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Inquinamento spaziale, l'allarme degli scienziati

In orbita ci sono 7mila satelliti, saliranno a 60mila nel 2030. E miliardi di detriti e frammenti metallici. Un pericolo per l’orbita geostazionaria

di DOMENICO GUARINO -
14 marzo 2023
Inquinamento spaziale, l'allarme degli scienziati

Inquinamento spaziale, l'allarme degli scienziati

Ripulire la terra, d’accordo. Ma lo spazio? Mentre molti sforzi (mai abbastanza, in verità) sono concentrati nel rimediare ai danni ambientali compiuti nei decenni precedenti, l’umanità rischia di dover affrontare a breve un’altra emergenza: l’inquinamento dello spazio. Un problema di non poco conto che, se non affrontato subito, rischia di sfuggirci letteralmente di mano. Con effetti imprevedibili, basti pensare che secondo i dati dell’Unoosa, l’ufficio dell’Onu per gli affari dello spazio extra-atmosferico, dall’inizio dell’uso umano dello spazio fino a due anni fa sono stati lanciati poco più di 11mila satelliti. Di questi, oltre 7mila sono in orbita, ma solo poco più della metà sono attivi. Gli altri o sono spenti oppure bloccati da qualche guasto. In particolare, quasi 6 satelliti su 10 di quelli che ancora orbitano attorno alla Terra è stato lanciato negli ultimi 6 anni, segno che andiamo verso un vero e proprio boom. Tanto, secondo alcune stime, entro la fine del decennio, il numero di satelliti in orbita arriverà alla cifra ragguardevole di 60mila. Un dato preoccupante, che rischia però di diventare insignificante se si considera che nella fascia di orbita geostazionaria, volteggiano qualcosa come 100mila miliardi di detriti: rottami, pezzi minuscoli di metallo, stadi dei razzi, parti di vecchi satelliti, fino a minuscole viti e pezzi di vernice. Tutti viaggiano a 8 km al secondo attorno al Pianeta. E solo una parte minuscola è monitorata da terra.
Lo spazio è a rischio inquinamento

Lo spazio è a rischio inquinamento

Per gli scienziati si tratta di un bel problema, anche perché tutto lascia pensare che, se non si corre ai ripari sin da subito, il fenomeno è destinato a esplodere e a diventare del tutto fuori controllo nel breve volgere di qualche anno. Cosa fare, dunque? Gli scienziati che si interessano del problema sono concordi: servirebbe innanzitutto una governance globale e multilaterale per questo dominio che oggi sfugge ancora a qualsiasi regola. Un esempio potrebbe venire dal mare. O meglio, dagli oceani. Nei giorni scorsi quasi 200 paesi hanno finalmente siglato un trattato sulla protezione dell’alto mare, cioè quel 65% degli oceani che non ricade sotto nessuna giurisdizione nazionale. Un accordo globale e vincolante, che dovrebbe ispirare un analogo trattato sull’inquinamento spaziale. A chiederlo sono sette scienziati inglesi e americani in un appello pubblicato sulla rivista "Science". “Il problema dell’inquinamento da plastica, e molte altre sfide che si pongono ai nostri oceani, sta ora attirando l’attenzione globale”, spiega Imogen Napper, una delle autrici dell’intervento su Science. “Tuttavia, l’azione collaborativa è stata limitata e l’attuazione è stata lenta. Ora ci troviamo in una situazione simile con l’accumulo di detriti spaziali. Tenendo conto di ciò che abbiamo imparato dall’alto mare, possiamo evitare di commettere gli stessi errori e lavorare collettivamente per evitare una tragedia dei beni comuni nello spazio. Senza un accordo globale potremmo ritrovarci su una strada simile”.

Rifiuti di plastica nel Mediterraneo

Fare bene e fare in fretta, dunque. Anche per evitare gli errori commessi con il trattato sull’alto mare, che è stato negoziato per ben 20 anni, lasciando il tempo alla pesca eccessiva, alla distruzione dell’habitat, all’esplorazione mineraria in acque profonde e all’inquinamento. Un esempio negativo che rappresenta un monito anche perché non vorremmo che dopo aver alterato l’equilibrio naturale degli oceani, l’uomo si prendesse anche il pericolosissimo ‘lusso’ di fare altrettanto con lo spazio.