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Una laurea è un grande traguardo nella vita di tutti, ma se fino a cinque anni prima di conseguirla il vero problema era la sopravvivenza, tutto assume un significato e un sapore diverso: quello di
riprendere le briglia della propria vita. Questo è quanto successo a Joy Ehikioya, ragazza 23enne nigeriana. La giovane si è appena laureata in in Comparative European and International Legal Studies, un particolare indirizzo, con lezioni completamente in inglese, del corso di giurisprudenza offerto dall’Università di Trento, nel quale Joy è entrata grazie al progetto accoglienza richiedenti asilo dell’istituto Trentino: un’iniziativa che garantisce ai migranti vitto e alloggio, oltre la possibilità di frequentare un corso a scelta. La storia di Joy è fatta di violenze e discriminazioni. La ragazza infatti è albina, una caratteristica fisica che nel suo paese d’origine, la Nigeria, non è affatto vista di buon occhio: “La mia famiglia cercava di ridurre al minimo il contatto con il mondo esterno perché gli albini, in Nigeria, sono discriminati e spesso perseguitati”. Infatti Joy, fin dalla sua infanzia, ha dovuto sopportare bullismo, minacce e violenza costringendola più volte a cambiare abitudini, routine e addirittura città. Nel gennaio 2016, l’episodio che le ha completamente stravolto la vita: “Erano le 6.30, e mi stavo preparando per uscire. L’orario era stato scelto appositamente per trovare meno persone possibili sul
mio cammino dandomi la possibilità di rientrare a casa prima che tutti uscissero per andare a lavorare. Andavo a correre e cercavo di non allontanarmi troppo per poter tornare a casa qualora mi fossi sentita in pericolo. Mentre camminavo a due isolati da casa, due uomini mi hanno immobilizzata e poi costretta nel baule di un’auto. Non sono più riuscita ad opporre resistenza e sono svenuta”. Al suo risveglio, Joy si ritrova legata ad un letto con due uomini intorno: “Albina, per piacere, fai che la tua testa ci porti molto denaro. Fai che per noi non ci sia sofferenza per il resto della vita” intonavano a modo di canto i due. Una volta terminato il rito, i suoi aguzzini l’hanno bloccata e stuprata: “Ho sperato in una morte naturale. Sono riuscita a fuggire dopo due giorni scappando da una finestra rotta. Sono arrivata in Libia nel bagagliaio di un auto e qui uno degli uomini che mi aveva comprata si è pentito e mi ha condotto in spiaggia per salire su un barcone diretto per l’Italia”. Da quel momento, con l'ingresso nel programma di accoglienza dell'Università di Trento, è iniziato un nuovo capitolo della vita di Joy che con una forza fuori dal comune ha saputo riprendere in mano la sua vita.
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