
Circa il 30% della CO2 in eccesso generata dall’uomo è assorbita dagli oceani. Grazie a questo, le distese d’acqua del pianeta svolgono una azione cuscinetto indispensabile che limita il riscaldamento globale. Allo stesso tempo però, l’accumulo di CO2 negli oceani va ad alterare gli ecosistemi, in particolare attraverso l’acidificazione delle acque. Quindi, più C02 produciamo, più gli oceani ne assorbono, più il rischio di alterare il ciclo vitale della natura, cresce in maniera esponenziale. Per ovviare a questo, in Norvegia si sta mettendo a punto il primo progetto pilota di cattura diretta di CO2 dall’oceano.

Catturare la Co2 dagli oceani
A lanciare la sfida sono Equinor, major norvegese del petrolio, e Captura, azienda con base a Pasadena, California, che ha già ricevuto finanziamenti dal DoE statunitense e da canali privati per sviluppare la cattura diretta di CO2 dall’oceano. L’impianto sorgerà presso il sito di Kårstø, costa occidentale della Norvegia, dove Equinor gestisce un complesso di trattamento del gas fossile, il più grande d’Europa e terzo al mondo per capacità di export di gas naturale liquefatto proveniente dai pozzi del mare del Nord. Si tratta di uno step successivo ai due progetti pilota già partiti negli Stati Uniti, con uno stoccaggio da 1 e 100 tCO2/anno. La cattura diretta di CO2 dall’oceano (Direct Ocean Capture, DOC) si basa sullo stesso concetto della DAC, la cattura di anidride carbonica dall’aria, altra tecnologia ancora largamente sperimentale su cui alcuni settori industriali puntano per raggiungere emissioni nette zero o negative.