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Home » HP Blocco Grande » La velocista paralimpica transgender Petrillo a Luce: “La diversità è un valore, ognuno deve determinare da solo chi è”

La velocista paralimpica transgender Petrillo a Luce: “La diversità è un valore, ognuno deve determinare da solo chi è”

Prima donna trans con la maglia della nazionale, Valentina, 47 anni, crede che lo sport sia anche strumento d'inclusione: "Il comitato olimpico internazionale con le nuove regole che entreranno in vigore dopo le Olimpiadi di Pechino 2022 si sposta verso un'idea di persona, più che di genere. Forse un domani riusciremo ad andare verso parametri diversi"

Nicolò Guelfi
14 Dicembre 2021
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Lo sport, la politica, l’impegno civile. Queste le grandi battaglie che occupano la vita di Valentina Petrillo, atleta paralimpica (in quanto ipovedente) transgender che negli ultimi tempi sta facendo sempre più parlare di sé. Nata come Fabrizio, oggi ha 47 anni e, giunta alla maturità personale e agonistica, ha preso una delle decisioni più importanti della sua vita: diventare donna. Questo però non l’ha sottratta al suo sogno di gareggiare. Dopo un lungo periodo di allontanamento dovuto alla terapia ormonale e alle regole burocratiche che le negavano una categoria in cui correre, Valentina ha partecipato ai campionati Europei, diventando la prima donna trans a vestire la maglia della Nazionale. Lo scorso settembre, ai campionati Master di Rieti, è stata coronata come la donna over 40 più veloce d’Italia. Il suo amore per la corsa nasce da quando vide Pietro Mennea vincere le Olimpiadi di Mosca del 1980. Recentemente ha partecipato al programma Zona Bianca, in onda su Rete 4, per parlare delle ultime decisioni del Comitato Olimpico Internazionale in tema d’inclusione.

Il recente affossamento del Ddl Zan ha costituito una battuta d’arresto per tutti coloro che lottano per i diritti in Italia. Perché il testo non è riuscito ad arrivare all’approvazione?

“Sono intervenuta più volte in sostegno e lo ritengo ancora un provvedimento assolutamente urgente e necessario. Vivere in una società di un certo tipo, parlo come disabile e come trans, richiede tutele. Sono intervenuta da sportiva, ma sono rimasta delusa perché ci credevo. Allora mi sono interrogata e chiesta: ‘Perché non ci siamo fatti capire?‘, mettendo in discussione la nostra comunicazione. Il mio motto e manifesto politico è l’autodeterminazione del genere, ognuno deve avere la possibilità di determinare da solo chi è. Se dovessi fare un appunto al Ddl Zan, è proprio quello di aver imposto il concetto di genere, come se fosse imprescindibile. Dovevamo far capire alla gente prima di tutto che il mondo Lgbt esiste e va accettato”.

Che cosa significa non poter autodeterminare il proprio genere?

“Io sono per i bagni gender neutral, il genere mi ha rovinato. Nascere maschio mi ha creato problemi e sui documenti sono ancora uomo contro la mia volontà. Per cambiare un documento devo andare da un giudice. Questa è una legge dell’82, all’epoca era pionieristica, mentre oggi è completamente inadeguata. Quando andrò in Tribunale lo dirò: “Io mi sento violentata” perché l’arbitrio del giudice è molto pesante. Una divisione di genere è essa stessa una violenza di genere. La cosa spaventa tantissimo perché si pensa che tutti faranno il cambio di sesso, ma non è così. Non ci svegliamo la mattina con quest’idea, è una cosa che scopri in un percorso. Siamo prima di tutto persone, non categorie di genere”.

Si è candidata alle elezioni comunali di Bologna con la lista del Psi/Volt, perché?

“È stata una grande esperienza, che mi ha arricchita tantissimo. L’idea mi è venuta da un’interrogazione sul Ddl Zan. Mi sono resa conto che la mia storia anche se non era politica, lo era diventata. Mi sono esposta e mi espongo ancora. Parlo di questa comunità ma non mi fermo lì. La parola d’ordine è la normalizzazione di un fenomeno. Vorrei passare inosservata, diventare invisibile, anche se oggi uso la mia popolarità per portare avanti le battaglie in cui credo”.

Come sono andate le sue performance agli ultimi Europei e ai campionati di Rieti?

“Sono la prima transgender a indossare la maglia della Nazionale. Ho visto Mennea (velocista olimpico, politico e saggista italiano ndr) vincere nell’80. Ho potuto realizzare il sogno grazie alle nuove regole del Cio. A livello sportivo mi sono cimentata con le migliori al mondo. Ho dovuto gareggiare nei 400 perché sono stata riclassificata in una categoria diversa dalla solita. Ho sempre migliorato i tempi. Ai campionati Master di Rieti ho vinto i 100, i 200 e i 400 nella categoria over 45, ma il mio tempo è risultato migliore anche della categoria 40. Ciò significa che dal 12 settembre sono la donna over 40 più veloce d’Italia”.

Promuove un’idea di sport che tenga conto dei diritti e offra possibilità a tutti. Come potremmo renderlo ancora più inclusivo?

“Si potrebbero promuovere iniziative, con tutti gli enti sportivi e non, sulla diversità. Perché la diversità è un’opportunità. E di questo devono rendersi conto tutti: essere curiosi, avere rispetto per non far vivere agli altri quel senso di estraneità che ti assale quando gli altri ti domandano cose come “che vuol dire ipovedente” o “che vuol dire trans?” Io voglio diventare invisibile. Ma la mia visibilità di oggi sta servendo tanto. E chissà, un giorno forse sarò talmente tanto donna che nessuno si accorgerà della differenza”.

Sappiamo che è stata di recente ospite in tv per parlare delle nuove regole del Comitato olimpico internazionale. Quali sono le novità?

“Le nuove regole prevedono maggiore inclusione delle persone trans. Quel che posso dire è che il Cio ancora una volta anticipa i tempi e prevede qualcosa che neanche io immaginavo: elimina il concetto di controllo dei livelli di testosterone, lasciando spazio alle federazioni per disciplinare ogni situazione. C’è un decalogo in cui al punto cinque si parla della “non presunzione di vantaggio”. Non si può dire, per esempio, che Valentina, essendo stata uomo, sarebbe necessariamente più forte. Questo vorrebbe dire che tutti gli uomini sono più forti di tutte le donne. Il Cio si sposta verso un’idea di persona, più che di genere e il provvedimento entrerà in vigore dopo le olimpiadi di Pechino 2022. Altra cosa è il tipo di sport. Lo sport di forza è diverso dalla corsa. Ci sono sport dove si adotta la classificazione per peso. Significa che un domani potremmo andare verso parametri diversi dal genere. È quel che penso anche io e ne sono piacevolmente colpita”.

Quali saranno le sue prossime sfide?

“Ci sono i campionati italiani master indoor tra gennaio e febbraio. Di nuovo in Giappone ci saranno i mondiali paralimpici. Con un buon piazzamento posso pensare a Parigi”.

 

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  • Per una detenuta come Joy – nigeriana di 34 anni, arrestata nel 2014 per possesso di droga – uscire dal carcere significherà dover imparare a badare a se stessa. Lei che è lontana da casa e dalla famiglia, lei che non ha nessuno ad aspettarla. In carcere ha fatto il suo percorso, ha imparato tanto, ha sofferto di più. Ma ha anche conosciuto persone importanti, detenute come lei che sono diventate delle amiche. 

Mon solo. Nella Cooperativa sociale Gomito a Gomito, per esempio, ha trovato una seconda famiglia, un ambiente lavorativo che le ha offerto “opportunità che, se fossi stata fuori dal carcere, non avrei mai avuto”, come quella di imparare un mestiere e partecipare ad un percorso di riabilitazione sociale e personale verso l’indipendenza, anche economica.

Enrica Morandi, vice presidente e coordinatrice dei laboratori sartoriali del carcere di Rocco D’Amato (meglio noto ai bolognesi come “La Dozza”), si riferisce a lei chiamandola “la mia Joy”, perché dopo tanti anni di lavoro fianco a fianco ha imparato ad apprezzare questa giovane donna impegnata a ricostruire la propria vita: 

“Joy è extracomunitaria, nel nostro Paese non ha famiglia. Per lei sarà impossibile beneficiare degli sconti di pena su cui normalmente possono contare le detenute italiane, per buona condotta o per anni di reclusione maturati. Non è una questione di razzismo, è che esistono problemi logistici veri e propri, come il non sapere dove sistemare e a chi affidare queste ragazze, una volta lasciate le mura del penitenziario. Se una donna italiana ha ad attenderla qualcuno che si fa carico di ospitarla, Joy e altre come lei non hanno nessun cordone affettivo cui appigliarsi”.

L
  • Presidi psicologici, psicoterapeutici e di counselling per tutti gli studenti universitari e scolastici. Lo chiedono l’Udu, Unione degli universitari, e la Rete degli studenti medi nella proposta di legge ‘Chiedimi come sto’ consegnata a una delegazione di parlamentari nel corso di una conferenza stampa a Montecitorio.

La proposta è stata redatta secondo le conclusioni di una ricerca condotta da Spi-Cgil e Istituto Ires, che ha evidenziato come, su un campione di 50mila risposte, il 28 per cento abbia avuto esperienze di disturbi alimentari e oltre il 14 di autolesionismo.

“Nella nostra generazione è ancora forte lo stigma verso chi sta male ed è difficile chiedere aiuto - spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu - l’interesse effettivo della politica si è palesato solo dopo il 15esimo suicidio di studenti universitari in un anno e mezzo. Ci sembra assurdo che la politica si interessi solamente dopo che si supera il limite, con persone che arrivano a scegliere di togliersi la vita.

Dall’altro lato, è positivo che negli ultimi mesi si sia deciso di chiedere a noi studenti come affrontare e come risolvere, il problema. Non è scontato e non è banale, perché siamo abituati a decenni in cui si parla di nuove generazioni senza parlare alle nuove generazioni”.

#luce #lucenews #università
  • La polemica politica riaccende i riflettori sulle madri detenute con i figli dopo la proposta di legge in merito alla detenzione in carcere delle donne in gravidanza: già presentata dal Pd nella scorsa legislatura, approvata in prima lettura al Senato, ma non alla Camera, prevedeva l’affido della madre e del minore a strutture protette, come le case famiglia, e vigilate. La dichiarata intenzione del centrodestra di rivedere il testo ha messo il Pd sul piede di guerra; alla fine di uno scontro molto acceso, i dem hanno ritirato il disegno di legge ma la Lega, quasi per ripicca, ne ha presentato uno nuovo, esattamente in linea con i desideri della maggioranza.

Lunedì non ci sarà quindi alcuna discussione alla Camera sul testo presentato da Debora Serracchiani nella scorsa legislatura, Tutto ripartirà da capo, con un nuovo testo, firmato da due esponenti del centrodestra: Jacopo Morrone e Ingrid Bisa.

“Questo (il testo Serracchini) era un testo che era già stato votato da un ramo del Parlamento, noi lo avevamo ripresentato per migliorare le condizioni delle detenute madri – ha spiegato ieri il dem Alessandro Zan – ma la maggioranza lo ha trasformato inserendovi norme che di fatto peggiorano le cose, consentendo addirittura alle donne incinte o con figli di meno di un anno di età di andare in carcere. Così non ha più senso, quindi ritiriamo le firme“.

Lo scontro tra le due fazioni è finito (anche) sui social media. "Sul tema delle borseggiatrici e ladre incinte occorre cambiare la visione affinché la gravidanza non sia una scusa“ sottolineano i due presentatori della proposta.

La proposta presentata prevede modifiche all’articolo 146 del codice penale in materia di rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena: “Se sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti – si legge nel testo presentato – il magistrato di sorveglianza può disporre che l’esecuzione della pena non sia differita, ovvero, se già differita, che il differimento sia revocato. Qualora la persona detenuta sia recidiva, l’esecuzione della pena avviene presso un istituto di custodia attenuata per detenute madri“.

#lucenews #madriincarcere
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Ho dovuto gareggiare nei 400 perché sono stata riclassificata in una categoria diversa dalla solita. Ho sempre migliorato i tempi. Ai campionati Master di Rieti ho vinto i 100, i 200 e i 400 nella categoria over 45, ma il mio tempo è risultato migliore anche della categoria 40. Ciò significa che dal 12 settembre sono la donna over 40 più veloce d’Italia". Promuove un'idea di sport che tenga conto dei diritti e offra possibilità a tutti. Come potremmo renderlo ancora più inclusivo? "Si potrebbero promuovere iniziative, con tutti gli enti sportivi e non, sulla diversità. Perché la diversità è un'opportunità. E di questo devono rendersi conto tutti: essere curiosi, avere rispetto per non far vivere agli altri quel senso di estraneità che ti assale quando gli altri ti domandano cose come "che vuol dire ipovedente" o "che vuol dire trans?" Io voglio diventare invisibile. Ma la mia visibilità di oggi sta servendo tanto. E chissà, un giorno forse sarò talmente tanto donna che nessuno si accorgerà della differenza". Sappiamo che è stata di recente ospite in tv per parlare delle nuove regole del Comitato olimpico internazionale. Quali sono le novità? "Le nuove regole prevedono maggiore inclusione delle persone trans. Quel che posso dire è che il Cio ancora una volta anticipa i tempi e prevede qualcosa che neanche io immaginavo: elimina il concetto di controllo dei livelli di testosterone, lasciando spazio alle federazioni per disciplinare ogni situazione. C'è un decalogo in cui al punto cinque si parla della “non presunzione di vantaggio”. Non si può dire, per esempio, che Valentina, essendo stata uomo, sarebbe necessariamente più forte. Questo vorrebbe dire che tutti gli uomini sono più forti di tutte le donne. Il Cio si sposta verso un'idea di persona, più che di genere e il provvedimento entrerà in vigore dopo le olimpiadi di Pechino 2022. Altra cosa è il tipo di sport. 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