C’è una parte della Generazione Z che preferisce la dittatura? Il sondaggio che mostra la disillusione verso la democrazia

Il 52% dei giovanissimi britannici si dichiara favorevole a un governo autoritario, mentre un terzo del campione non vedrebbe di cattivo occhio un governo militare. Ma la risposta non può essere meno democrazia

di MARGHERITA AMBROGETTI DAMIANI
22 marzo 2025
Il 52% della Generazione Z nel Regno Unito dichiararsi favorevole a un governo dai caratteri autoritari

Il 52% della Generazione Z nel Regno Unito dichiararsi favorevole a un governo dai caratteri autoritari

Stando ai risultati di un recente sondaggio condotto da Craft e pubblicato dal Times, più della metà dei giovani britannici tra i 13 e i 27 anni preferirebbe un leader forte, svincolato da elezioni e Parlamento, a un sistema democratico tradizionale. Sì, avete capito bene: meglio una dittatura che un sistema democratico complesso, articolato e, alle volte, controverso. Per la precisione, è il 52% della cosiddetta Generazione Z a dichiararsi favorevole a un governo autoritario, mentre un terzo del campione non vedrebbe di cattivo occhio un governo militare.

Numeri che sollevano non pochi interrogativi: cosa sta accadendo alla percezione della democrazia tra le nuove generazioni? Quali sono le cause di questa crescente sfiducia nelle istituzioni democratiche? E soprattutto, come si può contrastare questa deriva?

Partiamo dal principio: il desiderio di un governo forte e autoritario spesso nasce dalla frustrazione verso le disfunzioni delle istituzioni democratiche. Negli ultimi anni, il Regno Unito ha vissuto crisi politiche, economiche e sociali profonde: la Brexit, ad esempio, ha lacerato il tessuto sociale e politico, le disuguaglianze sono aumentate, il costo della vita è salito vertiginosamente e le prospettive per i giovani appaiono sempre più incerte. In questo contesto, la democrazia è apparsa, agli occhi di molti, come un sistema inefficiente, incapace di risolvere i problemi concreti delle persone.

L’illusione che un leader forte possa offrire risposte rapide e definitive si nutre proprio di questa insoddisfazione. Considerare l’autoritarismo la panacea di tutti i mali non è, però, una soluzione: la storia insegna che quando il potere si concentra nelle mani di pochi, i diritti individuali vengono calpestati e il dissenso viene soffocato.

Il bisogno di alternative

C’è, però, un dato che, se bene interpretato, potrebbe rivelarsi utile alla riflessione collettiva: quasi la metà degli intervistati auspica un cambiamento radicale della società, anche attraverso una rivoluzione. Ciò vuol dire che i giovani percepiscono la realtà attuale come profondamente ingiusta e desiderano un’alternativa. Il rischio è che questo desiderio di cambiamento, se non alimentato da una società capace di trasformarlo in energia positiva, potrebbe finire per essere fagocitato da dinamiche populiste o autoritarie, piuttosto che sfociare in una riflessione sulla necessità di rafforzare gli strumenti democratici.

Il fatto è che le democrazie occidentali stanno attraversando una crisi di legittimità, spesso amplificata dalla disinformazione online e dalla polarizzazione dei social media. La fiducia nelle istituzioni è in declino e lo spazio lasciato vuoto viene riempito da narrazioni semplificate, spesso veicolate da influencer e figure carismatiche che promettono soluzioni facili a problemi complessi.

Giovani uomini discriminati?

Se a ciò si aggiunge che il 45% dei giovani uomini under 30 si sentono discriminati il gioco è fatto. Questa percezione, infatti, riflette una narrazione sempre più diffusa nei circoli conservatori e reazionari, secondo cui la lotta per i diritti delle donne avrebbe “superato il limite”. Un dato che, se osservato oggettivamente, non indica certo una reale discriminazione, ma una crisi identitaria maschile in un contesto di progressiva ridefinizione dei ruoli di genere. La crescita di movimenti antifemministi e il successo di figure pubbliche che cavalcano questo sentimento di rivalsa ne sono la dimostrazione.

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L’esempio è calzante: se i giovani uomini vedono nella parità di genere una minaccia piuttosto che un progresso collettivo, significa che il dibattito pubblico è carente di strumenti per spiegare che l’uguaglianza non è un gioco a somma zero. In una società più equa, nessuno perde diritti: al contrario, si creano più opportunità per tutti. E qua si torna al tema della comunicazione: il 58% dei giovani ritiene che i post condivisi dagli amici online siano affidabili quanto, o più, degli articoli dei media tradizionali.

Una tendenza che riflette una crisi di fiducia nei confronti del giornalismo professionale e una crescente dipendenza dalle fonti di informazione non verificate. E, si sa, in un'epoca in cui la disinformazione si diffonde rapidamente attraverso i social media, il rischio di manipolazione dell’opinione pubblica è più alto che mai. Se le nuove generazioni perdono la capacità di distinguere tra informazione attendibile e fake news, il dibattito pubblico si trasforma in un campo di battaglia tra narrazioni contrapposte, dove vincono le emozioni piuttosto che i fatti.

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Crisi democratica profonda

Il dato più preoccupante di questo sondaggio è che, di fronte alle sfide del presente, molti giovani sembrano rassegnarsi all’idea che la democrazia sia inefficace. Ma la risposta non può essere meno democrazia: al contrario, serve più democrazia. Ciò significa investire nell’educazione civica, rafforzare la partecipazione politica e migliorare la qualità del dibattito pubblico. Significa, poi, costruire istituzioni più trasparenti e inclusive, capaci di rispondere alle esigenze reali delle persone, e riconoscere che la democrazia è un processo in continua evoluzione, non un sistema perfetto, ma il migliore che abbiamo per garantire libertà e diritti a tutti.

Se vogliamo evitare che le nuove generazioni cedano al fascino dell’autoritarismo, dobbiamo offrire loro una democrazia che funzioni davvero. E questo è un compito che riguarda tutti noi.