"Primi anni Duemila, conduco il programma Close Up su Gay.tv, ricevo telefonate dai telespettatori. Sollevo la cornetta: 'Buongiorno mi chiamo Raffaella, telefono da Roma'. Lì per lì non ci faccio caso, poi la voce m'incoraggia, offre indizi. Senza rendermene conto, cambio faccia. La voce fa: 'Ma sei tutto rosso, sei carinissimo!'. Era davvero Raffaella Carrà che apprezzava il programma e fece la sorpresa di chiamare, spontaneamente". E' il ricordo personale di Raffaella Carrà da parte di Diego Passoni, 45 anni, conduttore radiofonico e televisivo, scrittore autore del romanzo "Ma è stupendo!" e di "Siamo tutti sulla stessa arca", lettura del libro della Genesi. Passoni ha conseguito nel 2015 il Diversity Award per il programma Pinocchio, che conduce su Radio Dj. Diego sarà il conduttore dell' assegnazione dei Diversity Award 2021 (leggi l'articolo), in questo mese di luglio. Con lui parliamo di Raffaella Carrà e del suo essere assurta a icona del mondo gay, come lei stessa affermava, "senza aver fatto niente per diventarlo".
Passoni, perché Raffaella piaceva, piace e piacerà sempre ai gay? "I gay adorano le donne che combattono per se stesse, quelle mai zerbine dell'uomo del quale sono innamorate. Raffaella, che conduceva spettacoli in prima serata su RaiUno, era simbolo della donna non comprimaria, forte, che non chiedeva permesso. La donna che comandava, seppur con aspetto gentile, modi gioiosi".
Ed educava il popolo italiano.
"Erano anni in cui era appena stato abrogato il delitto d'onore e le violenze sessuali non erano ancora rubricate come reato contro la persona ma contro la morale pubblica. Erano diffusissimi i matrimoni per convenienza se non addirittura combinati, le fuitine e le nozze riparatrici. Lei ha contribuito all'alfabetizzazione di un popolo mediterraneo, sanguigno, che tuttavia in amore era comunque contratto, costretto da schemi, canoni, convenzioni, religione. Lei, quel popolo lo ha preso per mano e condotto per mano verso la modernità". Cantando che l'amore è libertà. "E dicendo che il corpo appartiene alla donna ed è lei a decidere cosa farne. Raffa mostra l'ombelico non per sedurre uomini, ma per piacere a se stessa. L'ombelico non era un accessorio da dispensare al desiderio maschile ma che consentiva di mettere in risalto la donna. Non nel privato di una stanza, ma in tv, davanti alle famiglie schierate, il sabato sera. Il corpo e la sua bellezza appartengono alla donna, la quale ne fa l'uso che ritiene". Per questo fu amatissima dalle donne. "Le ragazzine che, vedendola scoprire l'ombelico mostrarono il proprio indossando il top in estate, le devono tantissimo. L'Italia era – e purtroppo è ancora – il paese in cui si chiede a una donna che abbia subito violenza sessuale, come fosse vestita al momento del fatto". L'ombelico scoperto, uno scandalo. "Per sdoganare il Tuca Tuca in tv fu necessario coinvolgere Alberto Sordi e ammantare di scherzo e ironia una danza che se presentata, con un ballerino professionista, avrebbe acquisito tutt'altro significato. L'ombelico in tv venne accolto da Avvenire con i toni apocalittici e lanciando gli stessi strali che oggi la chiesa utilizza contro il Ddl Zan". Fin qui le opere di Raffaella, ci sono poi il pensiero e le parole. Le canzoni. "Canzoni con due-tre livelli di lettura, quelle della Carrà. Uno istintivo, basic, gli altri sempre più elevati, raffinati. In questo, Gianni Boncompagni al quale la Carrà si legò nella vita e nel lavoro, era un maestro". Esempio? "Rumore. E' la storia di una donna che decide di vivere sola, si emancipa dal suo uomo, da cui non vuole più dipendere, ma tratto si sente fragile al manifestarsi di un rumore notturno, che le mette paura. Una fragilità che induce alla tentazione di "ritornare al tempo che c'eri tu", per correggersi subito dopo "ma ritornate ritornate perché? Quando ho deciso che facevo da me?'. E la donna che supera la fragilità, affronta paure e pericoli. Negli anni in cui l'immagine della donna era di colei che, senza un uomo al fianco, non esisteva. Nemmeno nelle canzoni". Invece, la donna di Raffaella si concedeva liberamente avventure sessuali. Con Pedro, antesignano dei toy-boy. "La protagonista di Pedro è una donna che, in vacanza all'estero, vive consapevolmente 'una bellissima avventura a Santa Fè'. Non ha pentimenti, non deve chiedere scusa a nessuno e fa molto sesso, non amore. Separa i campi". La donna che finalmente gioisce dell'amore, senza restarne vittima. "A Sanremo anche oggi ogni direttore sceglie cantanti donne con canzoni inutili di dolci fanciulle, sofferenti per amore. Per rispettare i cliché, non si accettano brani fondati sull'indipendenza della donna". Carrà amata dai gay. Dove si raggiunse la consacrazione? "Dopo aver ascoltato 'Luca', i gay non potevano non adorarla. Racconta di una donna che soffre, perché piantata senza una spiegazione da Luca. Sembrerebbe una routinaria vicenda lui-lei-l'altra, solo che prima di sparire dalla circolazione, Luca era 'insieme a un ragazzo biondo'. Luca costretto ad andarsene dalla sua città per dichiararsi, fare coming out dove nessuno lo conosceva era un inno alla condizione degli omosessuali". Resterà immortale il grido liberatorio: Com'è bello far l'amore da Trieste in giù, dove Raffa sentenzia: 'Importante è farlo sempre con chi hai voglia tu'. E aggiunge 'Tanti auguri a chi tanti amanti ha'. "Il sesso l'amore sono libertà. Seguire voglia, istinto, non calcoli, ragione. O peggio cliché, schemi, imposizioni". Raffaella diceva di non spiegarsi perché i gay l'avessero eletta a icona. "In realtà, lo sapeva benissimo. Fu un gesto intelligente, dietro il quale si celava il suo tacito patto col pubblico: Raffaella faceva salire sul palco di RaiUno quelli che non avevano diritto di esistere per la società del tempo: anticonformisti, gay, lesbiche, discriminati venivano presentati come persone normalissime. Allo stesso modo in cui paillettes e lustrini, indossati dalla Carrà, perdevano l'alone di immoralità al quale erano spesso associati". Oggi sarebbe diverso. "Non s'illuda. All'epoca la censura era dichiarata, Oggi nessuno l'ammette, ma c'è".Ma se in tv i gay sono ovunque, non si contano più.
"Sì ma con ruoli definiti, dignitosi, ma sempre e solo quelli. In tv vanno i gay che si occupano di moda, arte, arredamento, costume. Mai un politico, ad esempio". Ivan Scalfarotto. "Scalfarotto sarà sempre un numero 2, il cicisbeo del re etero. E in tv non mancano solo politici gay. Mai il top manager di un grande gruppo, un alto esponente di Confindustria, della finanza, delle banche. Oppure un grande atleta. In tv si ammette solo un certo tipo di omosessualità. Del resto, le trans nelle fiction hanno sempre, se non il presente o almeno un lembo di passato legato alla prostituzione". Una trans, Gina Chua è executive director di Reuters (leggi l'articolo), una delle più importanti agenzie di stampa del mondo. "Appunto, ma non per la nostra tv, dove non credo che un conduttore che si dichiarasse gay sarebbe ammesso alla prima serata". Perché? "Perché è ancora in atto la repressione del femmineo: donne e gay hanno componenti femminili manifeste e si tende ancora a soffocarle, a vantaggio del maschio alfa eterosessuale, bianco, ricco, abile". E occidentale. "Giusta osservazione. Perché i bianchi dell'est europeo subiscono a loro volta effetti di stereotipi e cliché". Vede nuove Carrà, in giro? "Raffaella è stata un incendio irripetibile. Nella concentrazione dei media della sua epoca, con un colpo raggiungeva 20 milioni di persone. Oggi ci sono tante scintille, chissà se messe insieme faranno una fiamma". Ad esempio? "Francesca Michielin che a Sanremo invita a consegnare al maschio Fedez il mazzo di fiori destinato a lei, ha mandato a casa in un secondo 50 anni di conduzione maschile della tv. Cito poi Chiara Ferragni, Elodie. E a Sanremo Myss Keta ha fatto moltissimo, col linguaggio scorretto, i riferimenti espliciti a sesso, droghe, pur non apparendo mai col proprio volto. Tutte hanno raccolto l'eredità di Raffaella. Che comunque ha lasciato un segnale a tutti, universalmente". Quale ? "Un momento dopo essere apparsa con l'ombelico in vista durante uno scatenato balletto, Raffaella Carrà rientrava in scena con l'abito lungo, intervistando ospiti del mondo dello spettacolo o della politica in perfetto inglese e in spagnolo, senza bisogno dell'interprete. Dietro danze, balli, canzoni, l'essere glamour, c'era Raffaella che studiava, preparava nei dettagli ogni programma, motivava lo staff a verificare, approfondire. Una grandissima professionista, con umanità tale da diventare persona di casa in ogni famiglia. E che in anni molto diversi dagli attuali faceva sembrare normale invocare l'adozione di un bimbo per due persone che si amano. E se si amano e possono dare amore cosa importa, se appartengono allo stesso sesso?".