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Home » Scienze e culture » Forti, coraggiose, cocciute, complicate, dolci, perspicaci, fragili: le donne nei fumetti non sono (più) soltanto pin up

Forti, coraggiose, cocciute, complicate, dolci, perspicaci, fragili: le donne nei fumetti non sono (più) soltanto pin up

In principio erano signore grandi forme, pronte per avvinghiare lettori maschili(sti), inebriare ragazzi che non le avrebbero più abbandonate. Poi, le eroine delle "strisce" hanno acquisito autonomia dal proprio corpo e assunto carattere e personalità. Protagoniste e autrici saranno in mostra ad Woman in Comics, l'universo femminile nel fumetto

Letizia Cini
22 Maggio 2021
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Non solo pin up. Le donne nei fumetti devono apparire per quello che realmente sono, non il riflesso di una rappresentazione tutta maschile. “C’è voluto un secolo, ma il femminismo è oggi ampiamente accettato dalle giovani donne negli Usa, e il momento di Wonder Woman è tornato”. Se a dirlo è una leggenda vivente del calibro di Trina Robbins dev’essere vero. La prima fumettista della storia a disegnare per la Dc Comics la super eroina a strisce creata dallo psicologo William Moulton Marston nel 1941, ha curato con Kim Munson Women in Comics: una collettiva di 25 artiste che hanno fatto la storia del fumetto nordamericano, promossa dall’ambasciata degli Stati Uniti in Italia e co-prodotta da ARF! Festival e Comicon, in programma da venerdì prossimo all’11 luglio a Palazzo Merulana, Roma.

Una stripe di Emil Ferris

“Le ragazze non leggono fumetti”

“Nell’industria del comics americano le ragazze non leggevano le fumetti – ironizza Trina Robbins – . Questa diventava una scusa per non pubblicare storie al femminile. Del resto se non si produce nulla è evidente che nessuno leggerà”. Le cose sono cambiate, accanto alle tavole di questa icona militante del fumetto underground e dell’attivismo femminista, saranno esposte nella Capitale opere originali di Afua Richardson e Alitha Martinez (vincitrici dell’Eisner Award per il loro lavoro su World of Wakanda della Marvel, serie spin-off di Black Panther di Ta-Nehisi Coates), di Colleen Doran, di Emil Ferris autrice del successo editoriale “La mia cosa preferita sono i mostri”, di Ann Telnaes Pulitzer come vignettista del Washington Post e tante altre donne che, dal fumetto vintage degli anni ’50 al graphic novel più autoriale, hanno esplorato temi come amore, sessualità, creatività, discriminazione, indipendenza, attraversa la psichedelia degli anni ’70 fino alla scena contemporanea mainstream di Marvel e Dc Comics. Da oltre un secolo il fumetto è una delle presenze costanti su riviste, sugli scaffali delle librerie, nelle edicole; con l’avvento di Internet, il web è diventato una vetrina galattica. Pubblicati agli albori per il divertimento dei bambini, i fumetti hanno ben presto iniziato a rivolgersi anche agli adulti, con i linguaggi della satira, del giallo o del reportage – oggi nella forma di graphic novel, lavori seriali, webcomic o autoproduzioni – mostrando le potenzialità di un linguaggio facilmente comprensibile a un pubblico sempre più eterogeneo.

 

In Italia poche, ma non silenziose

Nel corso dei decenni, le donne sono sempre state presenti nel fumetto italiano: a partire da Paola Lombroso, l’ideatrice del Corriere dei Piccoli, il primo settimanale che nel lontano 1908 venne dedicato al fumetto in Italia.
E se negli anni Quaranta esordisce Lina Buffolente, considerata la prima fumettista italiana, sempre donne sono le creatrici di uno dei personaggi più iconici della nona arte, Diabolik, nato dalle menti di Angela e Luciana Giussani; così come l’iconica rivista Linus ebbe negli anni Ottanta Fulvia Serra come direttrice. Tuttavia le “matite“ al femminile restano in netta minoranza: secondo una recente indagine del gruppo di ricerca MeFu – Mestieri del Fumetto le, fumettiste sfiorano appena il 25,4% degli autori in attività. Poche ma non silenziose: le donne del fumetto sanno farsi sentire, sia come autrici sia come personaggi. Prova ne sono autrici come Sara Colaone, che insieme a Francesco Satta e Luca De Santis ha realizzato Leda, graphic novel dedicata alla scrittrice anarchica Leda Rafanelli; Vanna Vinci, che ne “La Casati. La musa egoista” ripercorre la vita della celebre nobildonna e mecenate italiana; Silvia Rocchi, interprete con disegni e parole dei versi di Alda Merini; Ilaria Ferramosca e Chiara Abastanotti, che hanno raccontato la storia della coraggiosa Lea Garofalo, la testimone di giustizia uccisa dalla ‘ndrangheta; Silvia Ziche, autrice di “… e noi dove eravamo?” racconta con tono lieve e soprattutto divertente attraverso Lucrezia, quella parte della storia “fatta e raccontata dai maschi“ che finora è stata taciuta. E non si contano le testate che ospitano firme di ottime disegnatrici, brillanti sceneggiatrici e autrici complete (Sara Pichelli, Paola Barbato, Elena Casagrande, Mirka Andolfo, Amanda Conner, Emanuela Lupacchino o Marjane Satrapi), e anche il marketing ha cominciato a considerare quello femminile come target di cui il mercato non può non tenere conto.

 

Trina Robbins, Wonder Woman

Giappone  evoluto, stereotipi negli States

Ne sanno qualcosa i giapponesi che hanno dato vita ai shojo (i manga indirizzati ad un pubblico prettamente di adolescenti e ragazze) i primi prodotti editoriali fumettistici a prendere in considerazione le giovani lettrici. Spostando l’obiettivo sugli States, il mercato è tutt’ora molto diverso, incentrato su un’egemonia di un mainstream supereroistico: alle donne, soprattutto in passato, veniva riservato molto meno spazio, e le protagoniste dei fumetti appaiono modellate su una serie di stereotipi decisamente maschili(sti): pose ammiccanti, costumi succinti, forme e curve inverosimili, atteggiamenti aggressivi o sottomessi. Involucri accattivanti per attirare l’attenzione maschile, ma  sul fronte del ruolo, limitato alla funzione di comparsa grandiforme. Con le dovute eccezioni, in questi fumetti convivono due tipologie di personaggi: la dama in pericolo, che incarna il modello di donna indifesa e inerme, e la donna-guerriero, caratterizzata da atteggiamenti maschili, a eccezione dei tratti estetici, contraddistinti da curve mozzafiato.

Rivoluzione Wonder Woman

Poi è arrivata lei, e le cose sono cambiate. Da oltre settant’anni Wonder Woman – considerata simbolo di emancipazione femminista e recentemente nominata ambasciatrice simbolica dell’Onu – è titolare di una sua testata. L’inizio del cambiamento… Polemiche e accuse di sessismo innescate dalla serie di Batwoman e di Batgirl, hanno spinto la Dc Comics ad aggiustare il tiro e a dare il giusto rilievo alle sue eroine. Donne con i loro pregi e i loro difetti: la forza di Wonder Woman, il coraggio di Batwoman, la sensualità di Valentina, la cocciutaggine di Jessica Jones, la dolcezza di Hachi, la perspicacia di Julia, la fragilità di Martina, la complessità di Josephine Yole Signorelli, in arte Fumettibrutti. Storie e personaggi capaci di rappresentare a 360 gradi l’evoluzione dell’universo femminile, che non è certo fatto solo di pin up.

Afua Richardson, il poster della mostra Woman in Comics a NewYork
L’autrice Trina Robbins

 

 

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  • ✨Tra i pretendenti a un ruolo di protagonista del 73° Sanremo, Ariete è probabilmente quella con l’"X factor" più alto. E non tanto per aver partecipato da ragazzina al talent di Sky o per quel "non so che" capace di differenziare tutto quel che fa, ma perché in due anni è riuscita a diventare la musa “indie“ della Generazione X. 

Arianna Del Giaccio mostra la timidezza della debuttante. E che lei sia una "nuova persona" portata a cadere nei "soliti vecchi errori" lo racconta parlando del debutto davanti al popolo del Festival con Mare di guai, ballata in cui racconta la fine della relazione con la sua ex.

«Gli squali che si aggirano nella vasca di cui parlo sono le mie insicurezze e le mie ansie. Il peso delle aspettative, anche se non provo sensi di inadeguatezza verso quel che faccio. I pescecani basta conoscerli per sapere che non sono tutti pericolosi.»

 Intervista a cura di Andrea Spinelli ✍

#lucenews #qn #ariete #sanremo2023
  • Più luce, meno stelle. Un paradosso, se ci pensate. Più illuminiamo le nostre città, più lampioni, fari, led, laser puntiamo sulla terra, meno stelle e porzioni di cielo vediamo. 

Accade perché, quasi senza accorgercene, di anno in anno, cancelliamo dalla nostra vista qualche decina di quei 4.500 puntini luminosi che in condizioni ottimali dovremmo riuscire a vedere la notte, considerato che il cielo risulta popolato da circa 9.000 stelle, di cui ciascuno di noi può osservare solo la metà per volta, ovvero quelle del proprio emisfero. 

In realtà, già oggi, proprio per colpa dell’inquinamento luminoso, ne vediamo solo poche centinaia. E tutto lascia pensare che questa cifra si ridurrà ulteriormente, con un ritmo molto rapido. Al punto tale che, in pochi anni, la costellazione di Orione, potrebbe perdere la sua caratteristica ‘cintura’.

Secondo quanto risulta da uno studio pubblicato su “Science”, basato sulle osservazioni di oltre 50mila citizen scientist, solo tra il 2011 e il 2022, ogni anno il cielo in tutto il Pianeta è diventato in media il 9,6% più luminoso, con una forchetta di valori che non supera il 10% ma non scende mai sotto il 7%. Più di quanto percepito finora dai satelliti preposti a monitorare la quantità di luce nel cielo notturno. Secondo le misurazioni effettuate da questi ultimi infatti, tra 1992 e 2017 il cielo notturno è diventato più luminoso di meno dell’1,6% annuo.

“In un periodo di 18 anni, questo tasso di cambiamento aumenterebbe la luminosità del cielo di oltre un fattore 4”, scrivono i ricercatori del Deutsches GeoForschungs Zentrum di Potsdam, in Germania, e del National Optical-Infrared Astronomy Research Laboratory di Tucson, negli Stati Uniti. Una località con 250 stelle visibili, quindi, vedrebbe ridursi il numero a 100 stelle visibili. 

Il pericolo più che fondato, a questo punto, è che di questo passo inizieranno a scomparire dalla nostra vista anche le costellazioni più luminose, comprese quelle che tuti sono in grado di individuare con estrema facilità.

L
  • Per la prima volta nella storia del calcio, un arbitro ha estratto il cartellino bianco. No, non si tratta di un errore: se il giallo e il rosso fanno ormai parte di tantissimi anni delle regole del gioco ed evidenziano un comportamento scorretto, quello bianco vuole invece "premiare", in maniera simbolica, un gesto di fair play. Il tutto è avvenuto in Portogallo, durante un match di coppa nazionale tra il Benfica e lo Sporting Lisbona femminile.

Benfica-Sporting Lisbona femminile, quarti di finale della Coppa del Portogallo. I padroni di casa si trovano in vantaggio per 3-0 e vinceranno la sfida con un netto 5-0, ma un episodio interrompe il gioco: un tifoso sugli spalti accusa un malore, tanto che gli staff medici delle due squadre corrono verso le tribune per soccorrerlo. Dopo qualche minuto di paura, non solo per le giocatrici in campo ma anche per gli oltre quindicimila spettatori presenti allo stadio, il supporter viene stabilizzato e il gioco può riprendere. Prima, però, la direttrice di gara Catarina Campos effettua un gesto che è destinato a rimanere nella storia del calcio: estrae il cartellino bianco nei confronti dei medici delle due squadre.

Il cartellino bianco non influenza in alcun modo il match, né il risultato o il referto arbitrale; chissà che, da oggi in poi, gli arbitri non cominceranno ad agire più spesso, per esaltare un certo tipo di condotta eticamente corretta portata avanti anche dai calciatori.

#lucenews #cartellinobianco #calcio #fairplay
  • Son tutte belle le mamme del mondo. Soprattutto… quando un bambino si stringono al cuor… I versi di un vecchio brano ricordano lo scatto che sta facendo il giro del web. Quella di una madre che allatta il proprio piccino sul posto di lavoro. In questo caso la protagonista è una supermodella –  Maggie Maurer – che ha postato uno degli scatti più teneri e glamour di sempre. La super top si è fatta immortalare mentre nutre al seno la figlia Nora-Jones nel backstage dello show couture di Schiaparelli, tenutosi a Parigi.

La top model americana 32enne, che della maison è già musa, tanto da aver ispirato una clutch – non proprio una pochette ma una borsa che si indossa a mano che riproduce il suo volto –  nell’iconico scatto ha ancora il viso coperto dal make-up dorato realizzato dalla truccatrice-star Path McGrath, ed è coperta solo sulle spalle da un asciugamano e un telo protettivo trasparente. 

L’immagine è forte, intensa, accentuata dalla vernice dorata che fa apparire mamma Maurer come una divinità dell’Olimpo, una creatura divina ma squisitamente terrena, colta nel gesto di nutrire il proprio piccolo.

Ed è un’immagine importante, perché contribuisce a scardinare lo stigma dell’allattamento al seno in pubblico, sul luogo di lavoro e in questo caso anche sui social, su cui esistono ancora molti tabù. L’intera gravidanza di Maggie Maurer è stata vissuta in chiave di empowerment, e decisamente glamour. Incinta di circa sei mesi, ha sfilato per Nensi Dojaka sfoggiando un capo completamente trasparente della collezione autunno inverno 2022, e con il pancione.

Nell’intimo post su Instagram, Maggie Maurer ha deciso quindi condividere con i propri follower la sua immagine che la ritrae sul luogo di lavoro con il volto dipinta d’oro, una parte del suo look, pocoprima di sfilare per la casa di moda italiana, Schiaparelli. In grembo, ha sua figlia, che sta allattando dietro le quinte della sfilata. Le parole scritte a finco della foto, la modella ha scritto “#BTS #mommy”, evidenziando il lavoro senza fine della maternità, nonostante i suoi successi.

di Letizia Cini ✍🏻

#lucenews #maggiemaurer #materintà #mommy
Non solo pin up. Le donne nei fumetti devono apparire per quello che realmente sono, non il riflesso di una rappresentazione tutta maschile. "C’è voluto un secolo, ma il femminismo è oggi ampiamente accettato dalle giovani donne negli Usa, e il momento di Wonder Woman è tornato". Se a dirlo è una leggenda vivente del calibro di Trina Robbins dev’essere vero. La prima fumettista della storia a disegnare per la Dc Comics la super eroina a strisce creata dallo psicologo William Moulton Marston nel 1941, ha curato con Kim Munson Women in Comics: una collettiva di 25 artiste che hanno fatto la storia del fumetto nordamericano, promossa dall’ambasciata degli Stati Uniti in Italia e co-prodotta da ARF! Festival e Comicon, in programma da venerdì prossimo all’11 luglio a Palazzo Merulana, Roma.
Una stripe di Emil Ferris

"Le ragazze non leggono fumetti"

"Nell’industria del comics americano le ragazze non leggevano le fumetti - ironizza Trina Robbins - . Questa diventava una scusa per non pubblicare storie al femminile. Del resto se non si produce nulla è evidente che nessuno leggerà". Le cose sono cambiate, accanto alle tavole di questa icona militante del fumetto underground e dell’attivismo femminista, saranno esposte nella Capitale opere originali di Afua Richardson e Alitha Martinez (vincitrici dell’Eisner Award per il loro lavoro su World of Wakanda della Marvel, serie spin-off di Black Panther di Ta-Nehisi Coates), di Colleen Doran, di Emil Ferris autrice del successo editoriale "La mia cosa preferita sono i mostri", di Ann Telnaes Pulitzer come vignettista del Washington Post e tante altre donne che, dal fumetto vintage degli anni ’50 al graphic novel più autoriale, hanno esplorato temi come amore, sessualità, creatività, discriminazione, indipendenza, attraversa la psichedelia degli anni ’70 fino alla scena contemporanea mainstream di Marvel e Dc Comics. Da oltre un secolo il fumetto è una delle presenze costanti su riviste, sugli scaffali delle librerie, nelle edicole; con l’avvento di Internet, il web è diventato una vetrina galattica. Pubblicati agli albori per il divertimento dei bambini, i fumetti hanno ben presto iniziato a rivolgersi anche agli adulti, con i linguaggi della satira, del giallo o del reportage – oggi nella forma di graphic novel, lavori seriali, webcomic o autoproduzioni - mostrando le potenzialità di un linguaggio facilmente comprensibile a un pubblico sempre più eterogeneo.  

In Italia poche, ma non silenziose

Nel corso dei decenni, le donne sono sempre state presenti nel fumetto italiano: a partire da Paola Lombroso, l’ideatrice del Corriere dei Piccoli, il primo settimanale che nel lontano 1908 venne dedicato al fumetto in Italia. E se negli anni Quaranta esordisce Lina Buffolente, considerata la prima fumettista italiana, sempre donne sono le creatrici di uno dei personaggi più iconici della nona arte, Diabolik, nato dalle menti di Angela e Luciana Giussani; così come l’iconica rivista Linus ebbe negli anni Ottanta Fulvia Serra come direttrice. Tuttavia le “matite“ al femminile restano in netta minoranza: secondo una recente indagine del gruppo di ricerca MeFu – Mestieri del Fumetto le, fumettiste sfiorano appena il 25,4% degli autori in attività. Poche ma non silenziose: le donne del fumetto sanno farsi sentire, sia come autrici sia come personaggi. Prova ne sono autrici come Sara Colaone, che insieme a Francesco Satta e Luca De Santis ha realizzato Leda, graphic novel dedicata alla scrittrice anarchica Leda Rafanelli; Vanna Vinci, che ne "La Casati. La musa egoista" ripercorre la vita della celebre nobildonna e mecenate italiana; Silvia Rocchi, interprete con disegni e parole dei versi di Alda Merini; Ilaria Ferramosca e Chiara Abastanotti, che hanno raccontato la storia della coraggiosa Lea Garofalo, la testimone di giustizia uccisa dalla ‘ndrangheta; Silvia Ziche, autrice di "… e noi dove eravamo?" racconta con tono lieve e soprattutto divertente attraverso Lucrezia, quella parte della storia “fatta e raccontata dai maschi“ che finora è stata taciuta. E non si contano le testate che ospitano firme di ottime disegnatrici, brillanti sceneggiatrici e autrici complete (Sara Pichelli, Paola Barbato, Elena Casagrande, Mirka Andolfo, Amanda Conner, Emanuela Lupacchino o Marjane Satrapi), e anche il marketing ha cominciato a considerare quello femminile come target di cui il mercato non può non tenere conto.  
Trina Robbins, Wonder Woman

Giappone  evoluto, stereotipi negli States

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Rivoluzione Wonder Woman

Poi è arrivata lei, e le cose sono cambiate. Da oltre settant’anni Wonder Woman - considerata simbolo di emancipazione femminista e recentemente nominata ambasciatrice simbolica dell’Onu - è titolare di una sua testata. L’inizio del cambiamento... Polemiche e accuse di sessismo innescate dalla serie di Batwoman e di Batgirl, hanno spinto la Dc Comics ad aggiustare il tiro e a dare il giusto rilievo alle sue eroine. Donne con i loro pregi e i loro difetti: la forza di Wonder Woman, il coraggio di Batwoman, la sensualità di Valentina, la cocciutaggine di Jessica Jones, la dolcezza di Hachi, la perspicacia di Julia, la fragilità di Martina, la complessità di Josephine Yole Signorelli, in arte Fumettibrutti. Storie e personaggi capaci di rappresentare a 360 gradi l’evoluzione dell’universo femminile, che non è certo fatto solo di pin up.
Afua Richardson, il poster della mostra Woman in Comics a NewYork
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