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Sesso nel Medioevo, una libertà che non immagini

Pillole di storia: dai fabliaux francesi a Boccaccio, tra sacro e profano. Il sesso, anche in ambito clericale, si vive e si racconta senza paura del peccato né ipocrisia

di ALESSANDRO ANTICO -
9 dicembre 2023
fabliaux

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Ci viene facile, per pregiudizio sicuramente, dire che nel Medioevo il sesso fosse un tabù, che non se ne parlasse mai, che il solo fatto di pensarci spalancasse le porte della dannazione e dell'inferno. Insomma, ci immaginiamo un mondo di chiusura totale e di repressione, raffiguriamo quell'epoca come il momento storico più buio che esista. Ma il Medioevo è un'epoca lunghissima: dura mille anni e nel suo lungo corso cambiano tante cose. Il Basso Medioevo, quello che consideriamo come il periodo "classico", in realtà è molto più aperto e meno represso di tante altre epoche successive, compresa forse la nostra. Nel 1200 e nel 1300 si scrive di sesso con estrema libertà. Esso fa parte della vita, dei bisogni naturali dell'essere umano, quindi non c'è motivo di negarlo o di nasconderlo. E questo vale sia per gli uomini che per le donne. Nell'Ottocento Vittoriano, invece, si ritiene che l'essere femminile di queste cose non debba proprio interessarsi. Quindi è ben dopo il Medioevo, casomai, che si compie più di un bel passo indietro. Facciamo qualche esempio, percorrendo le facili tracce di Giovanni Boccaccio e del suo Decameron, che si ambienta nella metà del 1300 sconvolta dal flagello della peste.
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Una rappresentazione di Giovanni Boccaccio

Il Decameron di Boccaccio

Fra le novelle c'è quella di un tale Pietro da Vinciolo di Perugia, che fra la sua gente era noto per non amare le donne. Ma le chiacchiere feriscono e così Boccaccio ci racconta che, per metterle a tacere, il buon Pietro decide di sposare una donna, ma ne prende "una di pel rosso che due mariti avrebbe voluto, anziché uno". Il marito non la tocca mai. La moglie dopo un po' di tempo decide di farla finita con l'astinenza forzata e così, quando una sera il marito va a cena fuori, lei fa venire in casa un giovanotto a trovarla (un copione classico in questo genere letterario). Quando Pietro torna a casa, immancabilmente trova la moglie a letto col giovanotto (scena altrettanto classica). Ma qual è la reazione? Udite udite: passano la notte tutti e tre insieme. E al mattino successivo il giovanotto viene riaccompagnato in piazza senza rendersi conto "si fosse stato più moglie o marito".

La tradizione dei fabliaux francesi

Boccaccio, che scrive di fatti accaduti fra il 1347 e il 1348, attinge a sua volta a una tradizione letteraria più antica: quella dei fabliaux francesi, piccoli componimenti in versi (distici di ottosillabi in rima baciata) scritti in lingua d'oïl. Si tratta di un genere praticato specialmente nel XIII secolo, quindi nel 1200. Citiamone uno, per renderci conto. Quello del "prete tinto". Protagonista è appunto un prete, una tipica figura cui le donne a quell'epoca vanno dietro volentieri perché uomo di cultura, affascinante e molto spesso assai più vicino alle cose terrene che a quelle celesti, per così dire. Ebbene, in questo breve poemetto la moglie di un tintore accoglie in casa il prete del borgo, ma il marito torna all'improvviso. La donna dice al priore "Corri a nasconderti nel labor atorio". Il prete, al buio, si precipita sul retro (a quell'epoca le officine sono separate dall'abitazione da una semplice porta) e s'infila dentro una tinozza piena di colorante rosso. Il marito cena con la moglie e a un certo punto si alza: "Devo andare a vedere se è pronto il crocifisso a grandezza naturale che avevo immerso nel colorante dentro la tinozza". L'uomo così va nel laboratorio e qui il prete, che aveva sentito tutto, si mette con le braccia aperte a mo' di crocifisso, appunto. Il marito si accorge che... c'è qualcosa che sporge in quel crocifisso e dice: "Mio Dio! Ma l'artista che lo ha fatto dev'essere stato ubriaco! Non si è mai visto un crocifisso così... Vado a prendere una sega e taglio tutto!". Il prete a quel punto scappa a gambe levate da una finestra, tutto nudo e ben dipinto di rosso.
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Le Roman de Renart

L'omosessualità non fa scandalo

Ma torniamo un momento a Boccaccio: non dimentichiamo che era un prete. E non dimentichiamo che anche Francesco Petrarca era un chierico. Pietro da Vinciolo è chiaramente omosessuale. A Perugia tutti lo sanno, ma lui vive ricco e rispettato, non gli succede niente. Non viene condannato dal nostro scrittore, che rileva semplicemente il fatto che Pietro "non ama le donne". Niente scandalo, tutto finisce lì. Anzi, ci si costruisce intorno semmai una novella che poi ha anche un lieto fine. Quando poi compaiono normative restrittive, la società si rifiuta di applicarle e allora i comportamenti sfuggono al controllo. Si stabilisce che i preti non si possono sposare, ma subito dopo moltissimi di loro vivono in uno stato di concubinato regolare con la loro donna, la "pretessa". E' evidente dunque che nell'insieme la società medievale accetta la situazione: il prete non si può sposare, certo, ma convive e non si fanno storie. Anzi, ci si costruiscono sopra componimenti che fanno ridere. Altro che paura del peccato, dunque! Altro che ipocrisia! La società del 1200 e del 1300 ride di queste cose. Non è la reazione di una società oppressa da leggi insopportabili. Il clero in teoria predica bene, ma poi fa l'opposto e alla fine l'effetto è comico.

Sesso e clero nel Medioevo

Salimbene da Parma, cronista francescano, ci ha lasciato un'infinità di ritratti di vescovi. Ne ha conosciuti molti, perché lui apparteneva alla classe dirigente del clero. Fra quelli di cui fra' Salimbene da Parma scrive c'è anche Filippo da Pistoia, arcivescovo di Ravenna. "Era un gran signore - scrive Salimbene -: faceva dare a tutti il vino buono e non quello scadente". Noi oggi, non loro a quell'epoca, rimaniamo sorpresi quando di quel vescovo egli aggiunge che "voleva bene ai suoi nipoti, uno dei quali era suo figlio" e che "aveva anche una figlia monaca a Ravenna: lei non sapeva di chi fosse figlia, ma io sì". Quindi, come si può ben vedere, sesso e clero nel Medioevo viaggiano molto spesso a braccetto. Un altro fabliaux si intitola "Il vescovo che benedisse la F.". E ci siamo capiti. Ebbene, qui si narra di un vescovo appunto che incontra una gentildonna la quale gli chiede "Prima di tutto, monsignore, mi benedica la f...". Lì per lì il vescovo trova la cosa un po' bizzarra, ma serenamente sdubbia e altrettanto serenamente accetta. Il monsignore non sa che sotto il letto è nascosto un prete (sì, proprio così: del resto il copione dei fabliaux abbiamo visto essere questo) ed esegue la benedizione: "Io ti benedico la f..." eccetera eccetera. Ma in quel mentre il prete sbuca da sotto il letto e, preso dal fuoco della fede, conclude il rito dicendo a gran voce "Amen". E il lettore cosa fa? Si scandalizza? No. Ride.