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Home » HP Blocco Grande » Abbandono scolastico: sud ancora indietro ma migliora, aumento al centro e nord. Floridia: “A ciascuno lo studio idoneo”

Abbandono scolastico: sud ancora indietro ma migliora, aumento al centro e nord. Floridia: “A ciascuno lo studio idoneo”

Nel 2020 il 13,1% ha lasciato anzitempo la scuola: l'Italia è lontana dalla media continentale (9,9%) ma in linea con i parametri assegnati dall'Ue (16%). Quattro regioni fuori parametri, cinque già "in Europa". La sottosegretaria: "Potenzieremo tecnici e professionali. Più investimenti col Pnrr". Il rischio dei giovani senza studio né lavoro

Piero Ceccatelli Ettore Maria Colombo
27 Settembre 2021
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Abbandono scolastico, una piaga sociale (e non solo) del Paese. Non sono più gli anni Cinquanta e Sessanta, quando si lasciavano i banchi dopo la scuola dell’obbligo (o anche prima) perché le famiglie non potevano permettersi un figlio che studia, perché i fratelli maggiori non erano andati a scuola e guai fare parzialità a favore dei più piccoli. O semplicemente perché si era bambine, o ragazze. Nè sono gli anni Settanta e Ottanta, quando in zone fortunate, il mondo del lavoro ti attraeva già a 14 anni o appena diplomati con le sue, magari dure, certezze, contrapposte alle lusinghe lontane dello studio. E in cui, al contrario e per altri ranghi sociali, la scuola diventava un comodo prestesto per rinviare decisioni serie con la vita e le famiglie scoprivano in casa eterni Peter Pan col corpo di adulti: in quei casi, la scuola era un contenitore al quale restare il più possibile aggrappati (fenomeno protrattosi fino agli anni Novanta, in verità), altro che abbandonarlo.
Nel terzo millennio non è più il lavoro, a far concorrenza alla scuola e a sottrarle virgulti. Non ha più senso partire prima, da adolescenti, per arrivare prima (alla pensione) ancor giovani e sani. La pensione forse non toccherà a tutti e il precariato – salvo eccellenti eccezioni provocate non solo da favori ma dal merito – sarà il destino che accomuna i senza diploma e i laureati con dottorato. Tutti a contendersi – semmai esista – un posto da cassier* o di commess* al supermercato. O da barista o camerier*. O a smanettare sui social per qualche azienda che ti prende a partita Iva.

L’alternativa è aggrapparsi al reddito di cittadinanza e ingrossare la schiera dei neet (not educational, employed trading), i giovani che non studiano e non lavorano e ai quali qualuno penserà, come succede ai gigli del campo di biblica memoria: non tessono, non filano, eppure crescono belli rigogliosi.

I dati di Openpolis

Openpolis ha diffuso i dati dell’Osservatorio della povertà educativa #conibambini su scuola e abbandono scolastico.
Ecco i numeri

13,1%

 la percentuale dei  giovani che hanno abbandonato prematuramente gli studi in Italia (2020). Da un lato – fa notare Openpolis – si mostra un miglioramento significativo nella lotta all’abbandono scolastico nel decennio. Nel 2011, infatti, quasi il 18% dei giovani tra 18 e 24 anni aveva lasciato la scuola prima del tempo nel nostro paese.

La mappa dell’abbandono scolastico in Europa

Tuttavia questa quota resta tra le più alte in Ue, alle spalle di Malta (16,7%), Spagna (16%) e Romania (15,6%).

Per misurare gli abbandoni scolastici, la scelta metodologica adottata a livello europeo è utilizzare come indicatore indiretto la percentuale di giovani tra 18 e 24 anni che hanno solo la licenza media.

Tra questi viene incluso anche chi ha conseguito una qualifica professionale regionale di primo livello con durata inferiore ai due anni.

10%

l’obiettivo sugli abbandoni scolastici previsto dall’agenda Europa 2020. L’Unione europea si è attestata al 9,9% nel 2020. Il target nazionale assegnato all’Italia era 16%, obiettivo raggiunto, ma non bisogna fermarsi. In vista del 2030 nel febbraio 2021 l’Ue ha abbassato la soglia dell’abbandono di un punto, attestansolo al 9% continentale.

4

le regioni italiane che superano la media nazionale di abbandoni scolastici: Sicilia (19,4%), Campania (17,3%), Calabria (16,6%) e Puglia (15,6%).

Al contrario, Abruzzo, Friuli-Venezia Giulia, Molise, Emilia Romagna e Marche sono già “in Europa“ trovandosi al di sotto della soglia Ue del 10%.

-1,9

 

la variazione percentuale del tasso di abbandono scolastico nel mezzogiorno tra il 2019 e il 2020. Al sud e nelle isole si sono registrati i maggiori progressi: dal 2019 l 2020 il tasso di abbandono è sceso dal 18,2% al 16,3%. Al contrario al centro e al nord è salito rispettivamente di 0,5% e 0,6% punti rispetto al 2019.

28,1%

i giovani che hanno abbandonato precocemente nel comune di Napoli (2011). “Un dato – si legge nel report di Openpolis – che siamo in grado di ricavare, con questa granularità, solo attraverso le informazioni raccolte nell’ultimo censimento generale“.
Ecco la mappa, Comune per comune 

L’intervista

Insegnante a tutto tondo. Chi è la pentastellata sottosegretaria all’Istruzione Barbara Floridia

Barbara Floridia (messinese, classe 1977) è una storica attivista del M5s, che, dal I marzo del 2021, ha la ventura di essere stata nominata sottosegretario di Stato all’Istruzione nel governo Draghi. Sposata, docente di Lettere dal 2000 (in ruolo dal 2007, poi in aspettativa), è alla sua prima legislatura. Eletta nel 2018 al Senato, con il Movimento 5 Stelle, è già stato segretario d’Aula, sempre al Senato, e poi vicecapogruppo. Si è occupata a lungo di ambiente, di lotta alla mafia e, ovviamente, di istruzione e scuola.

Barbara Floridia col ministro Patrizio Bianchi

Sottosegretaria con il ministro Patrizio Bianchi (un ‘tecnico’, come si suol dire), ha le deleghe, tra le altre, a educazione ambientale, conoscenza e tutela del patrimonio e territorio, implementazione obiettivi nell’Agenda 2030, educazione civica, salute nelle scuole
Donna colta e raffinata, autrice di poesie, racconti e saggi (“Cesare e io” l’ultima fatica letteraria), rivendica di essere un’insegnante, fiera di esserlo. Racconta sul sito Internet www.barbarafloridia.com che “la scelta di insegnare non è stato un ripiego, ma una scelta. Sono docente di italiano e latino e non ho mai accettato compromessi (come insegnare senza retribuzione nelle scuole private, né, per restare vicino casa, ho accettato di insegnare sostegno non sentendomi all’altezza di un compito tanto delicato e importante). Per entrare di ruolo il prima possibile sono emigrata al Nord, dove, benché se ne dica, da meridionale mi sono trovata benissimo”. Ama molto la sua terra, in particolare Venatico, le isole e la costa tirrenica.
Luce! l’ha intervistata sul tema – sempre più drammatico – dell’abbandono della scuola.

Come valuta i dati sulla dispersione scolastica?

“Il dato sulla dispersione è ancora molto alto, ma negli ultimi dieci anni si è ridotto in maniera significativa. Chiaramente la pandemia non ha aiutato in questo senso, ma gli investimenti che abbiamo già messo in campo a partire dal governo Conte 2, e quelli programmati con il Pnrr, saranno decisivi. Solo per l’orientamento e le competenze di base abbiamo previsto uno stanziamento importante pari a un miliardo e mezzo. Vogliamo investire particolarmente nelle aree che soffrono maggiormente la dispersione scolastica, quindi sud e isole, puntando sulla formazione professionale e tecnica. In questo modo riagganciamo la scuola al proprio territorio di riferimento, incentivando l’occupazione e andando incidere fortemente sulla dispersione.

Chi lascia la scuola? prevalentemente italiani o stranieri? 

“I dati ci dicono che la dispersione scolastica è maggiore tra gli alunni non nati in Italia. Ci conforta però il fatto che si tratti di un dato in costante decrescita, perché la scuola è probabilmente lo strumento di inclusione più importante che abbiamo a disposizione”.

La dispersione è all’obbligo scolastico protratto fino a 16 anni? Dopo le “medie” si iscrive per due anni, in genere agli istituti professionali, e se non si hanno serie intenzioni, poi si smette dopo la seconda superiore. Paradossalmente, l’abbandono avviene proprio nelle scuole considerate più ‘facili’, i professionali ed è figlio di un obbligo di frequentare fino all’età di 16 anni che, posto così, non ha più senso. Non crede?

“La dispersione scolastica è un fenomeno profondamente complesso che merita di essere studiato nei suoi molteplici fattori. Non parlerei di scuole più facili ma di studenti più fragili. Sono loro, gli studenti più fragili, che dobbiamo supportare maggiormente offrendo loro la cassetta degli attrezzi per affrontare adeguatamente la complessità della società”.

“Ricordiamoci che l’obbligo scolastico vigente, fissato a dieci anni, è già superiore a quanto previsto nella nostra Costituzione che ne indica almeno otto. Si può sicuramente aprire un confronto sulla opportunità, eventualmente, di alzarlo, ma credo che sia necessaria la più ampia condivisione su questo punto”.

È in corso la riforma degli istituti professionali. Come cambieranno? E le novità serviranno a frenare la dispersione scolastica?

“La riforma è all’interno del Piano del Pnrr e mira ad innovare e ammodernare i curricola degli istituti tecnici e professionali, rendendoli da una parte più attrattivi e motivanti e dall’altra maggiormente rispondenti alle esigenze del tessuto produttivo del territorio. Le modifiche, indubbiamente, renderanno i percorsi scolastici più flessibili e in grado di rispondere efficacemente alle esigenze formative di un’utenza che necessita di maggiori attenzioni”.

Quando avviene in prevalenza, l’abbandono? Se prima ancora della seconda superiore è segno di totale sfiducia nella scuola. Nei casi in cui la dispersione si concentri più avanti è il risultato di errori nella scelta del corso, avvenuta magari per imposizione familiare o seguendo mode correnti. Come si possono avviare i ragazzi subito alla scuola giusta?

“L’orientamento è una delle chiavi su cui la riorganizzazione scolastica basa la propria strategia per contrastare il fenomeno della dispersione scolastica. Per questo nel Pnrr abbiamo investito un miliardo per migliorare le azioni dedicate all’orientamento. Aiutare gli studenti a capire profondamente le loro aspirazioni e affiancarli nel percorso scelto o da scegliere è fondamentale”.

 

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Instagram

  • Numerosi attori e musicisti di alto profilo si sono recati in Ucraina da quando è scoppiata la guerra con la Russia nel febbraio 2022. L’ultimo in ordine di tempo è stato l’attore britannico Orlando Bloom, che ieri ha visitato un centro per bambini e ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Kiev.

“Non mi sarei mai aspettato che la guerra si sarebbe intensificata in tutto il Paese da quando sono stato lì”, ha detto Bloom su Instagram, “Ma oggi ho avuto la fortuna di ascoltare le risate dei bambini in un centro del programma Spilno sostenuto dall’Unicef, uno spazio sicuro, caldo e accogliente dove i bambini possono giocare, imparare e ricevere supporto psicosociale”.

Bloom è un ambasciatore di buona volontà per l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef). Il centro di Splino, che è uno dei tanti in Ucraina, offre sostegno ai bambini sfollati e alle loro famiglie, con più di mezzo milione di bambini che ne hanno visitato uno nell’ultimo anno.

La star hollywoodiana ha poi incontrato il presidente Zelensky, con cui ha trattato temi tra cui il ritorno dei bambini ucraini deportati in Russia, la creazione di rifugi antiatomici negli istituti scolastici e il supporto tecnico per l’apprendimento a distanza nelle aree in cui è impossibile studiare offline a causa della guerra. L’attore britannico aveva scritto ieri su Instagram, al suo arrivo a Kiev, che i «bambini in Ucraina hanno bisogno di riavere la loro infanzia».

#lucelanazione #lucenews #zelensky #orlandobloom
  • “La vita che stavo conducendo mi rendeva particolarmente infelice e se all’inizio ero entrata in terapia perché volevo accettare il fatto che mi dovessi nascondere, ho avuto poi un’evoluzione e questo percorso è diventato di accettazione di me stessa."

✨Un sorriso contagioso, la spensieratezza dei vent’anni e la bellezza di chi si piace e non può che riflettere quella luce anche al di fuori. La si potrebbe definire una Mulan nostrana Carlotta Bertotti, 23 anni, una ragazza torinese come tante, salvo che ha qualcosa di speciale. E non stiamo parlano del Nevo di Ota che occupa metà del suo volto. Ecco però spiegato un primo punto di contatto con Mulan: l’Oriente, dove è più diffusa (insieme all’Africa) quell’alterazione di natura benigna della pigmentazione della cute intorno alla zona degli occhi (spesso anche la sclera si presenta scura). Quella che appare come una chiazza grigio-bluastra su un lato del volto (rarissimi i casi bilaterali), colpisce prevalentemente persone di sesso femminile e le etnie asiatiche (1 su 200 persone in Giappone), può essere presente alla nascita o apparire durante la pubertà. E come la principessa Disney “fin da piccola ho sempre sentito la pressione di dover salvare tutto, ma forse in realtà dovevo solo salvare me stessa. Però non mi piace stare troppo alle regole, sono ribelle come lei”.

🗣Cosa diresti a una ragazza che ha una macchia come la tua e ti chiede come riuscire a conviverci?�
“Che sono profondamente fiera della persona che vedo riflessa allo specchio tutto i giorni e sono arrivata a questa fierezza dopo che ho scoperto e ho accettato tutti i miei lati, sia positivi che negativi. È molto autoreferenziale, quindi invece se dovessi dare un consiglio è quello che alla fine della fiera il giudizio altrui è momentaneo e tutto passa. L’unica persona che resta e con cui devi convivere tutta la vita sei tu, quindi le vere battaglie sono quelle con te stessa, quelle che vale la pena combattere”.

L’intervista a cura di Marianna Grazi �✍ 𝘓𝘪𝘯𝘬 𝘪𝘯 𝘣𝘪𝘰

#lucenews #lucelanazione #carlottabertotti #nevodiota
  • La salute mentale al centro del podcast di Alessia Lanza. Come si supera l’ansia sociale? Quanto è difficile fare coming out? Vado dallo psicologo? Come trovo la mia strada? La popolare influencer, una delle creator più note e amate del web con 1,4 milioni di followers su Instagram e 3,9 milioni su TikTok, Alessia Lanza debutta con “Mille Pare”, il suo primo podcast in cui affronta, in dieci puntate, una “para” diversa e cerca di esorcizzare le sue fragilità e, di riflesso, quelle dei suoi coetanei.

“Ho deciso di fare questo podcast per svariati motivi: io sono arrivata fin qui anche grazie alla mia immagine, ma questa volta vorrei che le persone mi ascoltassero e basta. Quando ho cominciato a raccontare le mie fragilità un sacco di persone mi hanno detto ‘Anche io ho quella para lì!’. Perciò dico parliamone, perché in un mondo in cui sembra che dobbiamo farcela da soli, io credo nel potere della condivisione”.

#lucenews #lucelanazione #millepare #alessialanza #podcast
  • Si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali indossando un abito tradizionale Crow, tribù della sua famiglia adottiva in Montana. Eppure Raffaella Milandri è italianissima e ha conseguito il titolo nella storica università Alma Mater di Bologna, lo scorso 17 marzo. 

La scrittrice e giornalista nel 2010 è diventata membro adottivo della famiglia di nativi americani Black Eagle. Da quel momento quella che era una semplice passione per i popoli indigeni si è focalizzata sullo studio degli aborigeni Usa e sulla divulgazione della loro cultura.

Un titolo di studio specifico, quello conseguito dalla Milandri, “Che ho ritenuto oltremodo necessario per coronare la mia attività di studiosa e attivista per i diritti dei Nativi Americani e per i Popoli Indigeni. La prima forma pacifica di attivismo è divulgare la cultura nativa”. L’abito indossato durante cerimonia di laurea appartiene alla tribù della sua famiglia adottiva. Usanza che è stata istituzionalizzata solo dal 2017 in Montana, Stato d’origine del suo popolo, quando è stata approvata una legge (la SB 319) che permette ai nativi e loro familiari di laurearsi con il “tribal regalia“. 

In virtù di questa norma, il Segretario della Crow Nation, Levi Black Eagle, a maggio 2022 ha ricordato la possibilità di indossare l’abito tradizionale Crow in queste occasioni e così Milandri ha chiesto alla famiglia d’adozione se anche lei, in quanto membro acquisito della tribù, avrebbe potuto indossarlo in occasione della sua discussione.

La scrittrice, ricordando il momento della laurea a Bologna, racconta che è stata “Una grandissima emozione e un onore poter rappresentare la Crow Nation e la mia famiglia adottiva. Ho dedicato la mia laurea in primis alle vittime dei collegi indiani, istituti scolastici, perlopiù a gestione cattolica, di stampo assimilazionista. Le stesse vittime per le quali Papa Francesco, lo scorso luglio, si è recato in Canada in viaggio penitenziale a chiedere scusa  Ho molto approfondito questo tema controverso e presto sarà pubblicato un mio studio sull’argomento dalla Mauna Kea Edizioni”.

#lucenews #raffaellamilandri #antropologia
Abbandono scolastico, una piaga sociale (e non solo) del Paese. Non sono più gli anni Cinquanta e Sessanta, quando si lasciavano i banchi dopo la scuola dell’obbligo (o anche prima) perché le famiglie non potevano permettersi un figlio che studia, perché i fratelli maggiori non erano andati a scuola e guai fare parzialità a favore dei più piccoli. O semplicemente perché si era bambine, o ragazze. Nè sono gli anni Settanta e Ottanta, quando in zone fortunate, il mondo del lavoro ti attraeva già a 14 anni o appena diplomati con le sue, magari dure, certezze, contrapposte alle lusinghe lontane dello studio. E in cui, al contrario e per altri ranghi sociali, la scuola diventava un comodo prestesto per rinviare decisioni serie con la vita e le famiglie scoprivano in casa eterni Peter Pan col corpo di adulti: in quei casi, la scuola era un contenitore al quale restare il più possibile aggrappati (fenomeno protrattosi fino agli anni Novanta, in verità), altro che abbandonarlo. Nel terzo millennio non è più il lavoro, a far concorrenza alla scuola e a sottrarle virgulti. Non ha più senso partire prima, da adolescenti, per arrivare prima (alla pensione) ancor giovani e sani. La pensione forse non toccherà a tutti e il precariato - salvo eccellenti eccezioni provocate non solo da favori ma dal merito - sarà il destino che accomuna i senza diploma e i laureati con dottorato. Tutti a contendersi - semmai esista - un posto da cassier* o di commess* al supermercato. O da barista o camerier*. O a smanettare sui social per qualche azienda che ti prende a partita Iva. L’alternativa è aggrapparsi al reddito di cittadinanza e ingrossare la schiera dei neet (not educational, employed trading), i giovani che non studiano e non lavorano e ai quali qualuno penserà, come succede ai gigli del campo di biblica memoria: non tessono, non filano, eppure crescono belli rigogliosi.

I dati di Openpolis

Openpolis ha diffuso i dati dell’Osservatorio della povertà educativa #conibambini su scuola e abbandono scolastico. Ecco i numeri

13,1%

 la percentuale dei  giovani che hanno abbandonato prematuramente gli studi in Italia (2020). Da un lato - fa notare Openpolis - si mostra un miglioramento significativo nella lotta all’abbandono scolastico nel decennio. Nel 2011, infatti, quasi il 18% dei giovani tra 18 e 24 anni aveva lasciato la scuola prima del tempo nel nostro paese.

La mappa dell'abbandono scolastico in Europa

Tuttavia questa quota resta tra le più alte in Ue, alle spalle di Malta (16,7%), Spagna (16%) e Romania (15,6%).

Per misurare gli abbandoni scolastici, la scelta metodologica adottata a livello europeo è utilizzare come indicatore indiretto la percentuale di giovani tra 18 e 24 anni che hanno solo la licenza media.

Tra questi viene incluso anche chi ha conseguito una qualifica professionale regionale di primo livello con durata inferiore ai due anni.

10%

l’obiettivo sugli abbandoni scolastici previsto dall’agenda Europa 2020. L’Unione europea si è attestata al 9,9% nel 2020. Il target nazionale assegnato all’Italia era 16%, obiettivo raggiunto, ma non bisogna fermarsi. In vista del 2030 nel febbraio 2021 l’Ue ha abbassato la soglia dell'abbandono di un punto, attestansolo al 9% continentale.

4

le regioni italiane che superano la media nazionale di abbandoni scolastici: Sicilia (19,4%), Campania (17,3%), Calabria (16,6%) e Puglia (15,6%).

Al contrario, Abruzzo, Friuli-Venezia Giulia, Molise, Emilia Romagna e Marche sono già “in Europa“ trovandosi al di sotto della soglia Ue del 10%.

-1,9

 

la variazione percentuale del tasso di abbandono scolastico nel mezzogiorno tra il 2019 e il 2020. Al sud e nelle isole si sono registrati i maggiori progressi: dal 2019 l 2020 il tasso di abbandono è sceso dal 18,2% al 16,3%. Al contrario al centro e al nord è salito rispettivamente di 0,5% e 0,6% punti rispetto al 2019.

28,1%

i giovani che hanno abbandonato precocemente nel comune di Napoli (2011). “Un dato - si legge nel report di Openpolis - che siamo in grado di ricavare, con questa granularità, solo attraverso le informazioni raccolte nell’ultimo censimento generale“. Ecco la mappa, Comune per comune 

L'intervista

Insegnante a tutto tondo. Chi è la pentastellata sottosegretaria all’Istruzione Barbara Floridia

Barbara Floridia (messinese, classe 1977) è una storica attivista del M5s, che, dal I marzo del 2021, ha la ventura di essere stata nominata sottosegretario di Stato all’Istruzione nel governo Draghi. Sposata, docente di Lettere dal 2000 (in ruolo dal 2007, poi in aspettativa), è alla sua prima legislatura. Eletta nel 2018 al Senato, con il Movimento 5 Stelle, è già stato segretario d’Aula, sempre al Senato, e poi vicecapogruppo. Si è occupata a lungo di ambiente, di lotta alla mafia e, ovviamente, di istruzione e scuola.

Barbara Floridia col ministro Patrizio Bianchi
Sottosegretaria con il ministro Patrizio Bianchi (un ‘tecnico’, come si suol dire), ha le deleghe, tra le altre, a educazione ambientale, conoscenza e tutela del patrimonio e territorio, implementazione obiettivi nell’Agenda 2030, educazione civica, salute nelle scuole Donna colta e raffinata, autrice di poesie, racconti e saggi (“Cesare e io” l’ultima fatica letteraria), rivendica di essere un’insegnante, fiera di esserlo. Racconta sul sito Internet www.barbarafloridia.com che “la scelta di insegnare non è stato un ripiego, ma una scelta. Sono docente di italiano e latino e non ho mai accettato compromessi (come insegnare senza retribuzione nelle scuole private, né, per restare vicino casa, ho accettato di insegnare sostegno non sentendomi all’altezza di un compito tanto delicato e importante). Per entrare di ruolo il prima possibile sono emigrata al Nord, dove, benché se ne dica, da meridionale mi sono trovata benissimo”. Ama molto la sua terra, in particolare Venatico, le isole e la costa tirrenica. Luce! l’ha intervistata sul tema – sempre più drammatico – dell'abbandono della scuola. Come valuta i dati sulla dispersione scolastica? "Il dato sulla dispersione è ancora molto alto, ma negli ultimi dieci anni si è ridotto in maniera significativa. Chiaramente la pandemia non ha aiutato in questo senso, ma gli investimenti che abbiamo già messo in campo a partire dal governo Conte 2, e quelli programmati con il Pnrr, saranno decisivi. Solo per l'orientamento e le competenze di base abbiamo previsto uno stanziamento importante pari a un miliardo e mezzo. Vogliamo investire particolarmente nelle aree che soffrono maggiormente la dispersione scolastica, quindi sud e isole, puntando sulla formazione professionale e tecnica. In questo modo riagganciamo la scuola al proprio territorio di riferimento, incentivando l'occupazione e andando incidere fortemente sulla dispersione. Chi lascia la scuola? prevalentemente italiani o stranieri?  "I dati ci dicono che la dispersione scolastica è maggiore tra gli alunni non nati in Italia. Ci conforta però il fatto che si tratti di un dato in costante decrescita, perché la scuola è probabilmente lo strumento di inclusione più importante che abbiamo a disposizione". La dispersione è all'obbligo scolastico protratto fino a 16 anni? Dopo le "medie" si iscrive per due anni, in genere agli istituti professionali, e se non si hanno serie intenzioni, poi si smette dopo la seconda superiore. Paradossalmente, l'abbandono avviene proprio nelle scuole considerate più ‘facili’, i professionali ed è figlio di un obbligo di frequentare fino all'età di 16 anni che, posto così, non ha più senso. Non crede? "La dispersione scolastica è un fenomeno profondamente complesso che merita di essere studiato nei suoi molteplici fattori. Non parlerei di scuole più facili ma di studenti più fragili. Sono loro, gli studenti più fragili, che dobbiamo supportare maggiormente offrendo loro la cassetta degli attrezzi per affrontare adeguatamente la complessità della società”. “Ricordiamoci che l’obbligo scolastico vigente, fissato a dieci anni, è già superiore a quanto previsto nella nostra Costituzione che ne indica almeno otto. Si può sicuramente aprire un confronto sulla opportunità, eventualmente, di alzarlo, ma credo che sia necessaria la più ampia condivisione su questo punto". È in corso la riforma degli istituti professionali. Come cambieranno? E le novità serviranno a frenare la dispersione scolastica? "La riforma è all’interno del Piano del Pnrr e mira ad innovare e ammodernare i curricola degli istituti tecnici e professionali, rendendoli da una parte più attrattivi e motivanti e dall’altra maggiormente rispondenti alle esigenze del tessuto produttivo del territorio. Le modifiche, indubbiamente, renderanno i percorsi scolastici più flessibili e in grado di rispondere efficacemente alle esigenze formative di un’utenza che necessita di maggiori attenzioni". Quando avviene in prevalenza, l'abbandono? Se prima ancora della seconda superiore è segno di totale sfiducia nella scuola. Nei casi in cui la dispersione si concentri più avanti è il risultato di errori nella scelta del corso, avvenuta magari per imposizione familiare o seguendo mode correnti. Come si possono avviare i ragazzi subito alla scuola giusta? "L’orientamento è una delle chiavi su cui la riorganizzazione scolastica basa la propria strategia per contrastare il fenomeno della dispersione scolastica. Per questo nel Pnrr abbiamo investito un miliardo per migliorare le azioni dedicate all’orientamento. Aiutare gli studenti a capire profondamente le loro aspirazioni e affiancarli nel percorso scelto o da scegliere è fondamentale".  
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