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Home » HP Trio » Clementine dal Burkina Faso: “Non avevo soldi per studiare, ora scrivo romanzi di successo. In italiano”

Clementine dal Burkina Faso: “Non avevo soldi per studiare, ora scrivo romanzi di successo. In italiano”

La storia di riscatto di una giovane intellettuale africana che soffre di sordità: i suoi non avevano i soldi per iscriverla a scuola, ma non si è persa d'animo. Dopo essersi laureata alla Normale di Pisa grazie a una borsa di studio ha vinto il premio letterario ’Città di Cattolica’

Giovanni Bogani
18 Aprile 2022
Clementine Pacmogda è fra i vincitori del premio letterario internazionale ’Citta di Cattolica’

Clementine Pacmogda è fra i vincitori del premio letterario internazionale ’Citta di Cattolica’

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Clementine sorride. Clementine ha appena vinto un premio letterario importante. Clementine viene dal Burkina Faso, nel mezzo dell’Africa. Clementine vive in Italia. Si è laureata alla Normale di Pisa, uno degli istituti universitari più prestigiosi d’Europa, con una borsa di studio che ha vinto. Unica africana. Clementine ha una figlia bellissima e gioiosa, che si chiama Eufrasia, che significa ‘portatrice di gioia’.

Clementine Pacmogda è fra i vincitori del premio letterario internazionale ’Citta di Cattolica’
Clementine Pacmogda è fra i vincitori del premio letterario ‘Citta di Cattolica’

Quando Clementine Pacmogda aveva l’età di sua figlia, era orfana e i suoi nonni non avevano l’equivalente di un euro, necessario per iscriverla a scuola.

Clementine, esiste la felicità?

“Sì. E io la conosco. Io so com’è, la felicità. La felicità l’ho toccata, quando avevo otto anni. Ero orfana, volevo disperatamente andare a scuola, come tutti gli altri bambini. Ma i miei nonni non avevano neanche i soldi per pagare la retta annuale, poco meno di un euro. Io, quella mattina, andai a scuola lo stesso. Alle sei ero già lì, col cuore in gola. In classe eravamo più di sessanta: controllarono se tutti avevano pagato la retta, ma io riuscii a fare passare quella giornata, non so come. Non si accorsero di me. Potevo andare a scuola! Quello è stato il giorno più felice della mia vita”.

Studiare le piaceva molto?

Clementine Pacmogda è fra i vincitori del premio letterario internazionale ’Citta di Cattolica’
Clementine Pacmogda è fra i vincitori del premio letterario ‘Citta di Cattolica’

“Volevo imparare, conoscere, capire. Non avevo soldi per i libri, così imparavo tutto a memoria. Non avevo nemmeno un quaderno: facevo i compiti su una lavagnetta di plastica, e dopo cancellavo tutto. Ho passato così anni. Le medie, le superiori. Per fare l’università ho fatto tutti i lavori: ho pulito i pavimenti, i bagni… Poi ho saputo di una borsa di studio per la Normale di Pisa. Mi sono candidata, e sono stata scelta. C’erano tredici posti in tutto il mondo: io sono stata scelta, unica dall’Africa. Arrivata a Pisa, volevo laurearmi prima che finisse la borsa di studio, così ho studiato notte e giorno. Mi sono laureata, e poi mi sono specializzata alla Normale di Lione”.

Così ha imparato anche il francese. Quante lingue parla?

Clementine Pacmogda è fra i vincitori del premio letterario internazionale ’Citta di Cattolica’
Clementine Pacmogda è fra i vincitori del premio letterario internazionale ‘Citta di Cattolica’

“La mia lingua nativa, l’inglese che serve per sopravvivere, il francese, un po’ di tedesco e l’italiano”.

L’italiano lo parla benissimo, con logica e chiarezza.

“Ho pensato che io volevo diventare italiana, che io sono una delle italiane di domani. E che niente è impossibile: bisogna lottare, si può lottare e vincere”.

Ha dovuto combattere altre battaglie?

“Io soffro di sordità, forse causata dall’anemia falciforme: non l’ho potuta curare finché non sono arrivata in Italia. Vedi? Non sono orecchini, sono apparecchi acustici, ma sono quasi invisibili. Quando ero bambina, piangevo per ore e ore, parlando con Dio, l’unico che mi ascoltava. Adesso sono una madre felice, vivo in un paese che amo. A Pisa mi sento a casa, Borgo val di Taro mi ha adottata, con la mia famiglia. E sono riuscita anche a scrivere due romanzi sulla mia vita. L’editore mi ha detto: ‘Scrivi in inglese, poi ti tradurremo’. Ho risposto: no. Sono in Italia, e anche se ho moltissimo da imparare, voglio scrivere in questa lingua”.

Qual è il titolo del romanzo?

Il titolo del romanzo,‘Wendyam’, significa ‘La volontà di Dio’
Il titolo del romanzo,‘Wendyam’, significa ‘La volontà di Dio’

“E’ l’unica parola nella mia lingua di tutto il romanzo: ‘Wendyam’, che significa ‘La volontà di Dio’”.

È il nome del suo primo figlio, che ha perduto prima che nascesse. E a cui ha intitolato il suo romanzo.

“La volontà di Dio anche perché, senza il Suo aiuto, non sarei riuscita a fare niente”.
Ma Clementine Pacmogda ci ha messo anche molto del suo. Della sua forza, della sua capacità di soffrire, di combattere, di non arrendersi. E di abbracciare la vita, come adesso la abbraccia forte sua figlia Eufrasia.

Quando una borsa di studio può cambiare la vita

Talatou Clementine Pacmogda nasce nel ’77 in Costa D’Avorio. Si laurea in Linguistica a Ouagadougou e vince una borsa di studio per un dottorato alla Normale di Pisa. Da febbraio 2015 è cittadina italiana. Vive a Borgo val di Taro con il marito e la figlia.

Il riconoscimento

Clementine Pacmogda è fra i vincitori del premio letterario internazionale ’Citta di Cattolica’: “La giuria ha premiato il mio secondo libro Wendyam, il racconto della mia infanzia – le sue parole – . Inutile dire che è stato una serata di emozioni pure non solo per il premio ma per l’organizzazione e il calore umano che si viveva dentro. La mia gioia è immensa perché non solo hanno letto il libro ma hanno anche pensato che meritava un riconoscimento in un premio che ha visto vari autori di vari paesi europei sfilare sul palco“.

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Il protagonista di questa vicenda è Leonardo Lotto, studente aostano, che la mattina del 23 febbraio è rimasto vittima di un incidente in mare. Il ragazzo era a Melbourne con un gruppo di amici quando dopo un tuffo tra le onde sul bagnasciuga ha picchiato violentemente la testa contro il fondale di sabbia. In quel momento è iniziato l’incubo: prima gli amici lo hanno aiutato a uscire dall’acqua, poi la corsa disperata in ospedale. Dopo l’intervento d’urgenza, è arrivato il duro responso: “Frattura delle vertebre C3 e C5, spina dorsale danneggiata". Leonardo Lotto è paralizzato dalla testa in giù e non potrà più camminare.

"Continuerò a lottare e farò tutto il necessario. A volte cadrò, ma alla fine mi rialzerò, vivendo sempre giorno per giorno, superando i momenti più bui”.

Dopo il ricovero all’Alfred Hospital di Melbourne, in Australia, “le sue condizioni sono stabili, e ora è pronto per iniziare il suo lungo percorso riabilitativo a Milano con tutte le energie e la positività che hanno sempre caratterizzato la sua personalità”. E gli amici, proprio per sostenere le cure, hanno organizzato una raccolta fondi online.

✍ Barbara Berti 

#lucenews #lucelanazione #australia #leonardolotto
  • È quanto emerge da uno studio su 1.700 ragazzi toscani realizzato dal Meyer center for health and happiness, di cui è responsabile Manila Bonciani, insieme all’Università di Firenze, e presentato in occasione della Giornata internazionale della felicità nel corso di un evento organizzato al Meyer health campus di Firenze.

Cosa gli adolescenti pensano della felicità? Come la definiscono? Cosa li rende felici? Queste alcune domande dello studio. Dai risultati emerge che i ragazzi spesso non riescono a dare neanche una definizione della felicità. Tuttavia ne sottolineano la rilevanza e la transitorietà. 

Dalla ricerca emerge così che la manifestazione della felicità si declina in sei dimensioni:
➡ La più rilevante che emerge è quella dell’interesse sociale, data dall’importanza che viene attribuita dai ragazzi alle relazioni interpersonali.
➡ La seconda è l’espressione della soddisfazione verso la propria vita, del fare le cose che piacciono loro.
➡ La terza è vivere emozioni positive, rilevanza che si riscontra anche nelle parole dei ragazzi che esprimono in maniera importante l’idea di essere felici quando sono senza preoccupazioni o pressioni che avvertono frequentemente, come anche quella scolastica.
➡ La quarta è il senso di autorealizzazione insieme a quello di padronanza delle varie situazioni che si trovano ad affrontare.
➡ Infine in misura minore la loro felicità è legata all’ottimismo, cui gli stessi adolescenti non attribuiscono grande rilevanza, sebbene rappresenti la sesta dimensione della felicità identificata.

Gli adolescenti che risultano più felici si caratterizzano per essere più empatici, esprimere un atteggiamento cooperativo, avere maggiore autoconsapevolezza, saper gestire meglio le emozioni e risolvere le situazioni problematiche, avere una buona immagine di sé. 

Ancora i maschi risultano essere più felici delle femmine a eccezione della dimensione relazionale e sociale della felicità che non si differenzia in maniera significativa tra i due gruppi, e le fasce di età più piccole, fino ai 15 anni, esprimono maggiormente di essere felici rispetto ai ragazzi di 16-17 o maggiorenni.

#felicità #ospedalemeyer #adolescenza
Clementine sorride. Clementine ha appena vinto un premio letterario importante. Clementine viene dal Burkina Faso, nel mezzo dell’Africa. Clementine vive in Italia. Si è laureata alla Normale di Pisa, uno degli istituti universitari più prestigiosi d’Europa, con una borsa di studio che ha vinto. Unica africana. Clementine ha una figlia bellissima e gioiosa, che si chiama Eufrasia, che significa 'portatrice di gioia'.
Clementine Pacmogda è fra i vincitori del premio letterario internazionale ’Citta di Cattolica’
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Quando Clementine Pacmogda aveva l’età di sua figlia, era orfana e i suoi nonni non avevano l’equivalente di un euro, necessario per iscriverla a scuola. Clementine, esiste la felicità? "Sì. E io la conosco. Io so com’è, la felicità. La felicità l’ho toccata, quando avevo otto anni. Ero orfana, volevo disperatamente andare a scuola, come tutti gli altri bambini. Ma i miei nonni non avevano neanche i soldi per pagare la retta annuale, poco meno di un euro. Io, quella mattina, andai a scuola lo stesso. Alle sei ero già lì, col cuore in gola. In classe eravamo più di sessanta: controllarono se tutti avevano pagato la retta, ma io riuscii a fare passare quella giornata, non so come. Non si accorsero di me. Potevo andare a scuola! Quello è stato il giorno più felice della mia vita". Studiare le piaceva molto?
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"La mia lingua nativa, l’inglese che serve per sopravvivere, il francese, un po’ di tedesco e l’italiano". L’italiano lo parla benissimo, con logica e chiarezza. "Ho pensato che io volevo diventare italiana, che io sono una delle italiane di domani. E che niente è impossibile: bisogna lottare, si può lottare e vincere". Ha dovuto combattere altre battaglie? "Io soffro di sordità, forse causata dall’anemia falciforme: non l’ho potuta curare finché non sono arrivata in Italia. Vedi? Non sono orecchini, sono apparecchi acustici, ma sono quasi invisibili. Quando ero bambina, piangevo per ore e ore, parlando con Dio, l’unico che mi ascoltava. Adesso sono una madre felice, vivo in un paese che amo. A Pisa mi sento a casa, Borgo val di Taro mi ha adottata, con la mia famiglia. E sono riuscita anche a scrivere due romanzi sulla mia vita. L’editore mi ha detto: ‘Scrivi in inglese, poi ti tradurremo’. Ho risposto: no. Sono in Italia, e anche se ho moltissimo da imparare, voglio scrivere in questa lingua". Qual è il titolo del romanzo?
Il titolo del romanzo,‘Wendyam’, significa ‘La volontà di Dio’
Il titolo del romanzo,‘Wendyam’, significa ‘La volontà di Dio’
"E’ l’unica parola nella mia lingua di tutto il romanzo: ‘Wendyam’, che significa ‘La volontà di Dio’". È il nome del suo primo figlio, che ha perduto prima che nascesse. E a cui ha intitolato il suo romanzo. "La volontà di Dio anche perché, senza il Suo aiuto, non sarei riuscita a fare niente". Ma Clementine Pacmogda ci ha messo anche molto del suo. Della sua forza, della sua capacità di soffrire, di combattere, di non arrendersi. E di abbracciare la vita, come adesso la abbraccia forte sua figlia Eufrasia.

Quando una borsa di studio può cambiare la vita

Talatou Clementine Pacmogda nasce nel ’77 in Costa D’Avorio. Si laurea in Linguistica a Ouagadougou e vince una borsa di studio per un dottorato alla Normale di Pisa. Da febbraio 2015 è cittadina italiana. Vive a Borgo val di Taro con il marito e la figlia.

Il riconoscimento

Clementine Pacmogda è fra i vincitori del premio letterario internazionale ’Citta di Cattolica’: “La giuria ha premiato il mio secondo libro Wendyam, il racconto della mia infanzia - le sue parole - . Inutile dire che è stato una serata di emozioni pure non solo per il premio ma per l’organizzazione e il calore umano che si viveva dentro. La mia gioia è immensa perché non solo hanno letto il libro ma hanno anche pensato che meritava un riconoscimento in un premio che ha visto vari autori di vari paesi europei sfilare sul palco“.
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