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Home » Attualità » In Ucraina anche l’arte è in guerra: cattedrali, università e musei distrutti dalle bombe di Putin

In Ucraina anche l’arte è in guerra: cattedrali, università e musei distrutti dalle bombe di Putin

L'appello del ministro alla Cultura ucraino Oleksandr Tkachenko: "La cattedrale dell'Assunzione, l'Università nazionale di arte e dell'Accademia di cultura di Kharkiv sono state bombardate"

Sofia Francioni
5 Marzo 2022
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Come in tutte le guerre, a perdere è anche l’arte che appartiene a tutti e una volta distrutta è per sempre. È proprio in sua difesa che il ministro della Cultura ucraino, Oleksandr Tkachenko, torna a chiedere la fine dell’invasione russa: “Dato che gran parte dei crimini di guerra di Putin sono compiuti dal cielo, i missili e gli aerei russi stanno deliberatamente distruggendo i centri storici delle grandi città”. Il suo grido è brevissimo: “No fly zone sull’Ucraina“. “Proteggete almeno il nostro cielo”, gli fanno eco da una settimana i manifestanti in piazza.

Il ministro della Cultura ucraino Oleksandr Tkachenko, 56 anni

“Un dittatore matto sta minacciando di distruggere la cattedrale di Santa Sophia a Kiev, una chiesa costruita nel 11esimo secolo che è patrimonio dell’Unesco”, ha continuato il ministro. “Centinaia di vittime innocenti, la totale distruzione delle chiese, cattedrali e musei, questo è il prezzo che paghiamo per il fatto che i cieli sono ancora aperti sull’Ucraina”, ha aggiunto Tkachenko. In particolare, il ministro si concentra sui bombardamenti a Kharkiv: “È stata bombardata la cattedrale dell’Assunzione, dove la gente si stava riparando, e gli edifici dell’Università nazionale di arte e dell’Accademia di cultura“, ha dichiarato.

A Ivankov, nei pressi di Kiev, è stato bombardato il museo di Maria Pryimachenko

A Ivankov, nei pressi di Kiev, è stato bombardato il museo di Maria Pryimachenko, artista famosa in tutto il mondo e ammirata da Picasso. “Danneggiata dagli occupanti anche l’Accademia statale di arte decorativa e design di Kiev. “Il mondo deve fermare questo”, conclude il comunicato del ministero della Cultura, ricordando che “i cittadini ucraini fermano i tank russi con le mani nude: i missili e gli aerei russi continuano vigliaccamente a bombardare le nostre belle e pacifiche città”.

L’arte in guerra: i capolavori distrutti dai conflitti

I Monuments men durante la II guerra mondiale

Il Buddha di Bamiyan in Afghanistan distrutto con la dinamite dai talebani, la città di Palmyra in Siria cancellata per sempre, la grande moschea di Samarra in Iraq sfregiata, le statue della facciata di Notre Dame a Parigi polverizzate durante la rivoluzione francese. Come ci insegna la storia, dove ci sono disordini e guerre anche l’arte è in guerra. Duplice vittima di ogni conflitto, viene spesso distrutta o razziata da chi, approfittando della vittoria, se ne impossessa come simbolo del trionfo. Durante la seconda guerra mondiale, anche sul campo dell’arte si contrapposero due “eserciti”: da un lato i tedeschi, con il loro “Kunstschutz“, un corpo creato per “salvare” i capolavori dell’Europa e dell’Italia dalle mani dei “barbari” alleati, trasferendoli in Germania e Austria e nascondendoli in tunnel ferroviari e miniere. Dall’altro i Monuments Men, gli alleati che salvarono a loro volta gli stessi capolavori, cercandoli nei nascondigli tedeschi e restituendoli ai legittimi proprietari.

“Basta guerra”: la lettera degli artisti russi a Putin

La cattedrale dell’Assunzione (1844) a Kharkiv è stata bombardata

A dimostrazione che l’arte ripudia sempre la guerra, considerandola sua nemica, gli artisti russi, uniti, hanno scritto una lettera aperta proprio al presidente Vladimir Putin: “Noi, artisti, curatori, architetti, critici ed esperti dell’arte, art manager – rappresentanti della cultura e dell’arte della Federazione Russa – abbiamo prodotto e firmato questa lettera aperta” per chiedere, continuando: “che questa guerra con l’Ucraina venga fermata e che si comincino dei negoziati sulla base del rispetto e dell’equità. La guerra in Ucraina è una tragedia terribile, sia per gli ucraini che per i russi”, continuano gli artisti all’unisono. “È causa di enormi perdite di vite umane, mette in pericolo l’economia e la sicurezza, e conduce il nostro Paese in un totale isolamento internazionale”. “Esprimiamo la nostra assoluta solidarietà al popolo dell’Ucraina e diciamo un risoluto ‘No alla guerra!’. Chiediamo la cessazione immediata di tutte le operazioni militari, il ritiro delle truppe russe dal territorio dell’Ucraina e lo svolgimento di colloqui di pace”.

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Instagram

  • Numerosi attori e musicisti di alto profilo si sono recati in Ucraina da quando è scoppiata la guerra con la Russia nel febbraio 2022. L’ultimo in ordine di tempo è stato l’attore britannico Orlando Bloom, che ieri ha visitato un centro per bambini e ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Kiev.

“Non mi sarei mai aspettato che la guerra si sarebbe intensificata in tutto il Paese da quando sono stato lì”, ha detto Bloom su Instagram, “Ma oggi ho avuto la fortuna di ascoltare le risate dei bambini in un centro del programma Spilno sostenuto dall’Unicef, uno spazio sicuro, caldo e accogliente dove i bambini possono giocare, imparare e ricevere supporto psicosociale”.

Bloom è un ambasciatore di buona volontà per l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef). Il centro di Splino, che è uno dei tanti in Ucraina, offre sostegno ai bambini sfollati e alle loro famiglie, con più di mezzo milione di bambini che ne hanno visitato uno nell’ultimo anno.

La star hollywoodiana ha poi incontrato il presidente Zelensky, con cui ha trattato temi tra cui il ritorno dei bambini ucraini deportati in Russia, la creazione di rifugi antiatomici negli istituti scolastici e il supporto tecnico per l’apprendimento a distanza nelle aree in cui è impossibile studiare offline a causa della guerra. L’attore britannico aveva scritto ieri su Instagram, al suo arrivo a Kiev, che i «bambini in Ucraina hanno bisogno di riavere la loro infanzia».

#lucelanazione #lucenews #zelensky #orlandobloom
  • “La vita che stavo conducendo mi rendeva particolarmente infelice e se all’inizio ero entrata in terapia perché volevo accettare il fatto che mi dovessi nascondere, ho avuto poi un’evoluzione e questo percorso è diventato di accettazione di me stessa."

✨Un sorriso contagioso, la spensieratezza dei vent’anni e la bellezza di chi si piace e non può che riflettere quella luce anche al di fuori. La si potrebbe definire una Mulan nostrana Carlotta Bertotti, 23 anni, una ragazza torinese come tante, salvo che ha qualcosa di speciale. E non stiamo parlano del Nevo di Ota che occupa metà del suo volto. Ecco però spiegato un primo punto di contatto con Mulan: l’Oriente, dove è più diffusa (insieme all’Africa) quell’alterazione di natura benigna della pigmentazione della cute intorno alla zona degli occhi (spesso anche la sclera si presenta scura). Quella che appare come una chiazza grigio-bluastra su un lato del volto (rarissimi i casi bilaterali), colpisce prevalentemente persone di sesso femminile e le etnie asiatiche (1 su 200 persone in Giappone), può essere presente alla nascita o apparire durante la pubertà. E come la principessa Disney “fin da piccola ho sempre sentito la pressione di dover salvare tutto, ma forse in realtà dovevo solo salvare me stessa. Però non mi piace stare troppo alle regole, sono ribelle come lei”.

🗣Cosa diresti a una ragazza che ha una macchia come la tua e ti chiede come riuscire a conviverci?�
“Che sono profondamente fiera della persona che vedo riflessa allo specchio tutto i giorni e sono arrivata a questa fierezza dopo che ho scoperto e ho accettato tutti i miei lati, sia positivi che negativi. È molto autoreferenziale, quindi invece se dovessi dare un consiglio è quello che alla fine della fiera il giudizio altrui è momentaneo e tutto passa. L’unica persona che resta e con cui devi convivere tutta la vita sei tu, quindi le vere battaglie sono quelle con te stessa, quelle che vale la pena combattere”.

L’intervista a cura di Marianna Grazi �✍ 𝘓𝘪𝘯𝘬 𝘪𝘯 𝘣𝘪𝘰

#lucenews #lucelanazione #carlottabertotti #nevodiota
  • La salute mentale al centro del podcast di Alessia Lanza. Come si supera l’ansia sociale? Quanto è difficile fare coming out? Vado dallo psicologo? Come trovo la mia strada? La popolare influencer, una delle creator più note e amate del web con 1,4 milioni di followers su Instagram e 3,9 milioni su TikTok, Alessia Lanza debutta con “Mille Pare”, il suo primo podcast in cui affronta, in dieci puntate, una “para” diversa e cerca di esorcizzare le sue fragilità e, di riflesso, quelle dei suoi coetanei.

“Ho deciso di fare questo podcast per svariati motivi: io sono arrivata fin qui anche grazie alla mia immagine, ma questa volta vorrei che le persone mi ascoltassero e basta. Quando ho cominciato a raccontare le mie fragilità un sacco di persone mi hanno detto ‘Anche io ho quella para lì!’. Perciò dico parliamone, perché in un mondo in cui sembra che dobbiamo farcela da soli, io credo nel potere della condivisione”.

#lucenews #lucelanazione #millepare #alessialanza #podcast
  • Si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali indossando un abito tradizionale Crow, tribù della sua famiglia adottiva in Montana. Eppure Raffaella Milandri è italianissima e ha conseguito il titolo nella storica università Alma Mater di Bologna, lo scorso 17 marzo. 

La scrittrice e giornalista nel 2010 è diventata membro adottivo della famiglia di nativi americani Black Eagle. Da quel momento quella che era una semplice passione per i popoli indigeni si è focalizzata sullo studio degli aborigeni Usa e sulla divulgazione della loro cultura.

Un titolo di studio specifico, quello conseguito dalla Milandri, “Che ho ritenuto oltremodo necessario per coronare la mia attività di studiosa e attivista per i diritti dei Nativi Americani e per i Popoli Indigeni. La prima forma pacifica di attivismo è divulgare la cultura nativa”. L’abito indossato durante cerimonia di laurea appartiene alla tribù della sua famiglia adottiva. Usanza che è stata istituzionalizzata solo dal 2017 in Montana, Stato d’origine del suo popolo, quando è stata approvata una legge (la SB 319) che permette ai nativi e loro familiari di laurearsi con il “tribal regalia“. 

In virtù di questa norma, il Segretario della Crow Nation, Levi Black Eagle, a maggio 2022 ha ricordato la possibilità di indossare l’abito tradizionale Crow in queste occasioni e così Milandri ha chiesto alla famiglia d’adozione se anche lei, in quanto membro acquisito della tribù, avrebbe potuto indossarlo in occasione della sua discussione.

La scrittrice, ricordando il momento della laurea a Bologna, racconta che è stata “Una grandissima emozione e un onore poter rappresentare la Crow Nation e la mia famiglia adottiva. Ho dedicato la mia laurea in primis alle vittime dei collegi indiani, istituti scolastici, perlopiù a gestione cattolica, di stampo assimilazionista. Le stesse vittime per le quali Papa Francesco, lo scorso luglio, si è recato in Canada in viaggio penitenziale a chiedere scusa  Ho molto approfondito questo tema controverso e presto sarà pubblicato un mio studio sull’argomento dalla Mauna Kea Edizioni”.

#lucenews #raffaellamilandri #antropologia
Come in tutte le guerre, a perdere è anche l'arte che appartiene a tutti e una volta distrutta è per sempre. È proprio in sua difesa che il ministro della Cultura ucraino, Oleksandr Tkachenko, torna a chiedere la fine dell'invasione russa: "Dato che gran parte dei crimini di guerra di Putin sono compiuti dal cielo, i missili e gli aerei russi stanno deliberatamente distruggendo i centri storici delle grandi città". Il suo grido è brevissimo: "No fly zone sull'Ucraina". "Proteggete almeno il nostro cielo", gli fanno eco da una settimana i manifestanti in piazza.
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A Ivankov, nei pressi di Kiev, è stato bombardato il museo di Maria Pryimachenko
A Ivankov, nei pressi di Kiev, è stato bombardato il museo di Maria Pryimachenko, artista famosa in tutto il mondo e ammirata da Picasso. "Danneggiata dagli occupanti anche l'Accademia statale di arte decorativa e design di Kiev. "Il mondo deve fermare questo", conclude il comunicato del ministero della Cultura, ricordando che "i cittadini ucraini fermano i tank russi con le mani nude: i missili e gli aerei russi continuano vigliaccamente a bombardare le nostre belle e pacifiche città".

L'arte in guerra: i capolavori distrutti dai conflitti

I Monuments men durante la II guerra mondiale
Il Buddha di Bamiyan in Afghanistan distrutto con la dinamite dai talebani, la città di Palmyra in Siria cancellata per sempre, la grande moschea di Samarra in Iraq sfregiata, le statue della facciata di Notre Dame a Parigi polverizzate durante la rivoluzione francese. Come ci insegna la storia, dove ci sono disordini e guerre anche l'arte è in guerra. Duplice vittima di ogni conflitto, viene spesso distrutta o razziata da chi, approfittando della vittoria, se ne impossessa come simbolo del trionfo. Durante la seconda guerra mondiale, anche sul campo dell'arte si contrapposero due "eserciti": da un lato i tedeschi, con il loro "Kunstschutz", un corpo creato per "salvare" i capolavori dell'Europa e dell'Italia dalle mani dei "barbari" alleati, trasferendoli in Germania e Austria e nascondendoli in tunnel ferroviari e miniere. Dall'altro i Monuments Men, gli alleati che salvarono a loro volta gli stessi capolavori, cercandoli nei nascondigli tedeschi e restituendoli ai legittimi proprietari.

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