice Rosso") che rafforza la tutela di tutti coloro che subiscono violenze, per atti persecutori e maltrattamenti.

Fu voluta dal ministro dell’allora ministra alla PA, Giulia Bongiorno (Lega) in  concorso con l’allora ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede (M5S) durante il Conte uno.

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Una manifestazione di protesta contro la violenza sulle donne

Anche in quel caso approvata senza alcun voto contrario, la legge deve il nome alla misura che prevede l'introduzione di una corsia veloce e preferenziale per le denunce e le indagini nei casi di violenza, come avviene nei pronto soccorso per i pazienti cui serve un intervento immediato.

In buona sostanza, quella ‘nuova’, un ‘Codice Rosso bis’, prevede un inasprimento delle pene della prima legge. Per le opposizioni (Pd – Azione – Avs) “è solo un ritocco” mentre per la prima firmataria, sempre la Bongiorno (Lega) “il rafforzamento del Codice Rosso è un passo in avanti”.

Con il 'Codice Rosso bis’ è prevista una accelerazione per l'avvio del procedimento penale per alcuni reati: stalking, maltrattamenti in famiglia, violenza sessuale. In questi casi i provvedimenti di protezione delle vittime vengono adottati più velocemente.

Altra novità è l'allungamento dei tempi per sporgere denuncia: la vittima ha 12 mesi per farlo e non più 6 come in precedenza. Modificata la misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa. Il giudice, per garantirne il rispetto, può predisporre anche il ricorso al braccialetto elettronico.

Inasprite, e di molto, risultano anche le pene. Basterà? No. Quello che serve è, appunto, un percorso formativo ed educativo, soprattutto nelle scuole. Una nuova legge? Forse. Di sicuro, le famiglie dovrebbero, prima di tutto, insegnare ai loro figli maschi, un vecchio adagio popolare: “una donna non si tocca mai, neppure con un fiore”…