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"Gulmohar", un film che rompe i tabù in India. Sharma: "Ribalta l'idea delle relazioni tra uomo e donna"

La proiezione di Gulmohar a Firenze in anteprima al festival "River to River". Ospite d'eccezione sarà Suraj Sharma, l'attore di "Vita di Pi"

di GIOVANNI BOGANI -
9 dicembre 2023
Suraj Sharma

Suraj Sharma

"Gulmohar" di Rahul Chittella parla di cambiamenti e di come si affrontano. E’ in corso, in questi giorni, a Firenze il festival "River to River", la maggiore rassegna di cinema indiano in Europa. I due fiumi sono, idealmente, l’Arno e il Gange: la città del Rinascimento e la città sacra dell’India, Calcutta, ma idealmente tutto il subcontinente indiano. Da ventitré anni il festival porta in Italia una selezione della migliore produzione di Bollywood e del cinema d’autore indiano. E non c’è miglior indice, per accorgersi che qualcosa nella società indiana sta cambiando. Suraj Sharma è un ragazzo di trent’anni, con un gran sorriso e una naturale predisposizione all’allegria. Dieci anni fa, veniva scelto fra tremila altri ragazzi, per interpretare "Vita di Pi", il film di Ang Lee che sarebbe diventato un successo in tutto il mondo, che avrebbe vinto quattro Oscar e un Golden Globe. E che gli avrebbe cambiato la vita.

"Gulmohar" stasera in anteprima a Firenze

Il successo lo ha investito come uno tsunami: lui è riuscito a mantenere un buon equilibrio mentale, e soprattutto a girare molti altri film. L’ultimo, "Gulmohar", che presenta questa sera – sabato 9 – in anteprima al festival River to River, gli permette di affrontare un personaggio con forti tratti di novità, per il cinema e per la società indiana. Incontriamo Suraj, poco prima della proiezione, e ne parliamo con lui.
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Suraj Sharma (Instagram)

Quando è la donna a guadagnare di più nella coppia

Suraj, nel film che presenta a Firenze, "Gulmohar", quali novità porta il suo personaggio? "E’ semplice: è un giovane che, nell’India contemporanea, cerca di farsi strada come imprenditore, sta sviluppando una sua startup, ma non riesce a trovare finanziamenti. In pratica, non ha un lavoro vero, non ha denaro: può convivere con il fatto che la sua fidanzata guadagni più di lui, sia più sicura del proprio lavoro e, in definitiva, che sia lei la più forte economicamente della coppia?". È una situazione che si verifica, oggi, nella società indiana? "Sì. È una situazione nella quale si trovano molti miei amici e nella quale mi sono trovato anche io, in alcuni momenti. Cercano con tutte le loro forze di farsi strada nel mondo del lavoro, di creare qualcosa di nuovo, ma non sono ancora riusciti a realizzarla". Quanto è difficile, per un ragazzo indiano oggi, "dipendere" economicamente dalla propria fidanzata? "E’ proprio una delle domande che il film pone. Si può ribaltare la tradizione, la consuetudine, l’immagine e l'idea dei rapporti fra uomo e donna? Non c’è niente di sbagliato nell'appoggiarsi economicamente alla propria fidanzata, mentre si sta cercando di costruire il proprio futuro, la propria strada. Ma c’è sempre una domanda che risuona sottile nella mente di un ragazzo indiano: sono abbastanza uomo se dipendo economicamente da una donna? Il film ci dice di sì".

L'omosessualità è ancora un tabù in India?

Nel film si racconta anche l'amore di una ragazza indiana per un’altra ragazza. L’omosessualità è un tabù che la società indiana sta superando? "In generale e senza provare a darne una spiegazione, direi che si osserva un fenomeno inatteso: negli ambienti metropolitani, più ‘moderni’, l’omosessualità viene compresa di meno. Negli ambienti rurali, dove ci sono vecchie tradizioni che dominano, l’omosessualità viene compresa forse di più, con più naturalezza. Nei villaggi trovi più relazioni omosessuali che si mostrano apertamente, che non nelle grandi città. In una cultura pre-inclusiva, c’è una accettazione più ‘naturale’, non imposta da norme globali o altro. Lo trovo pretty cool!".