Un progetto innovativo e coraggioso, che abbraccia l’imperfezione – secondo gli imperanti canoni sociali – come opportunità di crescita e scoperta. È questo il progetto di Paolo Ruffini e Federico Parlanti, il primo speaker radiofonico d’Italia con sindrome di Down, i quali verranno affiancati nel corso delle puntate da un ospite fisso, Lamberto Giannini. Un progetto irriverente, pronto a riscrivere le aspettative dell’esperienza radiofonica, il tutto con un cromosoma in più. Ne abbiamo parlato proprio con uno degli ideatori di questo progetto, il famoso comico toscano Paolo Ruffini.
Come descriverebbe il suo nuovo programma radiofonico, condotto assieme a Federico Parlanti? “Oggi abbiamo paura di fare qualcosa di sbagliato, siamo talmente legati in maniera piuttosto pedissequa ad un giustizialismo, ad un'onesta, ad una correttezza etica che veramente sta diventando noiosa, banale, ridondante. Inoltre, abbiamo un problema col tempo, sia di velocità che di scadenza. Nasce da qui l'esigenza di andare controcorrente, controtempo. E il mezzo di comunicazione che prevede una velocità, nonché la mancanza di silenzio, è la radio.
E allora mi sono accorto che non esisteva uno speaker radiofonico in Italia, forse anche al mondo, con la sindrome di Down, e abbiamo voluto fare questo grande errore, cioè, fare in modo che vada in onda una trasmissione radiofonica condotta da una persona con cromosomi anomali e una con dei cromosomi normali. Questa trasmissione si chiama ‘Radio Up and Down’ e va in onda sulla radio di Confindustria, Radio24 che, incredibilmente, ci ha dato questa libertà. E noi ne abbiamo approfittato, creando l’unica trasmissione con un cromosoma in più in Italia”, ha affermato il conduttore originario di Livorno.
“Una trasmissione che, in realtà, nasce come sbagliata. Nel corso della prima puntata io ho detto vabbè, trattiamo due temi che ci consentano di spaziare un po’ dalla filosofia al cinema, dalla musica alla cultura. Da qui l’idea di parlare di ‘sogni e bisogni’. È qui che Federico Parlanti capisce bisonti, quindi da ‘sogni e bisogni’ il tema è diventato ‘sogni, bisogni e bisonti’. Mi sono accorto che l'errore è esattamente quello che nel futuro probabilmente distinguerà l'essere umano dai robot. E questa cosa mi piace, mi piace l’idea di una trasmissione scorretta, libera, che sfrutta il mezzo anche andando contro il mezzo stesso. Penso che questo sia il corollario giusto del progetto Up and Down. Un concept che nasce 10 anni fa ormai col teatro e che, dopo aver fatto TV, teatro, cinema e anche un'esperienza editoriale, vedeva proprio la radio come mezzo di comunicazione mancante. La radio è un mezzo che vive sempre in diretta, nel presente, ma è un presente perpetuo che è anche il futuro, per cui sarà un presente che forse ci porteremo dietro per tanti anni”.
Quali sono state le reazioni dopo la prima puntata di questa di questo esperimento? “Sbalorditi e sgomenti, è questa la recensione bellissima pubblicata da Paolo Giordano, che parla di rottura di schemi tradizionali senza compiacersi, dice che un format che è la prima vera sorpresa di quest'anno, che è un programma che corre bene, che capisce l’ironia senza piangersi addosso. Dopotutto c'è un copione trasversale, è una trasmissione scritta con un contributo autorale molto forte, ma conserva pur sempre tanta improvvisazione.
Credo che sia una trasmissione che sarà destinata ad avere un eco e un’onda un po’ lunga, e che la vera inclusività si realizzerà quando si darà molto più valore al contenuto e al programma, al dove sei piuttosto che chi ti serve, no? E il fatto che in una radio ci sia un conduttore con sindrome di Down credo che sia un piccolo avamposto, una piccola avanguardia che ci porta verso l’idea che alla fine tutte quelle che sono le doti che tutti noi oggi osanniamo, magari un domani non saranno più soltanto quelle. Velocità e capacità di reazione rispetto ad un argomento sono fattori che possono andare tranquillamente ad un altro tempo”.
C'è stato un evento scatenante che ha fatto nascere questo progetto o, come ha già detto tra le righe, questa è l'evoluzione di un medesimo approccio trasposto su altri palcoscenici? “È stata la naturale evoluzione di un tema già trattato su altri palcoscenici. Prima abbiamo scritto un nuovo spettacolo, ‘Up and Down’ ma ci siamo posti molte domande, relative soprattutto al politicamente corretto. Poi abbiamo detto quello che ogni artista dovrebbe dirsi: ‘Ma cosa me ne importa’. ‘Din Don Down’ è uno spettacolo che ha rinvigorito il progetto ‘Up and Down’ stracciandolo cento a zero, che ogni volta mi fa dire al pubblico: ‘Vi invidio per ciò che state per vedere’. Ma lo dico non perché sono smargiasso, anche perché anche io fondamentalmente non faccio questo spettacolo ma lo guardo. Abbiamo molti teatri sold out, non abbiamo più un biglietto, abbiamo già cominciato a vendere i biglietti per l'ultimo dell'anno a Montecatini il 30 e il 31 dicembre.
Abbiamo avuto 20 date sold out e 9 minuti di media di standing ovation, gente che piange, non saprei proprio cosa dirti. È successo qualcosa. E credo che il progetto radiofonico sia non la coda ma le ali del progetto ‘Up and Down’. Noi adesso abbiamo un corpo che è sempre il teatro, perché il teatro, il palcoscenico, sono pur sempre il nostro corpo. Ma abbiamo due ali radiofoniche che ci fanno andare in onda”.
Possiamo dire che questo progetto ha aiutato a costruire un prima e un dopo nel modo in cui viene affrontata e percepita in Italia la sindrome di Down? “L'avanguardia qui l'hanno fatta i miei colleghi e il collettivo, ed è stata quella di non restare nel ghetto, di non restare nell’élite. Il teatro disabile era sempre stato un teatro di un certo livello e noi lo abbiamo sporcato meravigliosamente, lo abbiamo portato in territori più commerciali senza darci delle arie. Non pensavamo ad una trasmissione in quarta serata, ma in prima serata su Radio uno, pensavamo ad uno spettacolo che non andasse sui circuiti del teatro off ma alla Nazionale, al Brancaccio, al Verdi.
Questo ha portato poi noi e gli spettatori a capire che anche la disabilità è estremamente pop. E questo è sintomatico del fatto che tante persone forse sono state spronate, spinte. Riceviamo richieste tutti i giorni di persone disabili che vogliono fare teatro, perché è il palcoscenico la vera terapia. Federico Parlanti, il mio collega con cui adesso faccio anche radio, è il primo attore con sindrome di down a doppiare un film che si chiama ‘Campioni’, è stato il primo comico con sindrome di Down a fare tutte le puntate di un'edizione di Colorado e ora sarà il primo speaker radiofonico in Italia.
Lui non lo sa neanche, e al di là del Guinness questo vuol dire che esiste e che inizierà ad esistere una professionalità, proprio così come Nico Acampora ha portato nella ristorazione e in pizzeria persone autistiche con la sindrome di Down. Perché le persone con Sindrome sono un valore aggiunto incredibile per la nostra società”, ha affermato.
E chiude con una battuta: “Chi l'ha detto che un bravo cameriere è quello che porta quattro piatti insieme? Un bravo cameriere e quello che ne porta due e che ti sorride. Questa è la vera rivoluzione. Quando tu andrai a un ristorante stellato e vedrai un cameriere biondo, uno moro, una donna di colore, un ragazzo cinese, una persona down e un pisano. Ecco, questa sarà la vera inclusività”.
Può rivelarci qualche piccola anticipazione sulle prossime puntate? Cosa possono aspettarsi gli ascoltatori e le ascoltatrici che sabato ascolteranno Radio 24? “Sabato affronteremo un altro tema e, anche lì, l'errore dove sta? Io ho detto: ‘Parliamo di Trump’ e il Parlanti ha capito trampolini; quindi, parleremo di Trump e trampolini. E, in effetti, forse sarebbe meglio parlare di trampolini. Che tra l'altro i trampolini non sono cose che ti portano verso il basso, ma possono annullare la gravità e portarti verso l'altro. Ascolteremo parole dalla ‘Attrazione celeste’ di Erri De Luca e ci concentreremo su tutte le occasioni in cui era meglio buttarsi anziché stare fermi”.