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Home » HP Blocco Grande » “Il politicamente corretto? Ipocrisia. Alla disabilità servono parole vere e persone formate e consapevoli”

“Il politicamente corretto? Ipocrisia. Alla disabilità servono parole vere e persone formate e consapevoli”

Il membro del comitato scientifico Luca Trapanese, padre adottivo di una bimba down e assessore al welfare di Napoli a Luce: "Il bene non si fa per noi stessi, serve professionalità. Spesso questa società ci invia dei messaggi di perfezione: invece siamo imperfetti e dobbiamo ringraziare di esserlo"

Emanuele Baldi
3 Dicembre 2021
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Luca Trapanese parte da un concetto, “la perfezione non esiste” dice con il suo aplomb partenopeo e i nervi forgiati nelle esistenze difficili degli altri nei quali ha scavato il solco della sua esistenza, il dare. Fondatore della onlus A Ruota Libera nel 2007, da sempre vicino al mondo della disabilità, è ora neoassessore al welfare a Napoli. Ha una bambina down di 4 anni e mezzo, adottata nel 2018.

Trapanese lei è nel Comitato scientifico di Luce! Cosa l’ha spinta a collaborare?

“La multifunzionalità e la trasversalità dello progetto, la voglia di analizzare le diversità della nostra società a 360 gradi. E poi mi è piaciuta la forza di questi tre giornali (La Nazione, il Giorno e il Resto del Carlino ndr) che hanno deciso di unirsi per affrontare una serie di tematiche attuali, delicate, alcune anche molto faticose…”.

Che intende?

“Ci sono temi difficili nella società di oggi. Noi tutti dobbiamo sforzarci di capirli, spiegarli. Anche migliorarli”.

La sua è una storia molto particolare. Ha scelto di adottare una bimba down

“È  una decisione che è maturara da esperienze molto personali: io sono nel sociale da quando ho 16 anni. Ho seguito in un percorso il mio migliore amico che poi è stato ucciso dalla sua malattia. Ho seguito progetti a Lourdes, in Africa, in India. E mi sono sentito bene”.

Si sta bene ad aiutare gli altri

“Sì ma attenzione. C’è chi fa del bene solo per stare bene con se stesso e io questa la trovo una forma di egoismo. Non si sta vicino ai disabili sull’onda emotiva, servono consapevolezza, tempo e formazione”.

Nel nostro speciale su Luce! lei dice una cosa che mi ha colpito molto. Cito testualmente: Il politically correct rischia di offuscare i reali bisogni delle persone. I disabili non sono diversamente abili, hanno un handicap e meritano di avere gli stessi diritti di tutti.

“C’è questa urgenza di usare parole corrette poi spesso nel concreto siamo scorretti”.

Dice cose molto coraggiose

“Dico solo che prendere atto di un problema porta ad avere consapevolezza e a creare la possibilità di aiutare le persone”.

C’è un collegamento tra il politicamente corretto e il far bene per star bene solo con se stessi a cui fa riferimento?

“Certo. Non si fa del bene per mettersi a posto la coscienza ma per aiutare tutti noi a diventare una comunità per davvero. E ad avere una continuità. Per questo ho sempre cercato di fondare attività durature”.

Le famiglie tradizionali sono per lei delle gabbie. Ha vuto problemi nel suo percorso?

“No perché ho una personalità forte. Ho sempre imposto alla società la mia omosessualità e il mio voler essere padre. E comunque non poteva esserci ostilità se ho adottato una bambina malata. Sa l’ipocrisia italiana…”.

C’è n’è ancora molta?

“Più nello Stato che nella società, mi creda”.

La politica è divisiva?

“Non ascolta le persone, fa finta di non vedere le cose. Come le tantissime famiglie non tradizionali che ormai sono ovunque”.

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Instagram

  • Numerosi attori e musicisti di alto profilo si sono recati in Ucraina da quando è scoppiata la guerra con la Russia nel febbraio 2022. L’ultimo in ordine di tempo è stato l’attore britannico Orlando Bloom, che ieri ha visitato un centro per bambini e ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Kiev.

“Non mi sarei mai aspettato che la guerra si sarebbe intensificata in tutto il Paese da quando sono stato lì”, ha detto Bloom su Instagram, “Ma oggi ho avuto la fortuna di ascoltare le risate dei bambini in un centro del programma Spilno sostenuto dall’Unicef, uno spazio sicuro, caldo e accogliente dove i bambini possono giocare, imparare e ricevere supporto psicosociale”.

Bloom è un ambasciatore di buona volontà per l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef). Il centro di Splino, che è uno dei tanti in Ucraina, offre sostegno ai bambini sfollati e alle loro famiglie, con più di mezzo milione di bambini che ne hanno visitato uno nell’ultimo anno.

La star hollywoodiana ha poi incontrato il presidente Zelensky, con cui ha trattato temi tra cui il ritorno dei bambini ucraini deportati in Russia, la creazione di rifugi antiatomici negli istituti scolastici e il supporto tecnico per l’apprendimento a distanza nelle aree in cui è impossibile studiare offline a causa della guerra. L’attore britannico aveva scritto ieri su Instagram, al suo arrivo a Kiev, che i «bambini in Ucraina hanno bisogno di riavere la loro infanzia».

#lucelanazione #lucenews #zelensky #orlandobloom
  • “La vita che stavo conducendo mi rendeva particolarmente infelice e se all’inizio ero entrata in terapia perché volevo accettare il fatto che mi dovessi nascondere, ho avuto poi un’evoluzione e questo percorso è diventato di accettazione di me stessa."

✨Un sorriso contagioso, la spensieratezza dei vent’anni e la bellezza di chi si piace e non può che riflettere quella luce anche al di fuori. La si potrebbe definire una Mulan nostrana Carlotta Bertotti, 23 anni, una ragazza torinese come tante, salvo che ha qualcosa di speciale. E non stiamo parlano del Nevo di Ota che occupa metà del suo volto. Ecco però spiegato un primo punto di contatto con Mulan: l’Oriente, dove è più diffusa (insieme all’Africa) quell’alterazione di natura benigna della pigmentazione della cute intorno alla zona degli occhi (spesso anche la sclera si presenta scura). Quella che appare come una chiazza grigio-bluastra su un lato del volto (rarissimi i casi bilaterali), colpisce prevalentemente persone di sesso femminile e le etnie asiatiche (1 su 200 persone in Giappone), può essere presente alla nascita o apparire durante la pubertà. E come la principessa Disney “fin da piccola ho sempre sentito la pressione di dover salvare tutto, ma forse in realtà dovevo solo salvare me stessa. Però non mi piace stare troppo alle regole, sono ribelle come lei”.

🗣Cosa diresti a una ragazza che ha una macchia come la tua e ti chiede come riuscire a conviverci?�
“Che sono profondamente fiera della persona che vedo riflessa allo specchio tutto i giorni e sono arrivata a questa fierezza dopo che ho scoperto e ho accettato tutti i miei lati, sia positivi che negativi. È molto autoreferenziale, quindi invece se dovessi dare un consiglio è quello che alla fine della fiera il giudizio altrui è momentaneo e tutto passa. L’unica persona che resta e con cui devi convivere tutta la vita sei tu, quindi le vere battaglie sono quelle con te stessa, quelle che vale la pena combattere”.

L’intervista a cura di Marianna Grazi �✍ 𝘓𝘪𝘯𝘬 𝘪𝘯 𝘣𝘪𝘰

#lucenews #lucelanazione #carlottabertotti #nevodiota
  • La salute mentale al centro del podcast di Alessia Lanza. Come si supera l’ansia sociale? Quanto è difficile fare coming out? Vado dallo psicologo? Come trovo la mia strada? La popolare influencer, una delle creator più note e amate del web con 1,4 milioni di followers su Instagram e 3,9 milioni su TikTok, Alessia Lanza debutta con “Mille Pare”, il suo primo podcast in cui affronta, in dieci puntate, una “para” diversa e cerca di esorcizzare le sue fragilità e, di riflesso, quelle dei suoi coetanei.

“Ho deciso di fare questo podcast per svariati motivi: io sono arrivata fin qui anche grazie alla mia immagine, ma questa volta vorrei che le persone mi ascoltassero e basta. Quando ho cominciato a raccontare le mie fragilità un sacco di persone mi hanno detto ‘Anche io ho quella para lì!’. Perciò dico parliamone, perché in un mondo in cui sembra che dobbiamo farcela da soli, io credo nel potere della condivisione”.

#lucenews #lucelanazione #millepare #alessialanza #podcast
  • Si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali indossando un abito tradizionale Crow, tribù della sua famiglia adottiva in Montana. Eppure Raffaella Milandri è italianissima e ha conseguito il titolo nella storica università Alma Mater di Bologna, lo scorso 17 marzo. 

La scrittrice e giornalista nel 2010 è diventata membro adottivo della famiglia di nativi americani Black Eagle. Da quel momento quella che era una semplice passione per i popoli indigeni si è focalizzata sullo studio degli aborigeni Usa e sulla divulgazione della loro cultura.

Un titolo di studio specifico, quello conseguito dalla Milandri, “Che ho ritenuto oltremodo necessario per coronare la mia attività di studiosa e attivista per i diritti dei Nativi Americani e per i Popoli Indigeni. La prima forma pacifica di attivismo è divulgare la cultura nativa”. L’abito indossato durante cerimonia di laurea appartiene alla tribù della sua famiglia adottiva. Usanza che è stata istituzionalizzata solo dal 2017 in Montana, Stato d’origine del suo popolo, quando è stata approvata una legge (la SB 319) che permette ai nativi e loro familiari di laurearsi con il “tribal regalia“. 

In virtù di questa norma, il Segretario della Crow Nation, Levi Black Eagle, a maggio 2022 ha ricordato la possibilità di indossare l’abito tradizionale Crow in queste occasioni e così Milandri ha chiesto alla famiglia d’adozione se anche lei, in quanto membro acquisito della tribù, avrebbe potuto indossarlo in occasione della sua discussione.

La scrittrice, ricordando il momento della laurea a Bologna, racconta che è stata “Una grandissima emozione e un onore poter rappresentare la Crow Nation e la mia famiglia adottiva. Ho dedicato la mia laurea in primis alle vittime dei collegi indiani, istituti scolastici, perlopiù a gestione cattolica, di stampo assimilazionista. Le stesse vittime per le quali Papa Francesco, lo scorso luglio, si è recato in Canada in viaggio penitenziale a chiedere scusa  Ho molto approfondito questo tema controverso e presto sarà pubblicato un mio studio sull’argomento dalla Mauna Kea Edizioni”.

#lucenews #raffaellamilandri #antropologia
Luca Trapanese parte da un concetto, "la perfezione non esiste" dice con il suo aplomb partenopeo e i nervi forgiati nelle esistenze difficili degli altri nei quali ha scavato il solco della sua esistenza, il dare. Fondatore della onlus A Ruota Libera nel 2007, da sempre vicino al mondo della disabilità, è ora neoassessore al welfare a Napoli. Ha una bambina down di 4 anni e mezzo, adottata nel 2018. Trapanese lei è nel Comitato scientifico di Luce! Cosa l’ha spinta a collaborare? "La multifunzionalità e la trasversalità dello progetto, la voglia di analizzare le diversità della nostra società a 360 gradi. E poi mi è piaciuta la forza di questi tre giornali (La Nazione, il Giorno e il Resto del Carlino ndr) che hanno deciso di unirsi per affrontare una serie di tematiche attuali, delicate, alcune anche molto faticose...". Che intende? "Ci sono temi difficili nella società di oggi. Noi tutti dobbiamo sforzarci di capirli, spiegarli. Anche migliorarli". La sua è una storia molto particolare. Ha scelto di adottare una bimba down "È  una decisione che è maturara da esperienze molto personali: io sono nel sociale da quando ho 16 anni. Ho seguito in un percorso il mio migliore amico che poi è stato ucciso dalla sua malattia. Ho seguito progetti a Lourdes, in Africa, in India. E mi sono sentito bene". Si sta bene ad aiutare gli altri "Sì ma attenzione. C’è chi fa del bene solo per stare bene con se stesso e io questa la trovo una forma di egoismo. Non si sta vicino ai disabili sull’onda emotiva, servono consapevolezza, tempo e formazione". Nel nostro speciale su Luce! lei dice una cosa che mi ha colpito molto. Cito testualmente: Il politically correct rischia di offuscare i reali bisogni delle persone. I disabili non sono diversamente abili, hanno un handicap e meritano di avere gli stessi diritti di tutti. "C’è questa urgenza di usare parole corrette poi spesso nel concreto siamo scorretti". Dice cose molto coraggiose "Dico solo che prendere atto di un problema porta ad avere consapevolezza e a creare la possibilità di aiutare le persone". C’è un collegamento tra il politicamente corretto e il far bene per star bene solo con se stessi a cui fa riferimento? "Certo. Non si fa del bene per mettersi a posto la coscienza ma per aiutare tutti noi a diventare una comunità per davvero. E ad avere una continuità. Per questo ho sempre cercato di fondare attività durature". Le famiglie tradizionali sono per lei delle gabbie. Ha vuto problemi nel suo percorso? "No perché ho una personalità forte. Ho sempre imposto alla società la mia omosessualità e il mio voler essere padre. E comunque non poteva esserci ostilità se ho adottato una bambina malata. Sa l’ipocrisia italiana...". C’è n’è ancora molta? "Più nello Stato che nella società, mi creda". La politica è divisiva? "Non ascolta le persone, fa finta di non vedere le cose. Come le tantissime famiglie non tradizionali che ormai sono ovunque".

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