Chloé Barreau, il suo ultimo film è un’ode alla vita, al sesso, alla libertà
"Frammenti di un percorso amoroso" di Chloé Barreau è un album dei ricordi, un tuffo nelle sue relazioni passate. È la celebrazione dell'amore libero, senza regole
Chloé Barreau
"Non è vero che c’è un solo amore", dice a un certo punto qualcuno in "Frammenti di un percorso amoroso" di Chloé Barreau, presentato ieri sera a Firenze allo Spazio Alfieri, dopo essere stato alla Mostra del cinema di Venezia, alle Giornate degli autori. E "Il passato è sempre più misterioso del futuro", viene detto in un altro momento. L’amore. Anzi, gli amori. Che cosa resta di noi, nella memoria di chi ci ha amato, di chi abbiamo amato? Che cosa racconterebbero di noi, venti o trent’anni dopo il primo bacio? Che ritratto verrebbe fuori, di noi? È quello che si chiede la regista. O meglio, è quello che chiede ai suoi ex e alle sue ex. Chiamati, davanti alla telecamera, a raccontare la loro versione di quegli amori. Lei, a fare le domande, non c’è: ha mandato un operatore. Così, tutti sono "costretti" a spiegare come fossero quegli amori, non possono dare nulla per sottinteso.
Racconti di amori passati
La pellicola che viene fuori è sorprendentemente intima, onesta e profonda. Racconta di amori a distanza, di tradimenti, di passioni. Fra le persone intervistate, ci sono anche l’attrice Anna Mouglalis – tra le protagoniste di "Romanzo criminale" – e l’attore Marco Giuliani. E ci sono tante immagini, foto, video sgranati, nel super8 o nel Vhs degli anni ’90. Ci sono le lettere, quelle scritte e quelle ricevute da Chloé. Perché in quel tempo così vicino, eppure in realtà così lontano dal nostro vivere, si scrivevano le lettere, magari innamorandoci delle parole, o della propria grafia, della traccia sul foglio della nostra mano, della nostra emozione, affidata a una penna Bic. «Frammenti di un percorso amoroso» si ispira, nel titolo, a un fortunatissimo libretto del semiologo e linguista Roland Barthes. Il primo a capire che gli accademici si erano dimenticati, da sempre, di analizzare il linguaggio più importante, il più fondamentale: quello dell’amore. E in un breve libro fatto di pensieri, annotazioni, riflessioni, permetteva al lettore di ragionare sulla profondità, sull’ambiguità, sul mistero del sentimento.
Un'immagine tratta dal docufilm "Frammenti di un percorso amoroso"
Come in un mosaico, Barreau mette insieme i pezzi della sua vita amorosa
Il film fa la stessa cosa. Permette ad ognuno di noi di riflettere sul mistero della propria vita amorosa: ci fa venire in mente chi abbiamo amato, da chi siamo stati amati. Fa venir voglia di fare la stessa cosa che ha fatto Chloé. Raccogliere, in un film, il mosaico della propria vita. Non avrebbe potuto farlo se fin dall’adolescenza non avesse avuto la passione matta di fotografare e filmare i propri amici, i propri amori. Se non avesse conservato le loro lettere. "Era come se avessi accumulato inconsapevolmente questi materiali per farne un giorno un film", dice. "C’è chi del passato non vuole sentirne parlare, e chi ne è ossessionato: è il caso mio", confessa.
La regista ha amato sia uomini che donne
Nel documentario la regista ripercorre, dal punto di vista dei e delle sue amanti, la loro relazione
È un passato che oscilla fra Parigi e Roma, dove Chloé approda, a più riprese. Le case degli amici parigini, dove "si entrava senza bussare", e le notti a Trastevere. Sempre nel segno della libertà. Gli amori di Chloé toccano, in egual misura, uomini e donne. E quasi sembra non esserci confine tra l’amicizia e l’amore: le relazioni scivolano da uno stato all’altro, passando repentinamente fra l’affetto e il desiderio. Chloé Barreau fa della sua vita un film. O come dice una persona intervistata: "Ho sempre pensato che la sua vita fosse la sua opera". Fare della propria vita un’opera d’arte. Sono i nostri amori, in fondo, la nostra migliore opera d’arte. Parlano tutti, chi con qualche ritrosia, chi con assoluta, tagliente sincerità: Sébastien, Jeanne, Laurent, Ariane, Rebecca, Anne, Jean-Philippe, Bianca, Marina, Marco, Caroline. C’è anche chi racconta quanto abbia sofferto, a causa di una relazione divenuta tiepida, di un sentimento mutato nei giorni, di un tradimento. Sullo sfondo, in filigrana a ogni racconto, la figura di Chloé. Ti sembra di percepire la sua inquietudine, il suo passare dall’amore per una donna a quello per un uomo e viceversa, ti sembra di sentire la sua fame di vita, i suoi vent’anni febbrili, voraci di esperienze. "Leggevamo insieme un libro di Victor Hugo, dalla prima all’ultima riga" dice uno dei suoi amori. "Non abbiamo questo corpo a lungo, dovremmo approfittarne. Dovremmo approfittare di quando è tutto facile con il corpo", dice Jean-Philippe, un ragazzo omosessuale con cui Chloé ha avuto una storia. Un’ode alla vita, al sesso, alla libertà.
Una costante scoperta
"Stare con lei era come esplorare un paese nuovo. Era come essere in un paese nuovo e chiedersi: ma possibile che non ci sia mai stata in vita mia?" dice una delle intervistate. Ecco. Anche il film, in qualche modo, è un paese nuovo. Nel quale è bello inoltrarsi.